La dottrina platonica della verità

Mito della caverna-Platone-Heidegger
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di Sergio Mauri

La Dottrina è una “pagina fondativa” del fare filosofia. I tratti essenziali della “pagina” sono: la verità, certamente; assumere una determinata posizione con tutta l’anima (conversione, periagoghé). La conversione cristiana è molto successiva alla conversione di Platone. Il rapporto dei greci con gli dèi non era di tipo religioso. I greci avevano molti dei e uno di essi non valeva più degli altri. L’atteggiamento era di tipo propiziatorio. Non c’era la dimensione della fede, come già nell’ebraismo e poi nel cristianesimo. La filosofia nasce come un determinato sguardo che non ha necessariamente un legame con quello quotidiano.

Per quanto riguarda lo “statuto disciplinare” della filosofia, a rigore non ci sarebbe da parlare di “disciplinare”, questo perché la filosofia si distingue dalle “scienze positive”, cioè scienze che acquisiscono un determinato sapere intorno a un determinato tema. Platone ci descrive nel Mito della caverna un qualcosa che è un agire di tipo filosofico, ma non una direzione verso un dato, come la natura, gli animali, l’uomo. Lo statuto disciplinare non è appunto una disciplina, ma è nella conversione dello sguardo, strappando il proprio sguardo dal quotidiano.

Pagina 177: la tensione tra formazione e sua mancanza, paideia <–> apaideusia. Perciò, la narrazione non si ferma alla descrizione del grado più alto raggiunto, quello dell’uscita dalla caverna. La narrazione prevede la ridiscesa nel fondo della caverna. Ma la ridiscesa non è priva di rischi. Il liberatore non sa più come orientarsi nel buio, è in balia di quella verità. Egli rischia anche di essere ucciso, come successe a Socrate. Il mito si compie in una sorta di quarto livello, o grado, dove i prigionieri si oppongono a ogni tentativo di liberazione.

Lo svelato non è tale una volta per tutte, il velato dev’essere superato di continuo. Lo svelato deve essere strappato a una velatezza. Heidegger dice “deve essere rapito”. In ambito giuridico si afferma che contano le prove, e questo va oltre la giustizia, e ciò per dire che l’aspetto della giurisprudenza è immerso in una verità che richiede l’uso di codici, cioè di contenuti esterni a ciò che noi comunemente pensiamo.

All’inizio la velatezza determina l’essenza dell’essere, determinando anche quella dell’ente. Per i greci è importante l’alpha privativa presente nello svelato. Inizialmente verità è strappare un qualcosa alla velatezza, indicando una tensione tra velato e svelato, della possibilità del rinchiudersi di un qualcosa di svelato nel velato. La verità nel suo senso privativo indica una lotta per la vita e per la morte. Lo strappare che conquista lo svelato è ciò che il quarto grado o livello del Mito lascia intendere. Chi vuole liberare i prigionieri rischia e rappresenta un indice della lotta presente nell’aletheia, nel senso privativo della verità. La lotta è tra velatezza e svelatezza e tra formazione e mancanza di essa.

Per noi oggi verità è presenza di un qualcosa di evidente.

Heidegger ci dice che la caverna è l’immagine della verità. L’immagine di un luogo chiuso e aperto allo stesso tempo. Platone ha costruito questa immagine per raccontare questa storia. Ciò che è velato all’interno è riferito e collegato a ciò che all’esterno è svelato. Platone ha riprodotto la esperienza di aletheia nella caverna. Aletheia è questo gioco e conflitto di coprimento e scoprimento. Ciò che il mito della caverna ci illustra è esattamente ciò che Heidegger ha dichiarato all’inizio della sua trattazione: la verità, la Dottrina platonica della verità. L’intero Mito della caverna è costruito sull’aletheia.

Heidegger poi introduce una proposizione avversativa: (pagina 179): “E tuttavia, per quanto nel “mito della caverna” l’aletheia sia espressamente esperita e sia nominata in luoghi rilevanti, ciò nondimeno, al posto della svelatezza, qui si fa avanti e diviene prioritaria un’altra essenza della verità. Ma ciò vuol dire altresì che, comunque, anche la svelatezza mantiene un suo rango”.

Al posto della svelatezza si fa avanti un’altra essenza della verità. La verità con Platone inizia a significare qualcosa di diverso dallo svelato. Quest’altra essenza è destinata a prevalere nel resto della storia dell’Occidente. Heidegger ci dice che la forza rappresentativa della caverna non proviene dai prigionieri, dalla prigionia e nemmeno dall’esterno della caverna. Proviene piuttosto dalla luminosità, dal versante della luce. Tutto dipende dal risplendere di ciò che appare. Lo sguardo di Platone è rivolto prevalentemente alla luce. All’interno del platonismo prevarrà la dottrina delle idee, relativa alla svelatezza, a ciò che si mostra. Quindi, Platone nomina la svelatezza in diversi gradi, ma è considerata solo in relazione al visibile. Lo svelato è nominato nel carattere di visibilità, di luminosità, culmina nella luminosità.

Ciò che Platone dice, la sua riflessione, è rivolta a ciò che è consentito dalla luminosità della luce. L’idea è l’evidenza che conferisce la vista su ciò che è presente. L’idea è una presenza piena, costante, eterna. L’idea risplende, non fa risplendere nulla, è ciò che ha il potere di risplendere.

Il massimamente essente è la piena visibilità, l’evidenza dell’idea sottratta a ogni divenire. L’idea è ciò che risplende, la sua essenza consiste in questo poter risplendere e rendersi visibile. Il tema di fondo è quello, che Heidegger mette in luce, del carattere di piena luminosità, priva di qualsiasi ritorno nel velato che Platone sembra voler assicurare allo svelato.

Presenza è contrario di velatezza, ma che non ha più alcun contatto con la velatezza, una presenza definitiva dell’idea. L’essere, tutto ciò che è, con Platone ricava la sua essenza nell’idea. L’essere è presenza piena. L’essere è per Platone il “che cos’è”. Platone ha fatto si che la domanda relativa all’essere avesse come risposta che l’essere è un qualcosa che è. Ma allora l’essere non può essere distinto dall’ente.

Heidegger in Essere e tempo parte dalla constatazione che non ci si interroga sul senso dell’essere, nonostante i successi della metafisica.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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