Essere e tempo – L’interpretazione heideggeriana della metafisica.

Essere e tempo - Martin Heidegger
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di Sergio Mauri

Per Heidegger il vedere è tutto. Da dove gli viene questo? Da Husserl, dalla sua impostazione.

Vediamo l’interpretazione heideggeriana della metafisica. Il rapporto dei presocratici con l’essere è diverso rispetto a ciò che viene dopo. Il pensiero presocratico ha considerato l’essere senza considerare l’ente. C’è qualcosa, tra i presocratici, che è stato colto, ma non tematizzato: Parmenide ha un approccio misticamente poetico. Heidegger ne fa una tematizzazione esplicita. Lo sviluppo del pensiero di Heidegger è in relazione a ciò che egli stesso fa.

Dopo il primo periodo di studio e insegnamento, nel 1923 Heidegger è a Marburg come professore. Marburg è sede del neokantismo; altro centro è la scuola del Baden. A Marburgo Heidegger porta qualcosa di alieno, cioè il pensiero fenomenologico. Lo immette a partire da una personale interpretazione della fenomenologia, intessendolo col proprio pensiero. Con le interpretazioni fenomenologiche di temi, argomenti della storia della filosofia. Tiene dei corsi che poi confluiscono nelle lezioni di Marburgo. Questi cinque anni sono per lui decisivi, dove mette alla prova la sua concezione della filosofia. Ciò gli permette di elaborare le tematiche che poi avrebbe sviluppato. In questo periodo mette in cantiere il problema dell’essere, con la sua esponibilità/dicibilità. I primi pensatori greci avevano avvertito la questione dell’essere senza, tuttavia, coglierne tutte le implicazioni.

Essere e tempo possiede un retroterra che è questo. Il suo pensiero si sviluppa anche in relazione ai suoi rapporti esterni, come quello con Husserl. Questo rapporto è diventato un topos filosofico. Per molti anni questo rapporto diventa un tema ricorrente e fonte di ispirazione teoretica che poi trova delle strade in Levinas, Sartre, in orientamenti di pensiero. È corrente principale della filosofia continentale del Novecento.

Tutti i corsi universitari di Heidegger mostrano la sua appartenenza al pensiero fenomenologico, ricco di intuizioni filosofiche e condizione della possibilità del pensiero stesso. Se il pensiero è e deve essere pensiero dell’essere (ontologia), allora la fenomenologia è possibilità dell’ontologia. La fenomenologia è fondamentale per il pensiero dell’essere. La fenomenologia ha la forza possibilitante del pensiero, è attivata, deve essere pensata. È il metodo dell’ontologia. Filosofia è ontologia fenomenologica. Questa possibilità è connessa con l’ermeneutica. Secondo lo schema classico, l’ermeneutica è interpretazione del testo fenomenologico. Heidegger ne dà una interpretazione ulteriore, l’esercizio ermeneutico, cioè il modo di esperire le due polarità (sein e dasein) fondamentali. Il concetto viene elaborato per mezzo di un’esperienza, il problema dell’essere è inserito in un’analitica dell’esistenza. L’esperienza è fornita e costituita dall’ermeneutica. Del problema faccio un’esperienza, non lo pongo semplicemente. Alla fenomenologia si unisce l’ermeneutica, per giungere all’ontologia.

Fenomenologia: fondamento di pensiero (husserliano). Essenza delle cose attraverso l’esperienza delle cose. L’ermeneutica nasce come interpretazione dei testi sacri. Con Schleiermacher abbiamo un primo avvio di estensione del rapporto interprete-testo coinvolgendo il contesto, nel senso più ampio del termine. Contestualità testuale e ambientale sono i due tipi di contestualità. Con Dilthey abbiamo una ulteriore accelerazione con l’inserzione storicistica. Heidegger è su questa base, già dai primi anni Venti: i testi sono in questa direzione. Le cose in generale si comprendono a partire da una precomprensione che costituisce l’avvio di una interpretazione. In Essere e tempo questa funzione è essenziale per la domanda sull’essere. Ermeneutica è interpretazione testuale e operatore filosofico in quanto tale.

Abbiamo una progressione del pensiero heideggeriano in cui Marburgo è propulsore per arrivare a Essere e tempo. Tuttavia, si trattava di andare anche oltre Marburgo e allora c’è il ritorno a Freiburg. Il radicamento nella propria heimat. Sul rapporto tra pensiero e dialetto scrive Sprache und Heimat. Il pensiero si sprigiona nella maniera più chiara e forte più si è vicini alla terra natia. Con la heimat c’è un rapporto di pensiero e linguistico. Heimat è l’origine, per Heidegger, quell’origine da cui si parte per la formazione/fondazione della verità. Il ritorno a Freiburg non è solo una questione ambientale, ma poiché associa Freiburg all’origine, Heidegger vi sente la forza originaria delle radici del pensiero. È come se nella heimat si intravvedesse l’essere.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger e ideatore e-learning. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022.
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