Heidegger tra metafisica e poesia. (ii)

Temi heideggeriani
Temi heideggeriani.

Quando parliamo di metafisica, di che cosa parliamo? Il termine è univoco, per lo più, ma al tempo stesso polisemico. I primi metafisici erano chiamati fisici (Phiseos), ma non sono scienziati della natura, sono filosofi. Quindi, la metafisica è quella dimensione del pensiero che non considera la natura nel proprio senso fisico, ma una dimensione ultrasensibile, opposta al sensibile. Ecco che si forma un pensiero metafisico. Da Platone in poi si apre l’intero campo della filosofia, la complessità del campo filosofico. In questo campo, molte sono le dimensioni specifiche: l’etica, l’estetica, che appartengono tutte all’ambito della filosofia. Vediamo, dunque, una sovrapposizione tra filosofia e metafisica. Davanti al termine metafisica abbiamo il problema e la soluzione, limitando il campo di ricerca attorno a quello del sovrasensibile. Tuttavia, è anche vero che nella buona univocità della metafisica c’è della polisemia. Per esempio, Giordano Bruno cos’è, Campanella cos’è, Leibniz come lo classifichiamo? Come metafisico? Sono tutti filosofi, assieme ad altri, su più piani intrecciati con campi politici, metafisici, etici, teologici, come anche uno Spinoza. Filosofi come Hegel che è anche metafisico, Cartesio (Meditazioni metafisiche). Quando Heidegger parla di metafisica e di critica alla stessa, cosa vuol dire? Capire cosa significa metafisica in modo perfetto è complicato. L’approccio di Heidegger è ristretto, per un fine di semplificazione? Questa domanda non è fuori luogo. Heidegger parte da un punto di origine e d’arrivo (il problema dell’essere), ma lo fa cercando di cogliere le “cose stesse”. Il punto originario, la questione dell’essere, fenomenologicamente (l’andare alle cose stesse), a prescindere dalle sovrastrutture prestabilite con cui l’essere viene classificato, è uno dei modi del pensiero metafisico in Heidegger. La cosa stessa è l’essere in quanto tale (fenomenologia). L’essere è stato identificato piegandolo sul terreno dell’ente. Ciò ha fatto scaturire un allontanamento dell’essere, fino alla sua dimenticanza e all’oblio. Si continua a parlare di essere parlando semplicemente di enti. Quindi, l’essere può essere il Dio trascendentale? È un’ipotesi che Heidegger scarta. Questo essere non è un ente, non è un trascendente assoluto, non lo possiamo cogliere sul piano della sensibilità. Non lo cogliamo nemmeno sul piano della pure idealità: non è un’idea. Non è dunque una cosa; non è un’idea. Perciò, l’individuazione dell’essere heideggeriano segue un percorso (pericoloso) tra l’empirico e l’ideale. Cercando di definire una nuova dimensione che non sia empirica e ideale. Questa dimensione si situa nel campo dell’ente o delle idee? In gnoseologia cogliamo gli enti senza ricorrere all’epistemologia. Quindi, un modo per indagare la questione può Esserci. Heidegger cerca una semplificazione del problema della metafisica, almeno in apparenza. Il punto fondamentale per Heidegger è l’interpretazione dell’essere. Interpretazione che ne da la filosofia. Di questo campo Heidegger individua l’interpretazione dell’essere.

Di questa interpretazione dell’essere Heidegger individua un aspetto caratterizzante dell’intera metafisica e dell’intera filosofia. Egli lo individua come presente negli enti. Un recipiente, una caraffa, un vaso da fiori, non ci dicono nulla sull’essere di quegli oggetti, ma nemmeno quando parliamo della materia che li compone. Materia e funzione d’uso non sono utili in tal senso. Non possiamo, allora, definire questa cosa. Rimaniamo confinati nell’indicibilità? Ovviamente no. La strategia di Heidegger è quella di ridurre questa cosa togliendo tutte le definizioni e accezioni provenienti dalla scienza e dalla storia (abitudini). Riduzione fenomenologica della sovrastruttura dell’oggetto. Ma non sono ancora nel piano della definizione. Il passo successivo è quello di dire che quell’oggetto è in relazione col soggetto. L’ente è relativo al soggetto, all’io. La relazione intesa come intenzionale.

