Heidegger tra metafisica e poesia. (v)

Temi heideggeriani
Temi heideggeriani.

La volta scorsa abbiamo esaminato il Poscritto del ’43 e abbiamo rilevato la caratteristica principale di quelle pagine, consistente nell’attenzione che Heidegger pone alla questione del linguaggio. È per noi importante rilevare come già in questa fase il tema del linguaggio sia emerso in primo piano in connessione alla questione principale per Heidegger, cioè quella dell’essere.

Al tempo stesso, in generale, è significativo rilevare come la questione del linguaggio non sia un tema nell’ambito della filosofia, ma rappresenti un fondamento su cui collocare la questione dell’essere, non solo per la sua dicibilità, ma anche della sua esplicabilità. Non si tratta solo di dire l’essere, ma quando si parla di linguaggio, dobbiamo pensare alla via attraverso la quale far risaltare il senso dell’essere. Il linguaggio è dunque fondamentale. È uno snodo inaggirabile per arrivare al pensiero dell’essere. L’essere stesso può esser pensato nei termini del linguaggio. Se noi per linguaggio intendiamo un idioma o una sua declinazione in termini di analitica del linguaggio, siamo distanti da Heidegger. Il linguaggio è inestricabilmente connesso con l’essere ed è solo se noi pensiamo il linguaggio in questi termini che giungiamo all’essenza del linguaggio e dall’altra parte al senso dell’essere.

La questione del linguaggio, quindi, è determinante. Se volessimo dare una connotazione peculiare al Poscritto, proprio l’introduzione alla questione del linguaggio è importante in tal senso. Le ultime 30-40 righe del Poscritto sono importantissime. Se passiamo all’Introduzione del ’49 e vogliamo trovare un elemento caratteristico di queste pagine, esso è la trasformazione dell’essenza della metafisica e il suo ripensamento alla luce del problema dell’essere. A p. 89 il problema che viene toccato e tematizzato; è la domanda della prolusione (Che cosa è metafisica?) alla luce della necessità del suo ripensamento, affinché metafisica non significhi ulteriormente ciò che già significava tradizionalmente rivelandosi quindi inutile ai fini del pensiero dell’essere.

L’inizio di queste pagine è dai Principia Filosofiae di Descartes. Tutta la filosofia è un albero: le radici sono la metafisica, il tronco la fisica, i rami sono tutte le altre scienze. Descartes, quindi, dice che l’albero della filosofia ha le sue radici nella metafisica. Heidegger riprende l’immagine dell’albero e soprattutto delle radici per evidenziare come anche nella filosofia moderna, “metafisica tradizionale” come la definisce Heidegger, la metafisica stessa aveva una collocazione fondamentale, radicale. Al tempo stesso però Heidegger intende discutere il senso di questa fondamentalità della metafisica. Lo fa chiedendosi in quale terreno le radici di questo albero trovano il loro sostegno. Da quale fondo o fondamento le radici e l’intero albero ricevono forza e linfa? Qual è questo elemento, si chiede Heidegger. Dovremmo risponderci pensando che la metafisica sia caratterizzata anche da ciò che non viene preso in questione in quanto è il terreno, il fondo stesso. Se noi ipotizziamo un fondo da cui queste radici si animano, il fondo non può essere la metafisica stessa, ma un qualcosa da cui la metafisica si alimenta. Il fondo allora dovrebbe essere l’essere. In tal senso la metafisica sarebbe il problema fondamentale dell’essere, proprio perché come accennato la sua base, il fondamento, riguardano l’essere in quanto terreno.

Quindi, se la metafisica trascura il suo fondamento, trascura ciò che le è fondamentale, cioè l’essere, trascurando se stessa. La metafisica che pensa l’essere, la metafisica non è un’entità astratta, ma si collega a un pensante, porre la domanda (sull’essere) in questi termini significa fornire alla metafisica la possibilità di essere autenticamente se stessa. La metafisica è fondamentale per porre la questione dell’essere. Ma questa accezione di metafisica deve diventare una sorta di nuovo inizio che mette in moto il pensiero dell’essere. Quindi, da un lato abbiamo la riproposizione dello schema di Essere e tempo della distruzione della metafisica e dall’altro lato abbiamo la necessità della ricostituzione della metafisica su una nuova base. Ovvero della ricostituzione della metafisica su quel terreno che la metafisica in quanto storia del pensiero storico e metafisico ha trascurato. Questa ventina di pagine si concentrano sulla questione dell’approfondimento della metafisica, come superamento (Überwindung) e radicalizzazione della metafisica. È una radice dell’albero che ha dimenticato di essere tale, ma ha dimenticato il suo proprio essere.

