Per una democrazia responsabile. (1)

Bhutan_Gross_National_Happiness
Bhutan_Gross_National_Happiness

Prologo.

Questo scritto nasce con l’intenzione di combattere alcuni pregiudizi. Innanzitutto quello che circonda il Potere, spesso divinizzato, e gli uomini di potere ritenuti in grado di modificare a loro piacimento i destini del mondo. Le cose, ovviamente, stanno in maniera diversa e, in questa diversità, due cose sono fondamentali: il Potente poco conosce del mondo che lo circonda e, del pari, poco può trasformarlo. Il Potere risiede fuori dal Palazzo, nelle grandi forze materiali e spirituali che attraversano e muovono la società. Dentro di esso, invece, ciò che accade può essere importante ed avere ripercussioni decisive ma solo in determinati momenti. Tutto ciò viene misconosciuto perché la stragrande maggioranza delle persone indulge all’autoinganno sulla natura del Potere. In un mondo, nel suo complesso fondamentalmente insicuro e pericoloso, quelle maggioranze si rassicurano confidando in un Potente di turno che sia in grado di capire ciò che accade e di operare le scelte giuste al momento giusto mentre dalla parte opposta abbiamo chi utilizza il Potere come un parafulmine contro cui scaricare le proprie tensioni, insoddisfazioni e frustrazioni. L’altra faccia della medaglia, il Potente, deve reggere l’ingannevole gioco se vuole rimanere tale. Le parate, le cerimonie, gli onori, non servono ad altro che ad occultare la sua miserabile pochezza.

  1. L’ignoranza del Potente. Per dominare la realtà, un Potente dovrebbe innanzitutto conoscerla. Di solito, invece, accade che la conosca poco e male. Le informazioni che riceve sono molto spesso approssimative, sbagliate, incoerenti e intempestive.I criteri d’interpretazione delle stesse sono quasi sempre inadeguati ai tempi correnti. Il Potente riceve quasi tutte le notizie in modo indiretto attraverso degli informatori che, deliberatamente o inconsapevolmente, alterano i fatti. Può accadere che, a volte, siano i nemici ad inviare informazioni false. Altre volte i loro collaboratori che lo fanno. E’ scontato che le notizie che riguardano fenomeni complessi siano approssimative. Talvolta lo sono pure quelle concernenti i fenomeni circoscritti. Sappiamo tutti che una sommossa, una manifestazione, un episodio di violenza, possono essere visti e descritti da angolazioni diverse, producendo, di fatto, molteplici versioni che poi si traducono in fatti accaduti. Ciò rende evidente che ogni informazione subisce il filtro della razionalità e/o della passionalità degli uomini o donne che la riferiscono. E, tanto più grandi sono le organizzazioni sottoposte ai Potenti, tanto maggiore è il pericolo di una deliberata dispersione di pezzi necessari del puzzle informativo o di probabili involontarie dimenticanze o, ancora, del pericolo dell’affidarsi a notizie di seconda mano, talvolta palesemente false. La politica, al contrario delle scienze naturali, non può fare affidamento su dati incontrovertibili e sulla possibilità di sperimentazione e riproduzione dei fenomeni per verificarne l’esistenza. Tutto ciò, in politica, è impossibile.Le statistiche nel campo dell’economia e della sociologia, nella nostra realtà, possiedono un’aura prestigiosa, sembrando del tutto obiettive e certe. In verità potremmo dire che esse siano più che altro un esercizio numerologico, in quanto possono si essere indicative ma risultano inesatte. Ciò è dovuto all’ambiguità dei dati raccolti – che poi andranno inseriti – già dalla fonte rilevata. Differenti società di rilevazione statistica hanno dato risultati diversi a determinate questioni poste e, indipendentemente dal modo in cui pongono le domande, fatto già di per sé diversificante, hanno dimostrato essere incongruenti col principio di realtà. Fra enti pubblici di rilevazione e società private, ed all’interno di ciascuna delle due, esistono divergenze apprezzabili dovute ai sistemi di rilevazione adottati. Gli stessi indici di PIL o il tasso di disoccupazione, tanto per rimanere a livelli piuttosto semplici, hanno pesi ed andamenti temporali diversi a seconda dell’istituto che effettua la raccolta della risposta. In particolare, si segnalano casi di falsificazione della realtà di fatto poiché chi viene interpellato può non avere interesse a far emergere la propria attività lavorativa, qualora ne abbia una, che andrebbe soggetta ad imposizione fiscale. E lo stesso calcolo del PIL, pesca fra i dati in cui rientra la fiscalità generale che, come è noto, riporta quantità per difetto di evasione ed elusione nel pagamento dei tributi.Ma ammettiamo per un attimo che ci siano dei dati esatti, affidabili, certi. Per renderli utili al Potente, essi dovrebbero essergli resi usufruibili immediatamente. Ma ciò non è la regola, solitamente è l’eccezione. Ogni apparato burocratico, anche il più efficiente, deve spendere un pò di tempo per elaborare i dati raccolti, mentre la realtà circostante è in continuo movimento: ciò che era oggetto di indagine già non c’è più o si è trasformato più o meno radicalmente. Inoltre, in generale, è difficile che un apparato burocratico di vaglio e controllo sia veramente efficiente, specialmente in paesi come il nostro dove gli apparati hanno avuto una precipua funzione di Stato Sociale attuata mediante una distribuzione prebendizia degli impieghi. Per non parlare poi di ritardi ed inefficienze dovuti a norme inintelliggibili e a conflitti di competenza.Vi è poi una realtà di fatto che spesso si dimentica: i fenomeni che riguardano uomini e cose sono multiformi, sfuggenti e intrecciati ad un’infinità di altri fenomeni. Un rapporto informativo, invece, semplifica, taglia e riassume rendendo il fenomeno descritto assai impreciso e il linguaggio burocratico che lo contraddistingue non è in grado di descrivere le attività umane o gli avvenimenti accaduti in tutta la loro ricca articolazione.

