L’inutilità del comunismo, un libro di Frank Ferlisi.

L'inutilità del comunismo
L'inutilità del comunismo

Frank Ferlisi, nome che ci ricorda il suo essere stato per un periodo della sua vita un italo-americano, è un comunista italiano, orgoglioso della propria storia e delle proprie fatiche per migliorare lo sfortunato paese in cui vive, l’Italia. Un paese refrattario – sul lungo passo della storia – a concreti avanzamenti, a sinceri mea culpa, su ciò che è stato e poteva essere, ma non è stato. Sarà a causa del cattolicesimo che impera più come sottocultura che altro, a causa della sua cultura generalmente superficiale, a causa del fatto che di rivoluzioni non se ne sono viste e l’unificazione, a differenza di altri paesi, è avvenuta grazie al capitalismo consumista. Tuttavia, Frank alla costruzione di un paese diverso ci ha creduto veramente ed ha investito energie e pezzi importanti della propria vita. E di questo bisogna dargli atto.

Il libro in questione vale la pena di esser letto, anche se non mi trova d’accordo su tutto ciò che contiene. Credo che le risposte che cerca Frank non possano venire dagli interlocutori sociali a cui egli si rivolge e nemmeno dalla geografia politica nazionale a cui egli terrebbe di aprire una nuova strada. La sinistra in Italia, peraltro, è oggi talmente anticomunista che tipi come lui sono apparentemente rispettati, ma sostanzialmente (e dietro le quinte) osteggiati, se non letteralmente odiati. Mi dispiace toglierli l’illusione dell’amore, ma penso di essere molto più utile così che non ad esercitare la solita piaggieria, il solito leccaculismo dell’amicone.

Il libro ha dei limiti, dai quali vorrei cominciare la mia recensione. Un limite del libro di Frank consiste, innanzitutto, nel perimetro d’indagine che gli è proprio e del conseguente spazio di intervento politico, troppo ristretto sul livello nazionale. Si presuppone una sovranità che non c’è e non ci sarà mai più. Questo non semplicemente perché c’è stata la globalizzazione, che continua quotidianamente. Affermare che “c’è stata la globalizzazione” sarebbe una risposta banale quanto insufficiente. Ma, più sensatamente, affermiamo che i fenomeni storici sono processi irreversibili ai quali si possono, tutt’al più, creare le condizioni (accumulo di energia) per il verificarsi di altri, talvolta di segno opposto, fenomeni. Se non opposti, perlomeno, parecchio diversi fra di loro. È abbastanza grave non essersene accorti, ma giustifico la svista con l’amore che Frank ha sempre dimostrato per l’Italia.

Frank è troppo rigido nel valutare l’operato del blocco sovietico, che tuttavia in parte faccio mio, anche se con meno severità. Il suo giudizio è molto influenzato dall’essere occidentale, molto occidentale e di un paese del sud Europa, probabilmente, dalla non troppo assidua frequentazione di quei paesi. Sul fallimento politico del socialismo reale non sono che parzialmente d’accordo con le tesi di Frank. Quando Frank parla del socialismo che ha fallito perché entrava nella sfera privata delle persone, gli ricordo che nonostante il capitalismo consumista entri, eccome, nella sfera privata delle persone, resiste finora alle intemperie. Anzi, è ancora vivo seppur malato. Potrei, invece, affermare il contrario, ovvero che il socialismo reale, tutto sommato, era un sistema costruito in modo abbastanza casereccio, rispetto ai canoni orwelliani d’Occidente, che non riuscì mai ad entrare in profondità nel carattere di un popolo. Era un sistema ancora troppo complesso per le masse, calato dall’alto, troppo pieno di responsabilità ed impegno, mentre quello consumista-capitalista post-conflitto mondiale prometteva il successo e la definitiva fine della miseria per tutti, urbi et orbi, attraverso una partecipazione attiva al sistema consumista stesso. Una predicazione, corruttrice certo, troppo allettante per non entrare fin nel profondo dell’animo delle persone.

Oggi è facile affermare che era tutto falso, che in Occidente si era venduto fumo. Certo che era tutto falso, il neoliberismo è in crisi, ma qualche decennio fà, ciò fece la differenza nella lotta sociale e politica. Le persone volevano quello, le frottole e le illusioni. Finché durava, poteva andar bene, poi si sarebbe visto.

Aggiungo, poi, che abbiamo criticato troppo la generazione che ha costruito il socialismo reale, ma non abbiamo costruito nulla di altrettanto valido per non dire migliore. Se c’è, peraltro, una cosa insuperata e che continua ad interrogarci del socialismo reale, è quella sui “diritti sociali garantiti”, che penso sia la traduzione più adeguata che caratterizzava il sistema lì imperante, per quanto contradditorio e a volte iperburocratizzato.

Un passaggio, invece, particolarmente interessante è quello dove Frank dice la sua in relazione al tipo di interventi in politica ed in economia che andrebbero presi allorquando i comunisti fossero in grado di guidare il paese. Un passaggio, articolato e ben argomentato, che andrebbe studiato proprio dagli attuali azzeccagarbugli che noi ci azzardiamo a chiamare governanti, mentre non riescono ad essere altro che prezzolati esecutori delle esigenze del capitale finanziario globale.

Non voglio tuttavia esagerare con gli spoilers e vi invito, pertanto, ad acquistare il libro e a soppesarlo adeguatamente, poiché di esperimenti intellettuali così impertinenti non ce ne sono poi tanti in giro, sono merce rara.

Con un augurio di buona e costruttiva lettura.

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