Paideia-apaideusia-nesso tra svelatezza e verità.

Mito della caverna-Platone-Heidegger
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di Sergio Mauri

A pagina 176 il nesso tra svelatezza e verità.

Il massimamente svelato ci restituisce la visioni di un qualcosa che potrebbe essere velato, ma invece è svelato. Heidegger vuol far vedere come la nozione di verità non sia legata a un giudizio, ma sia basata sul modo in cui l’ente si disvela, si manifesta. Come? Non lo sappiamo, ma sappiamo che viene ridotta l’importanza della dimensione soggettiva. La svelatezza sta sul versante dell’ente stesso.

L’età moderna si manifesta per la presenza del soggetto, della dimensione soggettiva. Nell’età moderna, a livello epistemologico, nasce il calcolo, le formule. Non è in questo senso il significato del termine aletheia. Aletheia è uno svelarsi, un darsi a vedere. Il mito della caverna si collega al tema della verità.

Heidegger mette in luce anche un altro aspetto, quello della libertà. Tra verità e libertà c’è un nesso stretto.

Tuttavia, chi è che trascina l’uomo fuori della grotta? In Platone non è specificato, ma possiamo presupporre sia l’uomo stesso, attraverso la periagoghé. Ma non parliamo ancora di vera “libertà”. Con libertà, secondo Heidegger, va inteso un essere assegnati, essere trasferiti alla luce del giorno. Non una libertà “negativa”, priva di vincoli. Per noi oggi la libertà è assenza di vincoli, invece nel testo heideggeriano la vera libertà sarebbe nell’essere assegnati al massimamente svelato. Nello spazio aperto fuori dalla caverna, quindi. E nel senso di ciò che è più vincolante perché più svelato. Abbiamo, nel mito di Platone, secondo Heidegger, il carattere vincolante, per l’uomo, della libertà.

Affinché l’uomo sia vincolato alla prima modalità (le ombre) è necessario che sia prigioniero. È necessario che sia fuori dalla caverna per essere assegnato a una maggiore libertà.

Oggi, per noi, libertà e verità sono totalmente distaccate. Diversamente stanno le cose per la lettura di Heidegger della Dottrina. La libertà è un vincolo limitante, non è illimitatezza. Cioè, l’uomo è massimamente libero quando è massimamente vincolato.

Qui siamo molto vicini alla nozione di idea, cioè a ciò che è massimamente evidente. Il massimamente svelato sono le idee, per la dottrina delle idee in Platone. Lo svelato è alethesteron, l’ancora più svelato (pagina 176). Guardare ciò che è più vero ci dice di meno rispetto al guardare a ciò che è più svelato. Il massimamente svelato, le idee, si mostra di volta in volta a seconda del grado di svelatezza dell’ente. Di volta in volta nell’ente si manifestano le idee, nel senso che è l’idea a consentire all’ente di manifestarsi, di volta in volta.

L’idea è il massimamente svelato, è ciò che appare per primo permettendone “l’identificazione”. Per primo non in senso cronologico, per primo significa che deve esservi manifesta l’idea. Ciò avviene perché abbiamo già conosciuto l’idea di albero, di casa, eccetera. Pagina 177: la liberazione non si realizza solo per essersi sciolti dalle catene. Il liberarsi all’esterno comporta più fatica, più sforzo. L’essere libero da vincoli non basta. La liberazione avviene quando ci si rivolge costantemente a ciò che è massimamente svelato, cioè alle idee. L’essere costantemente rivolti via dalla caverna. La condizione dell’uomo che rivolge lo sguardo in fondo alla caverna non è negativa per lui – uomo – che la vive, ma viene vissuta come comodità, libertà. Non si spiegherebbe altrimenti lo sforzo per liberarsi all’esterno.

La liberazione non avviene una volta per tutte, ma implica la durata nell’agire, la conversione deve essere costante. Il richiamo del fondo della caverna non scompare una volta per tutte: oltre alla tensione velato-svelato, c’è anche quella tra fondo della caverna ed esterno alla luce del sole. Il fondo della caverna è il mondo della quotidianità, in cui noi siamo abituati a vivere. La libertà consiste nel rivolgersi così orientato e costante. Ciò realizza l’essenza della paideia che non è l’istruzione, la conoscenza, non è una tappa conquistata, ma è in costante rapporto con la apaideusia, cioè con la possibilità che questo sguardo fallisca, ritorni al fondo della caverna. Il compimento dell’essenza della formazione si fonda nell’essenza della verità, cioè nel massimamente svelato. Noi, invece, con la veritas abbiamo perso totalmente il senso greco della verità. Con verità ora intendiamo, coi greci, svelatezza. E formazione e verità non sono due stati, ma momenti di una tensione.

La paideia ha il suo fondamento nella conversione di tutta l’anima ed è un “superamento” dell’apaideusia. La paideia rimane sempre un superamento della apaideusia, è necessario che superi sempre l’apaideusia. Quest’ultima è lo stato cui è sempre possibile fare ritorno durante il nostro percorso nella paideia. Heidegger dice qui che aletheia e paideia sono conquiste non definitive sono da praticare, ricercare continuamente. L’esserci (in Essere e tempo) è contraddistinto dalla “gettatezza”, cioè dalla condizione di nascita, di vita che non abbiamo scelto, siamo da sempre e per sempre gettati all’interno di un’epoca, di una situazione economica, di una localizzazione geografica, di una lingua che non abbiamo scelto. La totalità di questo ambito, la gettatezza, è un ritrovarsi, appunto, in quell’ambito.

Essere filosofi non significa essere distanti dalla quotidianità, ma esercitare la formazione continua, un continuo sforzo a tendere lo sguardo al massimamente svelato.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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