Essere e tempo – Martin Heidegger – Il dasein.

Essere e tempo - Martin Heidegger
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di Sergio Mauri

Qual è il problema? Determinare chi sia l’Esserci di cui stiamo parlando? Noi non sappiamo quali siano le caratteristiche essenziali di questo ente. Al dasein come concetto deve corrispondere un chi, il detentore dell’identità fattuale del dasein. Un “soggetto” in cui individuiamo le caratteristiche esistenziali concrete del dasein. Nel ‘27 si delinea un orizzonte, un contesto, nel quale questo dasein viene riconosciuto nelle sue caratteristiche esistenziali, che fanno del dasein stesso un ente fattualmente esistente. La caratteristica primaria generale delle determinazioni esistenziali del dasein è il “sì”, il Man. Qualcosa di impersonale, ma anche di collettivo; impersonalità e collettività. È un ente il dasein che corrisponde a ciascun essere umano concreto, che il “sì” ben rappresenta. Il “sì” designa la modalità del dasein in cui si manifesta la spersonalizzazione. Corrisponde all’espropriazione delle caratteristiche peculiari dell’essere spersonalizzato. Il dasein in quel “sì” è un simulacro, non è in sé stesso autentico. È nell’impersonalità e nella inautenticità, non è sé stesso. All’interno del sì il dasein smarrisce le sue peculiarità. In tale orizzonte gli è riservata l’autenticità dell’impersonale, togliendo la possibilità di comprendersi nella sua autenticità. Questa forma di impersonalità caratterizza qualche cosa di neutro. Il dasein ha smarrito/occultato la propria autenticità. Il chi è il neutro, è il “sì”. L’Esserci qui dissolve tutte le sue caratteristiche al modo dell’impersonalità. Qui si comprende la differenza tra il giudizio autonomo e quello personale, individuale. C’è un marchio dell’impersonale che è quello della quotidianità media che viene indagata. Notiamo che vi è una sorta di omologazione espressa dal termine Gerede, chiacchiera, una deformazione del discorso, verificabile all’interno del “sì” (si pensa, si dice, si parla, si giudica). La chiacchiera è forma degradata del discorso che si ha all’interno dell’impersonale. Accanto alla spersonalizzazione c’è il livellamento. La medietà è un carattere esistenziale del “sì”. Si mantiene in una medietà che conviene, cui si concede credito, ecc.. La medietà è un analogo del neutro nell’opinare e nel decidere. Vi è livellamento, ogni apice è livellato, ogni originalità viene dissolta nel risaputo, ogni mistero perde la sua forza. Occuparsi della medietà è una nuova tendenza dell’Esserci. Un livellamento che ha a che fare con le possibilità di essere. La medietà livellante per cui all’Esserci stesso vengono imposte modalità d’essere, livellanti, omologanti. Öffentlichkeit, la dimensione pubblica: qui abbiamo la chiacchiera, la dimensione livellante del pensare e dell’agire. L’omologazione inibisce la modalità d’essere dell’Esserci autentica. L’Esserci agisce in modo omologato/livellato e le sue forme d’esistenza sono calibrate in tale senso. Medietà, impersonalità, livellamento colpiscono il modo d’essere dell’Esserci. L’Esserci nel “sì” si trova come a proprio agio. Si trova sgravato dal peso di essere sé stesso. Il “sì” sgrava ogni singolo Esserci. Esso è gradito perché gli semplifica la vita.

Piuttosto che assumersi il peso della propria autenticità. Tutto è orientato alle cose facili: il dasein si accomoda all’impersonale. Lo coglie come qualcosa che gli semplifica la vita. Ogni dasein è gli altri, nessuno è sé stesso. Quel “sì” non è solo un orizzonte fattuale scomodo, è all’opposto agevole per lui. L’essere assieme quotidiano è de-identificazione delle proprie caratteristiche. Di questa situazione l’Esserci non sente il peso. Questi caratteri esistenziali, livellamento, pubblicità, sgravamento, medietà è rendersi accetto. Il rapporto con l’altro, in questi termini, è falso, fittizio: nessuno è sé stesso. La nostra peculiarità esistenziale non esiste più. In questi modi d’essere l’Esserci ha perduto il proprio modo d’essere. Non c’è più un modo d’essere mio, tuo, ma di tutti. Il “sì” pone l’Esserci nel modo dell’inautenticità.

Il “sì” è un fenomeno costitutivo dell’Esserci nella sua quotidianità. Il “sì” dunque diviene un esistenziale, costitutivo dell’Esserci. Questo sé stesso non è autentico, ma impersonale ed è disperso nel “sì” e deve innanzitutto ritrovare sé stesso. Solo dopo la comprensione dell’orizzonte impersonale, il dasein potrà ritrovare se stesso. La familiarità dell’Esserci sarà dunque con qualcosa di inautentico. Il “sì” prescrive anche l’interpretazione dell’Esserci nel mondo. Questo “sì” agisce in profondità e prescrive l’interpretazione dell’Esserci nel mondo.

Questa fattualità del dasein riprende la formula innanzitutto e per lo più. L’Esserci effettivo è innanzitutto nel mondo, e io non sono me stesso, ma sono gli altri e con questo “sì” sono dato a me stesso. Questa interpretazione è totalmente condizionata dall’impersonalità. L’Esserci è il “sì” e per lo più rimane tale. Questa scoperta del mondo e questa impersonalità occlude la visione (vera) autentica all’Esserci. L’Esserci deve togliere i veli che lo nascondono a sé stesso. Scoprire il se da un punto di vista ontologico ed esistenziale. Trasformare la medietà nell’apertura autentica dell’Esserci al mondo. Nella medietà l’apertura non agisce. È su questa apertura originaria che l’Esserci può riconoscere sé stesso. Il sé è altro del “sì”, opposto. L’autentico essere se stesso è una modificazione esistentiva del “sì” (riguarda l’ente e non le forme dell’esistenza), togliendo i veli.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022.
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