Per porre la questione fondamentale della metafisica occorre pensare alla metafisica stessa. La metafisica in quanto tale ricaverà un beneficio in quanto pensiero dell’essere autentico, in linea con ciò che cerca Heidegger, che comunque costituisce l’essenza del pensare metafisico in generale. Quindi, o la metafisica pensa il terreno in cui si getta, oppure rimane inerte rispetto a ciò che dovrebbe o potrebbe essere. Se non lo fa rimane mero pensiero calcolante.

Superamento come oltrepassamento della metafisica. L’oltrepassamento rappresenta allo stesso tempo la necessità che la metafisica venga approfondita. Superamento (Verwindung, torsione) che significa superamento di una malattia, come se la metafisica fosse una patologia dalla quale il pensiero deve rimettersi affinché il pensiero sia se stesso.

(pp. 93 e successive) La metafisica rimane la prima cosa della filosofia, anche se non raggiunge mai la prima cosa del pensiero. Nel pensiero dell’essere la metafisica è oltrepassata. Ma l’oltrepassamento non elimina la metafisica o, meglio, potremmo dire: con questo oltrepassamento non riusciamo a sbarazzarci della metafisica; oppure con questo oltrepassamento riusciamo a superarla assorbendola. Questo oltrepassamento della metafisica non elimina la metafisica stessa.

In fondo Heidegger dice che la metafisica non piove dal cielo, nasce dall’uomo proprio perché è nell’anima nella dianoia ed è la caratteristica fondamentale dell’essere umano. Ne mostra lo spirito, il pensiero stesso. Se la metafisica nella misura in cui ha trascurato la questione dell’essere ha contravvenuto a se stessa ciò è stato causato dall’uomo stesso. Per un verso bisogna superare la metafisica, ma per realizzare questo obiettivo è necessario che l’uomo ripensi l’essenza del proprio pensare, quindi del proprio essere nel mondo. Se l’uomo non pensa l’essere è meno essere umano, tra virgolette. Ma per pensare l’essere l’uomo ha bisogno di ripensare se stesso, cioè la forma essenziale del proprio pensiero.

Heidegger opera nel campo e nei limiti della filosofia, il cui compito di rifondare la metafisica è certamente improbo. Se noi accogliamo la prospettiva da Sisifo di Heidegger, al tempo stesso possiamo con una certa facilità individuare le modalità con cui Heidegger risolve la questione. La trasformazione dell’autocomprensione dell’uomo possiede poche e realizzabili caratteristiche. Non si tratta di una nuova antropologia: le caratteristiche del ripensamento heideggeriano in fondo sono poche e semplici. A dire: anziché fondare il proprio pensiero sulla base di ciò che il pensiero filosofico, in connessione col pensiero scientifico, ha prodotto come pensiero calcolante, si tratta di contrapporre a ciò una comprensione del mondo e una autocomprensione dell’essere umano fondate su una attenzione su un problema che è quello dell’essere.

L’ambizione di Heidegger è iper-prometeica chiaramente. Testi alla mano tutto sommato la via esiste ed è praticabile. Se poi poniamo la questione su altri scenari che possono avere caratteristiche molto diverse, allora quella complessità si ripresenta. Se rimaniamo nel perimetro filosofico la strada è percorribile; se ci avventuriamo in quello politico, sociologico o scientifico, chiaramente la cosa diventa improponibile.

Heidegger, per rimanere nel tema dell’operazione da lui stesso tentata, non muove categorie, ma il pensiero, mette i moto un pensare che risulta, in quanto un pensiero, relativamente semplice seguire. Il punto è il seguente: se l’essere è un’astrazione o una concrezione. Astratto o concreto. L’essere è estremamente concreto anche perché non è un’astrazione e Heidegger lo considera storicamente.

Nell’Introduzione del ’49 si parla della trasformazione dell’essere umano. In effetti già in Essere e tempo con la critica all’impersonalità, con lo sprofondamento nell’impersonalità da parte dell’uomo ovvero nell’inautenticità, si erano poste le basi per la critica certo, per la trasformazione anche. Il pensiero calcolante stesso non è che una forma della impersonalità. Si tratta di contrapporre al pensiero calcolante il pensiero rammemorante, pensando l’essere stesso. Ciò che un pensiero rammemorante è ciò stesso che è da pensare. Il pensiero del senso o della verità dell’essere. Il pensiero rammemorante è una delle modalità, assieme al pensiero meditante e al pensiero poetante, di contrapporsi al pensiero calcolante. (p. 94)

Dice Heidegger: non sarà che la metafisica nella misura in cui trascura il proprio fondamento impedisce all’uomo di pensare all’essere, quindi, in fondo, di concepirsi, di autocomprendersi così come egli dovrebbe e vorrebbe comprendersi? Si, certo la metafisica è anche una ostruzione. Quindi, il pensiero dell’essere deve superare la metafisica proprio perché ostruente.

