Torturatori argentini.

Argentina
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Il 29 marzo del 1976 il generale Videla assunse la presidenza a vita dell’Argentina. Inizia il periodo tristemente famoso come guerra sporca che durerà fino al 1983.

Il capitano Antonio Pernias fu il primo ufficiale delle Forze armate a sostenere pubblicamente l’utilità dell’ago elettrico come metodo per ottenere confessioni, in quello che ha chiamato una guerra non convenzionale. In procinto di andare in pensione a causa del rifiuto del Senato di promuoverlo, si è spinto anche oltre: ha aggiunto che a quel tempo non c’erano leggi, ha riconosciuto la responsabilità dell’esercito nel sequestro e nell’uccisione delle suore francesi e ha suggerito che la Polizia federale aveva ucciso i preti pallottini. Anche il capitano Carlos Rolòn ha seguito la tattica di non cadere da solo.

Ha detto di “avere eseguito gli ordini dei suoi superiori, che ora sono ammiragli con il consenso del Senato”. Il capo dei Servizi Segreti, che nel febbraio del 1987 consegnò come prigionieri al Tribunale federale 19 ufficiali dell’esercito perché li processasse, avvertì uno dei giudici che il processo avrebbe causato ribellioni tra le fila dell’esercito: voi applicate pure il codice penale, però alcuni di questi uomini mi hanno visto fare cose assai peggiori di quelle per cui voi li giudicate”. Siccome molti hanno agito in questo modo e dal momento che non ci sono prove contro tutti, nessuno deve essere punito: questo era il messaggio. La stessa inamissibile argomentazione che oggi utilizzano Pernias e Rolòn.La rivendicazione delle torture venne respinta dalla giustizia nella condanna del 1985 contro Videla, Massena e compagni. “Né l’omicidio né la tortura, né il furto, né la privazione illegale della libertà trovano nelle norme scritte o consuetudinarie una traccia di giustificazione o di non colpevolezza. I fatti che sono stati giudicati sono illegali per il diritto argentino. Vanno contro i diritti della gente. Non hanno giustificazioni nella nostra cultura. Non sono un mezzo giusto per un fine giusto. Vanno contro i principi etici e religiosi. Gli ordini illeciti furono accompagnati da un’intenso indottrinamento sul fatto che si trattava di una guerra non convenzionale e che era l’unica forma di lotta contro la delinquenza rivoluzionaria. Però anche così, non c’è dubbio che ci fu chi – data la sua collocazione nella gerarchia militare – sapeva della non liceità del sistema, e ci fu anche chi compì senza scrupoli atti atroci. Da ciò segue che ci sono dei subordinati che non beneficeranno dell’attenuante di avere obbedito a ordini superiori”. E questo riguarda certamente Massera, però anche Pernias e Rolòn. L’ex presidente Raul Alfonsin fece uscire dal carcere gli esecutori con le leggi di punto final e di obbedienza dovuta, e il presidente Menem mise in libertà il principale responsabile degli ordini impartiti, due gravissimi errori eticiOra i comandanti pretendono, oltre alla libertà, un premio alla carriera.

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