Due parole sull’aborto.

Protesta_papa_aborto
Protesta_papa_aborto

Sono agnostico, laico e – tendenzialmente – anticlericale. Ritengo queste mie 3 caratteristiche, che condivido con milioni di persone nel mondo, particolarmente importanti nella società contemporanea, piena di venditori di fumo, poiché nascono da una sano esercizio del dubbio. Credo, inoltre, che dubbi e certezze non solo siano il risultato della concreta vita vissuta quotidianamente da ogni essere umano, ma anche, che essi debbano dialetticamente smussarsi a vicenda per evitare che una delle categorie emerga totalitariamente sull’altra. Rimanendo sul piano delle idee; l’assolutismo del dubbio creerebbe una situazione di entropia diffusa; quello della certezza ci vedrebbe costantemente impegnati in guerre sante. Sono anche incline a pensare che la questione dell’interruzione di gravidanza sia di esclusiva competenza della  sfera personale femminile e sono tendenzialmente contrario al controllo dello Stato su questo tema. Cioè, lo Stato, qualsiasi Stato, non può obbligare alcuna donna a diventare mamma, soprattutto quando questo obbligo si celi dietro discorsi morali o politici. Si tratta, dunque, di un discorso di libertà rispetto alle reciproche, volontarie o involontarie relazioni sociali che veniamo ad instaurare durante la nostra vita. Credo non ci siano, peraltro, dubbi sul fatto che i figli concepiti con gravi malattie e disfunzioni o risultanti da stupro, abbiano una nettamente minore probabilità ad essere accettati e, qualora, gravemente malati, il metterli al mondo rasenta l’efferatezza di un crimine.

L’aborto, come pratica estrema di controllo delle nascite, è praticato da soggetti di qualsiasi tendenza politica e/o convinzione morale, nonché etnia. Questo conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, la mia concezione dell’intercambiabilità dei soggetti sociali contemporanei, nei quali il dar voce ad opinioni o convinzioni è il sottofondo sonoro alla loro inesistenza concreta. Tuttavia, l’origine dell’incoerenza e vacuità ha articolazioni differenti, sebbene il fondo di ipocrisia sia lo stesso; a Destra e fra i Cattolici assume la forma del tradimento per paura; a Sinistra quella della svista sospetta. Proprio a Sinistra, peraltro, si potrebbe dare più peso alla dimensione collettiva del controllo, piuttosto che prostrarsi a quella individuale. C’è, poi, l’assunzione di responsabilità riguardo ad un tema che, in fondo, tocca la stessa riproduzione della specie; responsabilità che, con diverse coloriture, Destra e Cattolicesimo, a parole, sembrano volersi assumere, mentre a Sinistra si pensa di più a tutelare, credo con maggior senso della realtà, chi è già nato.

Gli anti-abortisti, dopotutto, preferiscono il non-nato al nato; secondo la loro (irragionevole) cultura, nascendo cadiamo in un mondo imperfetto, mentre il feto è l’emissario di un mondo perfetto, ovvero la condizione uterina. Condizione certamente presente in noi nella nostra struttura pre-culturale, nella nostra biologia più profonda, che tendiamo a riprodurre nelle grandi e piccole cose, anche a livello di comfort, dai divani, alle piscine riscaldate. Potrebbe essere proprio questa la strada da seguire per spiegarsi l’irrigidimento delle posizioni di chi si oppone all’aborto che si avverano proprio quando peggiorano in parallelo le condizioni materiali di vita.

Tuttavia è su un solo punto che confesso di non avere risposte adeguate e che interroga  soprattutto chi vorrebbe modificare lo stato di cose presenti. Il controllo delle nascite intacca, in verità, la famiglia delle classi popolari e crea le basi migliori per quella mono-cellulare; i figli, oggi, costano e farne troppi spezzerebbe la catena dei consumi. La famiglia con 0 o 1 figli è quella che regge meglio il meccanismo della produzione per il consumo. La domanda, quindi, è: come si fa a combattere il sistema di cose presenti dal momento che lo si alimenta sistematicamente?

** Se puoi sostenere il mio lavoro, comprami un libro **

Be the first to comment on "Due parole sull’aborto."

Leave a comment