    E’ poi opinione assai diffusa quella che certi fenomeni, ad esempio quelli concernenti l’attualità, terreno di caccia per qualsiasi tuttologo emergente, siano di facile esplicazione e quindi conoscenza poiché connotati da una sorta di tara: l’irrilevanza. Perciò, è facile che si presuma di conoscere tutto o molto, poniamo, sul mondo islamico, ma per contro, si sappia quasi nulla su che cosa pensano, su che costumi abbiano, o a che cosa aspirino veramente i concittadini italiani o i nostri immediati vicini europei. Le informazioni che i Potenti ricevono sui temi dell’attualità concernono fenomeni di secondaria importanza mentre si tralascia la conoscenza dei processi fondamentali in atto nelle società capitalisticamente avanzate. E’ imbarazzante ammetterlo, ma i Potenti ricevono una gran mole di informazioni inutili o incongruenti mentre il livello di saturazione raggiunto dall’eterogeneo flusso informativo rischia di paralizzare i canali comunicativi delle strutture preposte che riescono ad ovviare al problema solo attraverso un’opera di selezione, per lo più arbitraria, attuata da coloro che nella scala gerarchica dell’istituzione hanno l’investitura a farlo.

    Ma, nonostante questo, si ritiene generalmente che i Potenti siano comunque in una situazione di vantaggio rispetto ai cittadini comuni. Questo supposto privilegio ha soprattutto a che fare con la possibilità che hanno i Potenti stessi, di ricevere informazioni segrete e riservate. Ma se un vantaggio esiste, certamente esso è assai minore di ciò che si crede. Non solo poche informazioni segrete o riservate sono esatte, ma quando lo sono, vengono considerate con diffidenza. Molte di esse, infatti sono contraffatte o svianti. A questo, possiamo aggiungere un altro fatto: i Potenti hanno un’esperienza diretta della realtà quotidiana assai limitata. Un Potente vive isolato e circondato da persone adibite alla sua protezione, tagliato fuori dalla quotidianità che, al contrario, vivono i cittadini normali.

    Ma le difficoltà che i Potenti hanno nel reperire informazioni appropriate non riguardano solo quelle concernenti il passato e il presente, ma si allargano a quelle del futuro. Le tendenze economiche, geo-politiche, le evoluzioni della sfera sociale, sono tutti aspetti di primaria importanza per un governo, poiché esso deve essere nelle condizioni di gestire e condurre il cambiamento. Le azioni dei Potenti devono essere commisurate ai risultati che potranno sortire. Va da sé che le informazioni che veramente essi dovrebbero conoscere, non sono quelle che si riferiscono al presente o al passato bensì quelle puntate al futuro. Tuttavia, non vi sono Potenti o consiglieri di prima grandezza in grado di prevedere il futuro, nemmeno approssimativamente. L’unica cosa che essi possono fare – e che giustificherebbe i lauti stipendi che percepiscono – è il tentare delle previsioni con quello che conoscono del presente, il che, come abbiamo già visto, è del tutto aleatorio.

