I manipolatori della pazzia-Thomas Szasz.

I manipolatori della pazzia-Thomas Szasz
I manipolatori della pazzia-Thomas Szasz, thomas szasz, antipsichiatria americana, manipolazione della malattia mentale, esiste la malattia mentale?, Psichiatria, dialettica, ideologia, culturologia, movimento salute mentale, inquisizione, malattia mentale e stregoneria, Psichiatria, etica sociale, costituzionalistica, Patologia sociale e familiare, violenza, discriminazione, segregazione istituzionale, mactus vittima sacrificale, capro espiatorio, benjamin rush, eresia e malattia mentale, Nouvelle Rhétorique, Henry Sigerist, Malleus Maleficarum, Michel Foucault, età della pazzia, età della stregoneria, Gregory Zilboorg, strega benefica, strega malefica, Questione del comportamento omosessuale, la follia masturbatoria, Il medico come funzionario sanitario dello Stato, sacrificio rené girard, anacronismo, rené girard,

di Sergio Mauri

Note biografiche sull’autore.

Szasz Thomas Stephen, (Budapest 1920-), psichiatra e psicoanalista statunitense. Si laurea in medicina a Cincinnati nel 1944 e completa la formazione medica in psichiatria e neurologia a Chicago. Esercita la professione in diversi ospedali. Politicamente attivo nel movimento antipsichiatrico[1] degli anni Sessanta-Settanta ha cercato, in base a una critica al modello psichiatrico tradizionale, di ridefinire la nozione di follia in nome dei diritti personali contro le spinte autoritarie della psichiatria tradizionale. Tale critica si estende anche alla psicoanalisi che egli accusa di essere una pratica non-scientifica e pseudoreligiosa nonché a quelle forme socialmente repressive che si nascondono sotto la pretesa tutela della salute pubblica. Szasz scrive del doppio binario attraverso cui si tratta la pazzia: per segregare il “pazzo”, ma anche per attenuarne la responsabilità. Forse anche la nostra, come comunità? Il matto e l’omosessuale come capri espiatori. Qui allora dobbiamo introdurre la questione del sacrificio che Szasz fa nel capitolo XIV che serve a ristabilire un ordine sociale e sfogare la violenza come tratto antropologico imprescindibile.


[1] L’antipsichiatria è una corrente di pensiero sorta all’interno della psichiatria e delle psicoanalisi europee e nordamericane negli anni Sessanta come critica al concetto di malattia mentale e delle forme di trattamento dei malati (manicomi, terapie farmacologiche, normalizzazione della devianza). Essa non nega l’esistenza di stati di disagio e sofferenza psicologica, ma afferma che nella grande maggioranza dei casi non si tratta di malattie organiche, disfunzioni o disturbi, ma di condizionamenti psicologici e ambientali o il frutto di contraddizioni sociali. Principali esponenti: Szasz (USA), Guattari (F), Laing e Cooper (GB), Basaglia (I). Nell’antipsichiatria è fondamentale la denuncia dei presupposti ideologici con cui si tratta la malattia mentale. Nella ricontestualizzazione collettiva della follia l’antipsichiatria raggiunge il suo vertice e il suo limite teorico: estendendo i suoi confini la malattia mentale si dissolve come problema specifico.

Da qui in poi, i corsivi sono miei, l’altro testo è riportato dal libro di Szasz.

Chiavi di lettura dalla prefazione.

Il titolo è forse tratto da un contenuto di un testo di J. Reid (De Insania) del 1789. L’idea è quella di stabilire un parallelo storico tra Inquisizione e Movimento per la Salute Mentale di oggi è forse tratta dagli scritti di J. Perceval (1830) ed E. P. W. Packard (1860). Nel volume Szasz sviluppa alcune tesi già di G. Zilboorg. È uno studio storico-comparativo fondato sull’urgenza della revisione della filosofia della storia psichiatrica. Il saggio  è di critica sociale e si innesta alla crisi che le istituzioni garanti delle libertà individuali stanno attraversando in Occidente ed è anche crisi di disumanizzazione. È anche un testo che si occupa delle responsabilità degli uomini di scienza (lezione di Oppenheimer, ma soprattutto di Rotblat). Tecnologie psichiatriche come facilitatrici del processo di massificazione emozionale e mistificazione psicologica.

Postulato centrale in Szasz: sia nell’Inquisizione sia nell’attuale Movimento per la Salute Mentale prevalgono presupposti stilistici e mentalistici. Psicologia della diffidenza, accusa e persecuzione.

