Insorgere o non insorgere. Questo è il problema.

coronavirus
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Hanno distrutto il sistema educativo. Hanno distrutto l’industria. Dall’Italia degli ultimi trent’anni non è uscito nulla di innovativo. Non siamo presenti nell’industria informatica, in quella farmaceutica, in quella delle biotecnologie, in quella aerospaziale, in quella della robotica, in quella dei droni. Usiamo, pagando, le cose create dagli altri. Non siamo in grado di creare qualcosa di nuovo nemmeno usando le cose degli altri (a parte Yoox che cosa è uscito negli ultimi anni?). Si è delocalizzato, ma non si sono assolutamente affrontati i problemi.

Pagare meno il lavoro, ecco la soluzione. Dopotutto questo è sempre stato il mantra del capitalismo: comprimere i salari per salvare i profitti.

In questi anni, mentre si parlava di quanto fossero malvagi i politici e di quanto pericolosi gli extracomunitari, i poteri economici, aiutati da quelli politici, hanno distrutto il terreno della produzione di ricchezza del nostro Paese, dandoci in cambio solo paure e qualche sussidio.

Certo, anche la gente comune, i lavoratori, i disoccupati si sono lasciati abbindolare da questa farsa pietosa messa in scena da una classe dirigente che non ha da offrire più nulla. Tuttavia, tutti i nodi vengono al pettine e ora siamo alla resa dei conti: sblocco (graduale) dei licenziamenti e centinaia di migliaia di famiglie col culo per terra.

La pandemia da Covid 19 è venuta benissimo a questa classe dirigente, ormai protetta solo da forze dell’ordine sempre meno convinte di ciò che devono fare, così da poter mettere divieti, far finta di elargire degli aiuti a chi è in difficoltà, dimenticandosi però di impostare una strategia di ripresa e presenza per i settori produttivi del nostro paese.

Il Covid, appunto, viene usato come una clava, come epifenomeno per portare a termine altro: una ridislocazione della nostra posizione nell’ambito delle catene produttive mondiali, da una parte; un riposizionamento dei poteri fra Stato e cittadini, multinazionali e consumatori e lavoratori, dall’altra. A tutto vantaggio dei primi termini dell’equazione.

Gli ultimi sviluppi, allarmistici, dell’epidemia e delle risposte del governo a essa, ci danno un ulteriore indicazione su come sarà il futuro prossimo, con proibizioni varie, e quello più lontano, a base di controlli generalizzati più decisi e accentrati. L’oggi preparatorio del domani.

Non si potrà scendere in piazza quando si sta per perdere il lavoro; non si potrà protestare de visu con la Pubblica Amministrazione per un diritto leso. Manderemo un’e-mail, poi qualcuno, prima o poi, risponderà. Aumentare le distanze tra il potere e chi lo subisce, ecco la soluzione per rimanere al proprio posto indefinitamente. Le distanze devono diventare siderali.

Della questione delle vaccinazioni e del Green Pass ne ha parlato qualcuno di più autorevole del sottoscritto. Taluni pensano siano misure attuate per portare alla vaccinazione il più alto numero di persone possibile; talaltri pensano direttamente a progetti orwelliani. Quelli che pensano sono una minoranza. La maggioranza del Paese subisce in silenzio confidando nel fatto che, facendo i bravi, tutto si risolverà.

Nessuno di noi, sia i sospettosi sia i “bravi cittadini”, possono prevedere il futuro, ma già vediamo come si siano delineati almeno due fronti contrapposti di persone che, presumibilmente, non si ricomporranno se non (forse) nell’emergenza. Sarà la situazione occupazionale, economico-sociale, a determinare il futuro degli italiani. Attraverso il modo in cui reagiranno all’inevitabile “tirare la cinghia” cui saranno messi di fronte.

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