C’era una volta la Lega, “partito operaio”.

Raduno_Lega_Nord_a_Pontida_2011
Raduno_Lega_Nord_a_Pontida_2011

Nel corso del tempo, da più parti, si sono pubblicate inchieste giornalistiche, ricerche sociologiche, affermazioni (anche da parte del PD) sulla connessione tra Lega e classe lavoratrice. Si è affermato il luogo comune “Lega espressione del mondo operaio e popolare del Nord”.

Si è detto che la Lega sarebbe il più grande partito operaio italiano.

Queste considerazioni sono usate per rendere, al tempo stesso, più leggera ed accettabile la linea politica e le costruzioni ideologiche della Lega in quanto organismo politico.

Dall’altro lato ci si astiene dall’attaccare fino in fondo quel partito proprio perché rappresentante dei ceti popolari settentrionali che sembra debbano godere di una particolare comprensione. Ci stancheremo mai di regalare dignità ai razzisti ed ai fascisti con la scusa dell’oppressione che subisce la classe lavoratrice? Si, proprio la miserabile, povera classe lavoratrice. Questa classe di derelitti oppressi nella propria nazione dai politicamente corretti ed istruiti membri delle classi medie e (a bassa voce, prego) dai presuntuosi e barbarici immigrati.

Non importa quante malefatte abbiano compiuto i leghisti, magari assieme ai loro amichetti di Forza Nuova e nemmeno le loro dichiarazioni agiografiche su Breivik; ci sarà sempre qualcuno pronto a dare credito e simpatia alle loro “primitive” ed “innate” intemperanze. Anche a sinistra.

A corollario di ciò, ci è stato spesso rimproverato che l’opposizione alla Lega è un comportamento da ricchi, da “sinistra radical-chic” e, magari, per sovrapprezzo, motivata da odio e pregiudizio di classe.

Tutto ciò ci è stato detto da reazionari islamofobi che, magari prendendo a prestito alcune parti del pensiero di sinistra (opportunamente depurato da qualsiasi detonante critico) hanno pure avuto il coraggio di dirci che lo scontro era, in realtà, tra classe media (sinistrorsa) e proletariato. Inoltre, per corroborare il loro delirio, hanno chiamato in causa i centri sociali attribuendo loro un percorso di violenze (ma non un attivismo politico-sociale) come contraltare e silenziatore delle azioni del versante opposto, mentre si sa che i centri sociali sono ormai le uniche barriere alla misoginia, alla xenofobia, al fascismo e alla distruzione delle culture altre.

Ma torniamo alla Lega “partito operaio”, perché dietro questa stronzata c’è qualche interessante considerazione da fare.

Intanto, dovremmo chiedere alla Lega “operaia”: come mai avrebbe lasciato fuori dalle proprie file gran parte delle altre componenti sociali, peraltro considerate maggioritarie nella struttura sociale italiana (ricordate la “scomparsa della classe operaia”)? Poi, per inciso, qualsiasi organizzazione che aspiri ad avere un qualche successo politico, deve sviluppare una forma di sostegno da parte operaia. E’ impossibile costruire un’organizzazione che escluda totalmente la classe lavoratrice. Tutti i partiti in Italia hanno una parte del loro elettorato composto di lavoratori. Dai partiti più conservatori a quelli più a sinistra. Questo, però, non ne fa delle organizzazioni della classe lavoratrice.

Inoltre, la Lega, come tutte le altre organizzazioni della destra, non si identifica in termini di classe; non di meno il suo (e loro) linguaggio ha a che fare con l’identificazione di classe. Sono, invece, molto sensibili alle piccole differenziazioni gerarchiche, in particolar modo in quelle per cui sono superiori ai loro vicini.

Ancora; tendono ad essere dei votanti senza motivazione di classe e non gente che votava per la sinistra ed ora in uscita dalla stessa per un qualche nebuloso progetto di “fascismo proletario”; sono elettori tradizionali della destra che saltano da un partito all’altro di quel settore politico. Ciò dimostra che gli elettori della Lega, la sua base “operaia “, generalmente non sono la parte più povera della classe lavoratrice, ma piuttosto si concentrano nella parte più elegante delle città e delle proprietà immobiliari.

Ancora, l’acquisizione di un sostegno operaio da parte della Lega è recente. Come già dimostrato essa ha iniziato con un ampio elettorato di classe media degli strati più bassi per poi espandersi nelle aree della classe lavoratrice.

Perciò, ne consegue che nessuno di coloro che identificano la Lega come un “partito operaio” lo fa sulla base di prove. Come possono, allora, costoro definire la Lega partito “operaio”? Molte dichiarazioni, anche da sinistra, incentrate sulla sottolineatura degli aspetti “folcloristici” di quel partito lo lasciano intuire. Ma, sanno costoro, veramente, a quali classi sociali i leghisti appartengono, in quali condomini vivono e con chi li condividono? Sanno veramente qual è la base di classe del leghismo?

Quelli che affermano la base operaia della Lega, guardano con naturalezza allo sporco, alla plebaglia, alla feccia e pensano “questo è quello che gli operai sono”? Se così è, lo snobismo è interamente sulla loro sponda.

Postfazione.

C’è una considerazione di classe implicita in quest’ultimo argomento che non ha nulla a che fare con la classe in quanto categoria politica ed economica. Non è neanche il vecchio modello di cultura dello status che regge le classificazioni statistiche ufficiali. E’ una chimera, un modello di classe puramente sentimentale e pseudo-etnico in cui una persona appartenente alla classe lavoratrice viene definita per mezzo degli abiti e degli aspetti esteriori, attributi che si escogitano per la comodità di etichettare, ma che da sé stessi non producono intuizioni sociologiche. E’ un oggetto di nostalgia e malinconia, il “deus ex machina” della polemica reazionaria che non coincide strettamente con ciò che veramente la classe lavoratrice oggi vive e su come si riproduce. Quella classe lavoratrice, la “vera classe lavoratrice del giorno d’oggi”, tanto per usare un termine migliore di altri, ha in essa degli antifascisti e degli antirazzisti, gente di sinistra e sindacalisti. E studenti, autodidatti e altri tipi di persone istruite. E gente che si veste bene. Una volta chiarito questo, l’identificazione della classe lavoratrice come la casa naturale dell’estrema destra non può che apparire come una calunnia ed il parlare della classe operaia leghista una furba bassezza contro la reale classe operaia che resiste ostinatamente a tutte le codificazioni.

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