    Il modello culturale attraverso cui interpretare o prevedere i fenomeni è sorpassato rispetto alla mutevolezza dei tempi. Soprattutto se dobbiamo stare al passo con i tempi attuali, dominati da una forma di produzione e socializzazione così rivoluzionarie come mai avevamo conosciuto prima nella storia. Vi è, peraltro, sempre stato uno scarto tra realtà in trasformazione e idee. Esse sono notoriamente più lente a mutare. A questo si unisce il fatto che i Potenti, solitamente, sono individui di età matura che non hanno intenzione né interesse a staccarsi dalla perpetuazione delle idee del passato. Essi sono ancorati al passato, con risultati di inadeguatezza culturale, nel mentre i giovani non sono in grado di esprimere se non idee parziali e disordinate anche per mancanza di esperienza del mondo reale. Il risultato è che le comunità umane sono in continuo ritardo di cultura rispetto ai cambiamenti delle relazioni sociali che mutano e si sviluppano al loro interno. Si tratta, tuttavia, di una legge di natura, dove ciò che è stato, ciò che si è imposto, continua ad esercitare un proprio potere sulle comunità, anche dopo che non domina più direttamente la scena socio-culturale. Tuttavia, ritardi e valutazioni fallaci della realtà presente, come del futuro, non dipendono unicamente dai ritardi culturali. Dipende anche dall’attribuire alle altre persone il proprio atteggiamento mentale o le proprie coordinate valoriali, sebbene in realtà tutti gli esseri umani siano fra di loro differenti e, soprattutto, vivano in condizioni ambientali diverse. In aggiunta, si confida nella ripetitività dei fenomeni, atteggiamento semplificatorio che ha degli esiti negativi, giacché la realtà è più vasta ed imprevedibile della fantasia e non si lascia racchiudere in facili schemi.

    Fin qui sulla correlazione fra Potere e ignoranza: quanto più grande è il primo tanto più grande è la seconda. L’attribuzione di grandezza, riguarda l’ampiezza, la complessità e la qualità del Potere, ed è evidente che un Potere che aspiri all’assolutezza e alla centralizzazione non faccia altro che determinare una disintegrazione di conoscenze.

    Fu proprio Karl Popper, assurto a modello di riferimento della Destra, a coniare la denominazione “pianificatore olistico” per intendere colui che aspira al controllo e alla direzione in toto di un sistema sociale. Ma una tale volontà di azione, attuata attraverso una decisa centralizzazione, non sortirà altro effetto che un possente conformismo che spezzerà il pensiero critico e quindi la cultura, mentre, al contrario, il Potere ha bisogno di attrito per rivitalizzarsi. E’ chiaro, perciò, che l’eliminazione delle voci critiche genererà non solo un impoverimento culturale generale, una minor capacità reattiva nella società, ma soprattutto un danno inestimabile per i Potenti, portato dal virus dell’ignoranza diffusa. Peraltro, proprio negli ex-paesi dell’est sotto il controllo sovietico, ove la tendenza alla “pianificazione olistica” era un dato di fatto, abbiamo visto come l’informazione che passava attraverso gli apparati diveniva atto politico, tanto costruito quanto tendenzioso e riportato solo in quanto stimolo per una preordinata reazione.

    I Potenti, nel loro sistematico e necessario tentativo di conoscere la realtà optano per l’azione prima della conoscenza piuttosto che per il contrario. Potremmo dire che per ogni azione è necessaria una certa dose di ignoranza o addirittura d’incoscienza. Ovvero, che è attraverso l’osare fuori dal ragionamento e dalla conoscenza profonda che si ha la fecondità della realizzazione. Per contro, è chiaro che chiunque (e ciò per un Potente è assolutamente castrante) tenti di analizzare troppo, cada nell’inazione, poiché un ragionamento troppo indulgente ai pro e contro o ai particolari positivi e negativi, rende sterile ogni impresa. Da ciò discende, quindi, che il Potere non solo non è in grado di conoscere tutto, ma che non gli conviene, altrimenti si condannerebbe ad una orribile inazione ed inefficacia.

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