L’orma del TIGR, un libro di Dorče Sardoč.

Dorce Sardoc
Dorce Sardoc

La prima volta che sentii parlare del TIGR  fu attraverso mio padre ed io ero molto giovane, direi pre-adolescente. Fa un certo effetto leggere questo libro autobiografico di Dorče Sardoč, soprattutto per coloro che, come me, hanno condiviso parte della storia dei popoli jugoslavi e di quello sloveno in particolare. Fa un certo effetto perché la storia qui raccontata da questo sloveno che ebbe una parte primaria nel movimento di liberazione nazionale, fa rivivere un mondo nel quale un intero popolo era sotto l’attacco delle peggiori dittature sanguinarie e rischiava di scomparire fisicamente dalla faccia della terra. La guerra di liberazione jugoslava fu la più cruenta d’Europa. In un contesto di quel tipo, dove massacri nelle città e nei villaggi, torture, stupri ed uccisioni spesso arbitrarie nelle prigioni nazifasciste; roghi di interi centri abitati e deportazioni di massa, ci fu chi, come Sardoč e molti altri, scelsero con abnegazione la lotta all’ultimo sangue per salvare la propria gente dall’estinzione totale.

Il libro tratteggia la vita degli sloveni dell’epoca e del loro rapporto con gli italiani, in buona parte compromesso dall’avvento del Fascismo. Inoltre, è interessante la cronaca del rapporto dei nazionalisti sloveni con i comunisti, sia italiani che sloveni e con Giustizia e Libertà, di cui è interessante (e per lo più sconosciuto in Italia) il progetto, poi abortito, di attentato a Mussolini in visita nell’Isontino, elaborato assieme agli sloveni.

Il Carso triestino, quello sloveno e la città di Trieste occupano una parte importante della storia raccontata. Un altra è quella del confino a Lipari, dove l’autore conobbe e convisse con numerosi personaggi di primo piano dell’antifascismo italiano: uno per tutti Emilio Lussu. Il processo del ’41, chiamato il secondo processo di Trieste (il primo si era tenuto nel ’30), davanti al Tribunale Speciale, è narrato con partecipata dovizia di particolari. Di profondo effetto il caso Tomažič che al processo fu il perno delle accuse fasciste. Tomažič, giovane comunista triestino di lingua slovena, organizzatore e rivoluzionario di spicco del Partito Comunista Sloveno, rappresentava la vera preda del regime che pensava di eliminarlo per distruggere definitivamente il movimento di liberazione. Così non fu, ovviamente, e la resistenza continuò ancora più virulenta.

Ecco; dedicherei questo libro a tutti coloro che non hanno le idee molto chiare – perché non hanno mai conosciuto qualcuno che gliele chiarisse o semplicemente non si sono mai curati di chiarirsele – su che cosa sia stata la seconda guerra mondiale, la resistenza ed in particolare la resistenza jugoslava.

 

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