L’arbitrarietà del linguaggio e delle definizioni è esclusa dal processo. L’oggetto è per il soggetto (relativo all’io) qualcosa che è relativo al soggetto stesso. Dopo questo processo posso continuare a definire l’oggetto come caraffa o vaso. L’oggetto è stato completamente ricostruito nella relazione intenzionale con l’io. La struttura metodologica consiste nella Epoché. L’oggetto diventa soggetto su un piano superiore di relazione. “Andare alle cose stesse” husserliano, per Heidegger positivo, per Husserl negativo, è la soggettivazione dell’oggetto. Qui sostituiamo l’essere che diventa una cosa, anche se non materiale, ma fenomenologica. L’essere non può essere denominato secondo le definizioni di una storia del pensiero già applicata. Va denominato a prescindere dalle modalità con cui è stato definito in passato.

Qual è la differenza col procedimento husserliano? Per Heidegger l’essere può essere colto solo a partire dall’istituzione di un rapporto tra l’essere e l’Esserci. La differenza sta proprio nel Dasein. Heidegger col Dasein cerca di sottrarsi alla presa soggettiva e soggettivistica, innanzitutto, togliendo all’essere umano la caratterizzazione di essere razionale. È una questione di priorità. In antichità, ma anche dopo, la nota dominante della compressione dell’umano come dotato di ragione, deve essere rielaborata in virtù di ciò che nell’uomo è primario. Non il Logos in sé, ma il Logos in grado di cogliere l’essere che non può accadere per mezzo della ragione. La ragione si ferma all’ente, non coglie l’essere. È necessaria una via fenomenologica (metodo). L’uomo viene ridefinito come Dasein, l’essere dotato di ragione viene ridefinito come “essere ermeneutico”. L’ermeneuticità è caratteristica essenziale dell’essere umano. Quindi, si configura un rapporto con l’essere non confinato nella ragione e perciò  non confinato nell’ente. Sostituendo la ragione con l’ermeneuticità, quindi sostituendo il baricentro con cui identifichiamo, concepiamo l’essere umano.

     Scienze – spiegazione                                                                 Cultura – Comprensione

     Erklärung                                                                                    Verstehen

     Argomentazione                                                                          Ermeneutica|Interpretazione

Se, quindi, la comprensione si fonda sull’interpretazione, allora l’ermeneutica diventa veicolo di conoscenza. È dal XVI-XVII secolo che l’ermeneutica dai testi sacri passa all’interpretazione di tutti i testi letterari. Con Schleiermacher diventa filosofica, oltre al testo abbiamo le situazioni. In Heidegger l’ermeneutica è costitutiva dell’essere umano. L’essere umano è ermeneutico, dotato di ermeneuticità.

Se l’accesso all’essere, dunque, avviene per via ermeneutica, allora siamo nella precondizione per cogliere l’essere. Tuttavia, non tutti gli esseri umani possono cogliere l’essere. In tal senso dobbiamo elaborare una teoria dell’essere in grado di attivare l’ermeneuticità dell’essere umano. Nel rapporto essere-Esserci la tesi heideggeriana è che l’essere può essere compreso solo da un Dasein che possa comprenderlo. L’Esserci deve comprendere se stesso, essendo quell’essere in grado di comprendere l’essere; ciò gli consente di cogliere l’essere.

Se partiamo dalla condizione di possibilità, tale comprensione non sarà mai soggettiva: solo all’interno di un ascolto dell’essere, potranno attivarsi. Il coglimento avviene attraverso una relazione di reciprocità, non univocamente proveniente dal soggetto.

