Heidegger-Fenomenologia e teologia.

Fenomenologia e teologia-Heidegger-1928
Fenomenologia e teologia-Heidegger-1928, henri etienne, enricus stefanus, segnavia 1928,

di Sergio Mauri

Fenomenologia e teologia, Heidegger, 1928, da Segnavia.

Scienza è togliere il velo, lo scoprire che fonda un ambito in sé conchiuso dell’ente. La fisica fonda l’ambito sotto i riguardi della fisica e non della chimica. Ogni scienza fonda un determinato ambito dell’ente nella sua totalità. Dell’ente o dell’essere, dice Heidegger, perché ci fa rientrare la filosofia. Il compito di svelare è intrinseco all’uomo. Ogni ambito di oggetti ha un proprio modo di svelamento. Due sono le possibili scienze: scienza degli enti à ontica, scienza dell’essere à ontologica. Le scienze ontiche hanno per oggetto un ente dato. Le chiamiamo scienze positive da positum, cioè posto, già dato. Continuità tra atteggiamento quotidiano e atteggiamento scientifico, il percorso che fanno rivolgendosi all’ente è in continuità con l’atteggiamento prescientifico. La scienza dell’essere ha bisogno di un capovolgimento dello sguardo rivolto all’ente.

Il capovolgimento è il salto. Tra le scienze positive vi è una differenza relativa all’oggetto di cui si occupa. La filosofia si distingue dalle scienze positive in modo assoluto. La teologia è scienza relativa e si distingue in modo assoluto dalla filosofia. Vi è più affinità tra teologia e matematica che tra queste e la filosofia.

La dottrina platonica della verità. Nelle prime cinque righe già si dice che le scienze sono una cosa, la filosofia è un’altra cosa. Per Heidegger, tuttavia, la filosofia non è necessariamente superiore, non le attribuisce un valore di superiorità. Le conoscenze scientifiche sono espresse in proposizioni e vengono prospettate come risultati tangibili, utilizzabili dall’uomo. La dottrina di un pensatore invece non viene espressa in proposizioni. Non è qualcosa di tangibile pronto per essere utilizzato, perché il fare filosofia comporta altre modalità rispetto alla produzione scientifica. Affinché ci prodighiamo per approfondirlo. Siamo dunque sulle tracce del non detto di Platone. Partendo dal ripensare ciò che ha detto. È un compito che non si limita ad acquisire un determinato pensiero. Ci induce a ripensare un qualche cosa di non detto in direzione di un qualcosa che è stato detto.

 Non possiamo discutere tutti i dialoghi di Platone e allora seguiamo un’altra strada. Ciò che vi rimane di non detto in relazione alla determinazione dell’essenza della verità è la svolta.

Molti sostengono che nel mito della caverna c’è tutto Platone, ma è difficile sostenerlo. Comunque, è una posizione accreditata.

Il non detto di Platone non riguarda le idee, il bene, la polis, il mondo iperuranio, la creazione del mondo. No. Ciò che rimane di non detto è la svolta ed è la determinazione dell’essenza della verità.

Proposte provocatorie di Socrate contenute nella Repubblica: azzerare le famiglie, governo dei filosofi, arruolamento di donne tra i filarchos. I filosofi devono occuparsi di governare perché non sono interessati a farlo.

La numerazione bibliografica del riferimento a Platone nel testo di Heidegger è di Henri Etienne (poi latinizzato in Enricus Stefanus).

Ritornando al non-detto, il rischio è quello di attribuire a un autore ciò che non voleva dire. Per evitare questo si fa allora un lavoro filologico, storiografico.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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