Otto per mille.

Clero
Clero

È tempo di dichiarazione dei redditi, ed è quindi tempo di 8 per mille. Vi siete mai chiesti che fine fa quella montagna di soldi (circa 2000 miliardi delle vecchie lire) raccolti sommando le briciole dei nostri 8 per mille? E soprattutto dove siete convinti che finiscano i vostri soldi se siete una di quelle 6 persone su 10 che al momento della scelta del destinatario non scelgono affatto?

L’argomento è regolato dal Concordato del 1984-85, in cui è previsto che il contribuente destini tale percentuale del suo reddito “ad attività sociali ed umanitarie”. Il diabolico meccanismo messo a punto allora da Craxi e dalla CEI prevede che in realtà nessuno destini direttamente il proprio gettito: il perverso marchingegno assomiglia di più ad un sondaggio e prevede che si contino le scelte, si calcolino le percentuali ottenute da ogni soggetto e in base a queste vengano poi ripartiti tutti i fondi, compresi quelli dei contribuenti che tale scelta non hanno espresso.

Questo ha fatto sì che nel 2004 alla chiesa cattolica siano andati poco meno di 1000 milioni di euro, ovvero più dell’85% dell’intero gettito dell’8 per mille, nonostante tale scelta fosse stata espressa esplicitamente soltanto dal 33% dei contribuenti. Allo Stato sono andati circa 100 milioni; alle altre confessioni gli spiccioli.  I fondi assegnati per l’anno 2011, invece, sono stati di 1119 milioni di euro, di cui 1024 quale anticipo dell’anno corrente e 95 quale conguaglio del 2008.
Nonostante gli spot strappalacrime che nei prossimi giorni invaderanno i nostri teleschermi, la chiesa cattolica spende soltanto una piccolissima parte (tra l’8 e il 20% a seconda delle diverse fonti) di questi soldi per gli aiuti al terzo mondo; il grosso serve invece per il sostentamento del clero e per vaghe “esigenze di culto”. I valdesi, per dirne un’altra, spendono tutto in “progetti culturali, assistenziali e di solidarietà in Italia e all’estero”, sostengono i loro pastori con offerte volontarie dei fedeli, e soprattutto non accettano le risorse che non siano state destinate esplicitamente a loro. In questo modo nel 2004 hanno rinunciato a qualcosa come 7 milioni di euro.
E lo Stato come li spende quei soldi? Scartabellando nel sito del Governo si scopre che gli ultimi dati disponibili in questa materia sono quelli del 2001, quando dei 220 miliardi di lire che quell’anno andarono allo Stato per “attività sociali ed umanitarie”, 70 servirono per finanziare la missione militare in Albania (niente male come attività sociale ed umanitaria!), mentre i 150 rimanenti diventarono 66 in un amen per “assestamento del bilancio”, e furono spesi in buona parte per restauri di chiostri, organi, oratori, campanili e facciate di chiese. Oltre a questi, furono finanziati anche alcuni progetti presentati da amministrazioni locali per riqualificare piazze, palazzi ed ogni altro intervento che ricada sotto la definizione di “conservazione dei beni culturali”.
Fin qui i dati. Un sondaggio commissionato qualche tempo fa da La Stampa, oltre a quantificare in 2/3 la parte di italiani favorevoli ai pacs, alle convivenze ed al mantenimento della legge sull’aborto (con buona pace di Ruini & C.), ha anche evidenziato che nel caso la scelta dell’8 per mille lo consentisse, una percentuale significativa di italiani destinerebbe la propria quota alla ricerca scientifica. Tutti soldi che verrebbero meno alla CEI. Forse anche per questo motivo l’ultima legge Finanziaria ha introdotto una novità, ovvero la possibilità di destinare un ulteriore 5 per mille delle proprie tasse alla ricerca o alle associazioni di volontariato, senza intaccare il vecchio buon 8 per mille. Quello deve continuare ad andare dove è andato finora…
E comunque nel frattempo ricordate: scegliendo di non indicare il destinatario del “vostro” 8 per mille in sede di dichiarazione dei redditi, scegliete comunque.

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