Il rapporto con l’essere è una cosa del tutto concreta di esistenza: se la trasformazione della metafisica come pensiero della verità dell’essere implica una trasformazione della comprensione del mondo, allora un pensiero di quel genere implica una possibilità di azione concreta sul mondo stesso.

Interrogarsi su cos’è metafisica significa interrogarsi sul termine, sul senso e sulle operazioni della metafisica. La domanda fondamentale (Grundfrage) della metafisica è “perché esiste qualcosa e non il nulla?”. Questa domanda l’abbiamo già trovata (p. 67) “perché è in generale l’ente piuttosto che il nulla?”. Questa domanda fu formulata da Leibniz nella parte finale della propria esistenza. È un problema perché il nulla è più semplice del qualcosa. Questa domanda esprime anche dei principi, la domanda sull’origine degli essenti e il principio secondo cui in tutte le cose c’è un principio di ragion sufficiente. Questa domanda si accoppia con una proposizione: nihil est sine ratione[1]. Senza ratione, in cui ratione non è intesa come razionalità, ma come causa. Il principio di ragion sufficiente è un principio di causalità col significato di fondamento (Grund). Nulla è senza ragione, nulla è senza causa, nulla è senza fondamento. Tutto ciò che è ha un fondamento, una ragione, una causa. Questa tesi ha una biforcazione tra; 1) tutto ciò che è ha una ragione che è Dio (Teologia) che si pluralizza poi fattualmente in una molteplicità di cause e; 2) ciascun ente ha una sua propria ragione. Tutte le cose possono essere ricondotte a una ragione[2].

Heidegger non assume la domanda fondamentale della metafisica come una riproposizione del principio di ragione. O come una variante interrogativa della tesi secondo cui tutto ciò che è ha una ragione. Perché? Perché nella esplicitazione nihil est sine ratione egli vede all’opera una modalità del pensiero calcolante: se noi poniamo la domanda sulla causa o le cause degli enti molto probabilmente arriviamo a determinare ciò che negli enti è causa di quel determinato ente, ma operiamo certo una determinazione precisa della natura di quell’ente, ma dimentichiamo il fondamento di quell’ente che non è un ente, ma è l’essere.

Heidegger dice che il problema si ha non nella formulazione, ma nell’interpretazione della domanda stessa (quella fondamentale). Mentre se noi poniamo la domanda nella direzione di approfondire il senso della metafisica, una domanda che si interroga sull’ente, ma mostra anche la presenza del niente, allora diventa una domanda interessante per la metafisica, poiché si rivela come una domanda che rivela la presenza del niente. Quindi, la domanda diventa: perché noi ci occupiamo dell’ente e non dell’essere? Com’è che (p. 116) ovunque l’ente ha il primato e ciò che non è tale resta nell’oblio? È una domanda non solo interessante, ma anche fondamentale. Come è che dell’essere non ne è veramente niente e dell’ente non vi è essenzialmente niente? Siamo alla focalizzazione dello sguardo, alla tematizzazione dell’essere.

La domanda fondamentale della metafisica allora è ancora decisiva. Su questa domanda che riprende la duplicità della metafisica stessa si chiude l’Introduzione del ’49 e con la stessa domanda si apre l’Introduzione del ’35. Quindi, l’interesse oltre i passaggi interni dei testi presi in esame consiste nell’ aver individuato un approccio di tipo ermeneutico al problema dell’essere e costituisce anche la premessa per passare alla riflessione intorno all’essere in Che cos’è metafisica?

Ci forniscono la giuntura tra una riflessione generale intorno al problema dell’essere come problema fondamentale della metafisica e quella riflessione altrettanto generale, ma calata nella storicità dell’essere, che viene svolta nell’Introduzione alla metafisica.

Heidegger, quindi, riprende la domanda leibniziana e pone la questione dell’essere secondo una modalità generale: la domanda intorno all’essere è la domanda più vasta, profonda, originaria. Più vasta perché noi non sappiamo bene cosa stiamo designando (forma verbale, modalità secondo cui un ente è…); più profonda perché nella sua vastità rinvia a un qualcosa di inattingibile, perché l’essere non si può prendere, non è un ente; la più originaria perché se stiamo anche solo alla domanda fondamentale della metafisica ciò che ci appare con maggior evidenza è l’essere del qualcosa e se la associamo alla domanda originaria del pensiero, quella dell’essere, allora la questione dell’essere è la più originaria.


[1] Nulla è senza ragione.

[2] Termine complesso dove si può distinguere tra cause specifiche primarie, cause generiche secondarie.

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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 con Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023 e con Amazon Kdp nel 2024 e 2025.