Ora ci troviamo davanti l’incognita di che cosa sia l’essere. L’essere in un certo senso sta ovunque. Sta nel campo della immaterialità. E non è con la metafisica che arriviamo all’essere. Abbiamo bisogno di un’operazione diversa. Dobbiamo chiarire il passaggio filosofico di quella comprensione. Quindi, metafisica (linea filosofica tradizionale) e di un metodo, un “altro inizio” che non sarà metafisico, ma del pensiero e del pensiero dell’essere in particolare. La modalità centrale della comprensione non è data dalla metafisica, ma dal pensiero dell’essere (Seinsdenken).

Seinsdenken contrapposto alla metafisica. In Heidegger uno dei caratteri della metafisica è quello di appiattire gli enti riducendoli a elementi di calcolo. La metafisica, inoltre, è quella riconducibile alla correttezza. Heidegger vuole sciogliere il pensiero dalla modalità della metafisica portandolo a rielaborarla. Il pensiero della metafisica è pensiero calcolante  (Rechnendes Denken). All’opposto c’è il pensiero meditante (Besinnendes Denken).

Vi è poi il pensiero rammemorante come ulteriore accezione di quello meditante. Un pensiero che si sforza di rammemorare l’inizio del pensiero stesso. Un pensiero di tipo storico, rammemorante l’inizio di un tempo storico? No. Heidegger intende dire l’originario, l’originarietà. Inizio od origine corrispondono all’essere. Se il pensiero ha come riferimento l’essere, deve avere come inizio l’essere. Il pensiero rammemorante ha questa funzione. Al pensiero metafisico opporremo un pensiero dell’essere dunque. In ciò dobbiamo capire che nella metafisica c’è la presenza della tecnica. La tecnica non tanto come operatività, quanto come elemento originario della metafisica stessa che inerisce a essa.

L’essenza della tecnica non è tecnica, è metafisica, in Heidegger. In questo caso abbiamo la possibilità di cogliere l’essenza della tecnica che è metafisica. Tecnica e metafisica procedono unite, ma in modo non appariscente. Vedere lo sviluppo della civiltà occidentale come scaturente sia dalla metafisica sia dalla tecnica. La genesi è duplice, ma unitaria, dice Heidegger. Quando lui considera l’epoca attuale come quella della tecnica, non indica una contrapposizione alla metafisica. Anzi, è l’epoca compiuta della metafisica. Se la bomba H è un compimento della tecnica lo è al tempo stesso della metafisica. A tale pensiero calcolante ecco necessario contrapporre il pensiero meditante/rammemorante.

Per Heidegger l’essere ha una storia; allora pensare all’epoca del compimento della metafisica significa concepire la storia occidentale come storia del compimento delle due, metafisica e tecnica. Da questo compimento, per Heidegger, nascerebbe la possibilità di un nuovo inizio. Hölderlin dice: dal massimo pericolo, nasce la possibilità della salvezza.

La comprensione dell’essere da parte del Dasein però potrebbe essere errato. È una comprensione, inoltre, storicamente data. Comprensione dell’essere è allora: storia delle modalità di comprensione dell’essere. Se l’essere è stato dimenticato, allora in tale dimensione (del pensiero e della storia) si ha la storia dell’essere come oblio dell’essere, come fraintendimento. Sotto questo aspetto l’essere è storico. E da qui possiamo aprire, iniziare una storia dell’essere che sia in contrapposizione a quella avuta sin qui. Una storia potenziale che potrebbe sorgere da questa nuova comprensione dell’essere.

Sulla differenza razionale-ermeneutica Heidegger pone le basi per una nuova modalità di pensare l’essere che non sia quella della ragione, ma collegata all’emotività, alla Stimmung (tonalità emotiva), la quale proprio perché fuori dall’ente, conduce a una cosa che è un non-ente. Pensare l’essere come un non-ente, come il niente. Ovvero il nulla, ma l’essere non è il nulla, è un non-ente. Qui nasce l’approdo che molti hanno visto, verso l’irrazionalità.

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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 con Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023 e con Amazon Kdp nel 2024 e 2025.