Dove va la Cina?

Canton, Cina
Canton, Cina

Nessuno sa dove va la Cina, perché i numeri della Cina nessuno li sa, nemmeno i cinesi. Le statistiche, quando ci sono, sono assai approssimative e inaffidabili. Un pò per calcolo, un pò per cultura, un pò per impossibilità di controllare veramente un paese così grande.

L’esperimento cinese  è così fuori dai canoni che è impossibile analizzarlo con le classiche, tipiche categorie di pensiero finora adottate. Si tratta di un fenomeno talmente atipico che non vi si può applicare alcuno strumento di analisi classica.

Trentacinque anni con una crescita a più del 10% annuo, sono un fatto straordinario, per cui la frenata degli ultimi anni non è nulla di drammatico, per la Cina stessa.

Va detto che la Cina, oggi, è la prima economia al mondo, sia a livello di parità di potere d’acquisto che a livello monetario.

La Cina è un gran compratore, più grande degli USA: la prima compra e vende moltissimo, più degli USA. L’import-export è al 40% del suo PIL. Ed è questo ad avere un impatto enorme su tutti i paesi che producono materie prime. Quindi su Africa, Sudamerica, resto dell’Asia e Russia, mentre non per l’Occidente che non è stato trainato dalla crescita cinese e non è propriamente un produttore di materie prime. Noi soffriamo di uno sbilancio nei confronti della Cina, compriamo di più di quello che vendiamo. Col rallentamento della Cina sono entrati in crisi anche i paesi emergenti che rappresentano un 40% dell’economia mondiale. Questo ha ridotto la crescita mondiale.

Il rallentamento della Cina ci ha dato un risultato certamente positivo: il dimezzamento del prezzo del petrolio. Proprio grazie alla riduzione relativa di domanda di energia da parte del gigante asiatico, abbiamo avuto delle ripercussioni planetarie molto ampie, con un restringimento del mercato ed un raffreddamento dei prezzi. Le preoccupazioni, soprattutto tedesche, del rallentamento cinese, hanno fatto abbassare anche i tassi d’interesse.

Abbassamento dei prezzi delle materie prime, quantitative easing europeo, l’eccesso di offerta industriale nel mondo, grazie alla Cina, hanno portato un’ondata deflattiva che non finirà prestissimo. Tutte queste cose hanno stimolato, lievemente, l’economia europea. Siamo chiari: un dito che si muove in un corpo addormentato.

Quindi, la Cina continuerà sicuramente a muoversi verso uno sviluppo del tutto originale, non necessariamente equiparabile a nostro capitalismo, anzi, e a ritagliarsi uno spazio di manovra tutto suo e fuori dal controllo sia dell’Occidente che della comunità internazionale.

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