Origini dello Stato moderno-1.

Stato, Sovranità, Giusnaturalismo.
Origini dello Stato moderno, Stato, Sovranità, Giusnaturalismo, Jean Bodin, Sei libri della Repubblica, Locke, Grozio, Hobbes, Cartesio, Newton, Galilei, Hume,

di Sergio Mauri

Ancor oggi è da Hobbes e Locke che dipende la concezione giuridico-politica, perlomeno quella dominante. Il superamento delle monarchie assolute si è avuto con l’istituzione delle monarchie parlamentari e poi con le democrazie liberali parlamentari. La continuità nella contrapposizione è pur vera. Ma è vera contrapposizione come descritta dal Todescan[1]? Prima di ciò andrebbe esaminata la modernità giuridica, come necessità di regolamentare i rapporti sociali. Si dice che con la Pace di Vestfalia (due trattati di pace in verità, Münster e Osnabrück) finiscono le guerre di religione. Con la loro fine si teorizza la separazione tra diritto e morale. La modernità politica si caratterizza per la loro netta separazione. La loro separazione è contemporaneamente nascita dello Stato moderno, ma non si capisce cosa c’entri. Sembrerebbe che la Guerra dei Trent’anni fosse stata determinata dalla commistione diritto-morale. Lo Stato moderno si caratterizza per la fondazione del diritto su basi mondane e non più ultramondane. Lo Stato moderno si fonda sulla forza ed emerge un nuovo elemento di questo ente, quello di essere sovrano, cioè sopra ogni altra cosa. Assume dunque sembianze nuove nel panorama politico-giuridico occidentale, arrogandosi il diritto di comandare in prima persona, di far ciò che (si) vuole, ovvero legibus-solutis (vedi Ulpiano), ciò che si vuole che non sia pregiudicato dalla forza che esso stesso promana. La rottura col passato è netta, tanto che alcuni autori dicono che il sostantivo Stato che noi usiamo abbastanza largamente (Stato romano, Stato della Chiesa, Stato francese, spagnolo, eccetera) sia di un uso improprio. Lo Stato andrebbe a indicare la formazione giuridico-politica post-pace di Vestfalia. Andrebbe sempre scritto in maiuscolo, altrimenti si confonderebbe con lo “stato di cose”, ma da quest’ultima accezione meramente descrittiva, senza termine di lavoro. Tuttavia, quando lo usiamo con la S maiuscola eccone l’uso prescrittivo, dove emergono un elemento sociologico, uno politico e uno giuridico. In mancanza di tutti e tre gli elementi non possiamo parlare di Stato. Questo per non dar adito ad ambiguità. Che cosa caratterizza lo Stato nato dopo la Pace di Vestfalia?

1) La pretesa di accentrare in sé la produzione giuridica; non c’è diritto e non vi è nemmeno il giusto e l’ingiusto al di fuori dello Stato. Prima avevamo una pluralità di fonti giuridiche, di diritto, concatenate fra loro, pluralità di fonti e regolamentazioni particolari. Le fonti non hanno una gerarchia, sono intrecciate fra loro e sono entità autonome. L’unica eccezione potrebbe essere il Papa e lo è perché è ponte fra sovrano (Dio) e il mondo. Tutto ciò è scalfito dallo Stato.

2) Vi è un rapporto diretto tra Stato e suddito/cittadino. Questo fa il paio con l’idea dell’uguaglianza che si è fatta strada a Occidente e si affianca all’individualismo.

3) Apparato burocratico professionale, la Pubblica Amministrazione, che veicola nella società i comandi che arrivano dal vertice.

La modernità giuridico-politica dà vita a un ente pubblico mai prima toccato con mano nella nostra storia. Lo Stato è il monopolista che controlla la vita sociale. Presuppone l’uguaglianza dei sottoposti per poterli trattare tutti allo stesso modo. Mai nulla del genere si è visto in Occidente. A Oriente abbiamo i Sultani, con un grande apparato burocratico visto l’enorme impero; Sultani che sono anche Califfi, i quali assieme ai giuristi verificano la conformità delle leggi emanate con l’Islam. Per quanto riguarda noi, tuttavia, tutto questo è un’assoluta novità. Ma nel 1648 il mondo occidentale è devastato. Nel XVII secolo abbiamo anche un’altra novità oltre Grozio, Hobbes, Locke, i contrattualisti: se non ci fosse stata la rivoluzione scientifica con Galileo, Cartesio, Copernico, è dubbio che Hobbes e Locke avrebbero potuto costruire la loro teoria. Abbiamo dunque la “laicizzazione” del sapere e della politica. I contrattualisti-giusnaturalisti moderni hanno in comune lo stesso metodo ipotetico-deduttivo delle scienze naturali. Quindi, in quel periodo, nasce lo Stato e la scienza giuridica. Così come lo scienziato pone ordine in ciò che gli ha lasciato in eredità il passato, anche il mondo giuridico deve fare scienza, per dominare, usare la realtà. Controllare, prevedere la realtà stessa, quindi, controllo sociale.


[1] Franco Todescan, Compendio di Storia della Filosofia del Diritto, CEDAM, 2013.

Sergio Mauri
Autore: Sergio Mauri, Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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