Omologazione, popoli, classi.

Popoli
Popoli

La necessaria narrazione della nostra società, conosciuta anche come società di mercato (cioè capitalistica) o semplicemente nata dalla modernità, è passata – nel corso del tempo – da un’entusiastica affermazione dei propri successi in tutti i campi umani ad assumere toni relativistici della serie “il capitalismo non è perfetto, ma è il sistema meno peggio di tutti”.

Ovviamente, le cose non stanno semplicemente così. Nel senso che ad affermazioni del genere, orientate soprattutto al consenso interno, verso coloro che soffrono, fanno da contrappeso altre che ci fanno capire che, la nostra società, è “la migliore possibile”. Parole buone per tutti gli usi, dunque. Rafforzando il consenso interno anche in questo caso. Nel tempo ho capito che, chi pensa di essere non solo la migliore, ma l’unica cultura possibile è, fatalmente, la peggiore possibile.

Senza contare, poi, la continua presunzione di spiegarci che i popoli sarebbero portatori di chissà quali poteri soprannaturali, in grado di resistere all’omologazione o di farsi portatori di un ipotetico fronte anti-globalizzazione. Niente di più assurdo e fuorviante, specie sul piano culturale.

E’ inutile tentare di fermare l’omologazione senza mettere le mani sui rapporti sociali ed economici vigenti, non semplicemente per riformarlo, ammesso e non concesso che ciò sia possibile. E’ inutile parlare di popoli senza confessare che sono una finzione politico-giuridica, per quanto pericolosa in quanto finzione, mentre al loro interno si gioca uno scontro mortale tra interessi contrapposti, riflesso dello stesso ordine sociale generato da questo tipo di società.

Il destino dei popoli non è quello di vivere in un equilibrio idilliaco perché sia al loro interno che nel loro reciproco rapporto abbondano differenze inaccettabili, inaccettate, e che mai saranno accettate. Contraddizioni insanabili mantenendo questo contesto. Al capitale globalizzante non dà fastidio che esistano minoranze riconosciute e rispettate in giro per il mondo, anzi può farsi esso stesso alfiere di un tale progetto, l’importante è che vivano su una base socio-economica sintonizzata sul profitto.

Vivono su questa base poiché non hanno rovesciato il tavolo economico e, di conseguenza, non hanno forza politica alcuna. Il capitale globalizzante ed impositore di consumismo, nel rapporto “uno a uno” è sempre più forte.

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