Natura, Umanità, Ambiente-Il profilo filosofico.

Il profilo filosofico
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di Sergio Mauri

Per Aristotele “la natura è la sostanza di quelle cose che hanno un principio di movimento in sé stesse”[1]. Per lo Stagirita che con gli Stoici aveva in comune una visione improntata al vitalismo teleologico, prevale il momento diacronico della crescita, negli Stoici quello sincronico. Già in Platone l’impostazione era teleologica, la natura tendeva al bene attraverso un continuo miglioramento. La natura è regno della molteplicità sensibile e mutevole ed è una realtà distinta dalla realtà delle idee dove risiede l’essenza universale e intelligibile.

Atomisti ed Epicurei hanno una visione della natura di tipo meccanicistico e materialista. I Sofisti vedono nella natura la spontaneità degli impulsi in contrapposizione alle leggi. Socrate non si occupa di natura, preferisce occuparsi di uomini. I Cinici propongono un ideale di vita secondo natura.

Con i Neoplatonici vi è un radicale mutamento nella concezione della natura. Plotino considera la materia come degradazione, un non essere, e la natura come l’anima nella sua forma inferiore poiché rivolta a quel non essere. Questa concezione svaluta la realtà sensibile, materiale, rispetto a Dio. Ciò deriva da Platone, la cui necessità di risolvere il problema della conoscenza aveva fatto si che fossero espulse dal suo ambito le sensazioni corporee non affidabili ai fini della conoscenza oggettiva e procedere per idee, numeri, regole, calcoli geometrici e matematici. L’anima (psyché) che è l’organo che lavora appunto con quei costrutti mentali che sono le idee, i numeri, le regole. Il pensiero cristiano, dalla patristica alla scolastica distingue con enfasi il creatore dal creato, l’origine da ciò che ne discende, con implicito degrado.

Tommaso concilia aristotelismo e cristianesimo e sostiene che la natura di un ente è causa finale del suo movimento che è stato riposto da Dio nelle cose. In opposizione a questa concezione abbiamo la filosofia della natura del Rinascimento con Telesio, Campanella e Bruno che riprendono motivi stoici panteistico-vitalistici che si richiamano al platonismo e ai presocratici.

La scienza moderna, rispetto a ciò, opererà un mutamento radicale. La natura allora è vista come una macchina concepita da Dio per mezzo di leggi matematiche. Questa concezione, dunque, nasce dalla fusione tra meccanicismo atomista e matematizzazione pitagorico-platonica del reale. Per Galileo il libro della natura è scritto in lingua matematica che contiene i calcoli del creatore[2].

Nasce così il metodo sperimentale che guida l’osservazione dei fenomeni naturali che permette dunque di leggere quella lingua matematica. Quindi, siamo in una fase di superamento dell’astrattismo verbalistico degli antichi, già visto da Francis Bacon. Peraltro, la sua famosa massima “alla natura si comanda solo obbedendole” contenuta in Pensieri e conclusioni sulla interpretazione della natura o sulla scienza operativa, presuppone un adeguamento alle leggi della natura pur con l’obiettivo di controllarla e impossessarsene.

Questa concezione meccanicistica si estende a tutto il campo filosofico, da Hobbes agli illuministi, agli empiristi, fino a Hume, lo scettico, che negherà le leggi naturali necessarie sostituendole con regolarità empirico-fattuali, passando per Cartesio, Spinoza (noumeno geometrico), Leibniz (con qualche correzione che richiama Dio e la visione teleologica. Anche Kant è su questa linea, che per natura intende la totalità dei fenomeni connessi e necessari secondo causa. Per Kant che giustifica filosoficamente Newton, le scienze naturali scoprono l’ordine causale a posteriori e opera una distinzione tra natura come “cosa in sé” e natura come fenomeno oggetto di esperienza determinata a priori dalle categorie dell’intelletto dell’uomo.

A questo approccio che abbiamo definito come meccanicismo si oppone la filosofia romantica riprendendo motivi neoplatonici e spiritualistici, come in Rousseau che teorizza “un ritorno alla natura”. Con Schelling si ha un’ulteriore svolta, con la distinzione tra filosofia della natura e scienze naturali. La natura partecipa all’Assoluto, parallelamente allo Spirito e nella sua progressiva strutturazione verso la complessità giunge all’autocoscienza spirituale. Per Hegel, riprendendo il Neoplatonismo, la natura è cieca necessità e mera accidentalità, ripete l’ordine del concetto in modo imperfetto ed esteriore, da sé stesso determinato ed è la piena libertà dello Spirito.

In opposizione alla proposta della scienza ciò che abbiamo, tra Otto e Novecento, è da una parte la contrapposizione della natura allo spirito e un ritorno al vitalismo. In Schopenhauer, infatti, abbiamo la contrapposizione tra apparenza (natura) e sostanza (volontà). In Bergson la natura è un prodotto dello “slancio vitale” e di un’”evoluzione creatrice”. Dilthey e i neokantiani si pongono tra l’accettazione delle meccaniche regolatrici del mondo naturale e l’esistenza di una sfera dell’uomo in cui vigono principi diversi e irriducibili alle leggi di natura, poiché queste ultime sono indifferenti ai valori.

La tendenza negli ultimi decenni è stata quella della estensione del metodo empirico, in direzione di una matematizzazione di tutto il mondo umano. Da Darwin alla sociologia e alle discipline umanistiche vi è stato un riferirsi sempre più chiaro al modello rigoroso della scienza fisico-matematica, al netto dello sviluppo di nuovi campi di ricerca da una parte e della teoria dell’indeterminismo di Heisenberg dall’altra. Con ciò si è sostanzialmente chiusa una riflessione filosofica autonoma sulla natura.

Per quanto riguarda l’ambiente, già Ippocrate ne parlava, includendovi il clima, teorizzando che quest’ultimo determinasse in vario modo i temperamenti umani. Montesquieu nello Spirito delle leggi sosteneva che il dispotismo politico e la schiavitù fossero inevitabili nei climi torridi, mentre monarchia e repubblica siano possibili nei climi temperati. Lamarck, in sede biologica, fondava la sua teoria evoluzionistica proprio sulla determinante dell’ambiente naturale. Prevarrà poi la teoria darwiniana. L’ambiente naturale, per l’uomo, sarebbe per alcuni, come Helvetius[3], quella della sua cultura, mentre per Heidegger sarebbe quello delle relazioni complessive, psico-fisiche, dell’um-welt. La definizione che ne potremmo dare oggi è quella di un insieme di condizioni che influiscono sulla vita degli individui in relazione al piano fisico-naturale, biologico, psicologico, eccetera.

Per quanto concerne più specificamente il clima, esso è un insieme di processi, come ci ricorda Franco Farinelli[4] e quando ne parliamo dovremmo riuscire a porci ben oltre la logica binaria cui siamo stati costretti sia per la nostra struttura di esseri umani, sia dal nostro istinto di sopravvivenza che di quella struttura è parte. Quindi, processi e non stati e condizioni; processi in continua evoluzione. Processi che, di per sé, non dipendono unicamente da noi, ma certamente ne sono influenzati.


[1] Aristotele, Metafisica, Libro V.

[2] Galilei Galileo, Il Saggiatore, capitolo VI.

[3] Helvetius, Dello Spirito.

[4] Crisi climatica. Il futuro è adesso, URL: https://www.youtube.com/watch?v=_3v4SlIfMf0, consultato il 15/02/2023.
Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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