Paradigma (Kuhn e Blumenberg) e struttura, entrambi nei due casi comparati, anche se pure Beluffi dice che potremmo anche dissentire con quella lettura, con quella ricerca di analogie (importanti nell’ermeneutica storica). La struttura inquisitoriale (L. Goldmann) è replicabile o replicata nell’attuale struttura del MSM? Nella spiegazione comparativistica di Szasz c’è troppo soggettivismo? In Szasz abbiamo la proposta di considerare il problema sotto il profilo metabletico[1] (Van den Berg) della allologia (in senso fenomenologico) e dell’alienologia: come nella nostra storia culturale certi noi sono diventati altri o alieni. Si può estendere il campo di studio tra psichiatria e patografia culturale (G. Rosen). 

Psichiatria, dialettica, ideologia, culturologia.

Il saggio è fondato su presupposti dinamici particolari, vale a dire sui fondamenti di una vera e propria dialettica illuministica. La dialettica di Szasz si riferisce essenzialmente allo studio della relazione oppressore-oppresso, ovvero del tiranno e degli schiavi, o del padrone e dei servi. Apparentemente essa non si diversifica molto dalla dialettica hegeliana del padrone e del servo o da quella marxista dello sfruttatore e dello sfruttato. Si tratta di una dialettica derivata a Szasz dalle sue prevalenti esperienze ed inclinazioni culturali logico-analitiche, di derivazione russelliana ed oxoniense (cioè, della città di Oxford). Sui limiti di questa dialettica illuministica, come si sa, sono state avanzate osservazioni assai severe a suo tempo per bocca di Horkheimer e Adorno. In base ad esse è facile intendere quali siano le fatali aporie di tutte le operazioni culturali che ad una siffatta dialettica più o meno direttamente si richiamano o si ispirano. È stato scritto ben a ragione che “i pensatori più coerenti non rifuggono dall’individuare nell’Illuminismo stesso le radici del terreno totalitario” e che l’”irratio presente nella razionalità borghese è fonte permanente di sempre nuove forme di barbarie.”

In questa prospettiva è fatale che tutta la modellistica valutativa del rapporto Sé-Altro sia considerata secondo prospettive ora pre-dialettiche ora meta-dialettiche. In effetti sembra di notare – nello sviluppo del pensiero di Szasz – una specie di salto storico che avviene quando egli passa ad utilizzare la modellistica propria dell’esistenzialismo sartriano e camusiano. dopo aver impostato le basi del suo lavoro su premesse di tipo illuministico.

Inquisizione e MSM sono prototipi di ideologie di massa.

Secondo la tesi esposta da Szasz, se esattamente ho inteso, l’individuazione delle cosiddette cause sarebbe addirittura operata dagli psichiatri in rapporto ad una pregiudiziale e condannabile la loro aspirazione all’interventismo ad oltranza, interventismo che non potrebbe essere altrimenti definito che come una sorta di ben censurabile vocazione bellicistica. G. Anders nel suo famoso saggio ci dimostrò perentoriamente infatti che in questa nostra civiltà, votata ad una sorta di evoluzione antidromica[2] della vita morale, oramai, e senza più speranza, “i mezzi giustificano i fini.”

Szasz non ha affrontato esplicitamente, inoltre, la questione dei rapporti intercorrenti tra i substrati magico-psicologici popolari, le reazioni psicotiche collettive e le manipolazioni operate in proposito da parte di talune minoranze oligarchiche.

Szasz si richiama più di una volta al noto saggio di Foucault riguardante la storia della follia nell’età moderna, ma – e lo si capisce anche troppo bene – senza recepire sintonicamente la prospettiva interpretativa del fenomenologo e strutturalista francese. L’approccio al problema della magia e della follia, infatti, richiede il superamento di talune idiosincrasie metodologiche che sono il patrimonio di ogni visione intrinsecamente illuministica. Nessuno forse più degli Illuministi è riuscito a misconoscere l’esatta sostanza del problema della follia e della magia. E quando gli Illuministi si sono avvicinati di più a questo settore, come ben è stato detto, hanno finito per produrre semplicemente un Sade.

D’altra parte, prete e medico in origine furono una persona sola e tale proto-identità tende sempre a riprodursi nella storia delle culture. Essa è collegata all’ambiguità simbolica di quel particolare “bonum” che tanto il prete quanto il medico debbono assicurare ex officio ai singoli ed ai gruppi cui essi attendono e sovraintendono: la salute! Al prete ed al medico si affianca in seguito il politico (si rammenti il romano imperativo: salus populi suprema lex esto!) il quale (politico) esso pure ambisce a realizzare con progetti ed opere una sua particolare forma del bene e della salute collettiva … È fatale perciò, come si vede, che tra il prete, lo psichiatra ed il politico si vengano a stabilire delle alleanze precostituite dal comune intendimento di tutti costoro di agire positivamente sulla salute collettiva.

Comprendere anche la genesi di taluni ruoli (per così dire) misti venutisi a configurare in questi ultimi lustri e nei quali non è facile distinguere più il prete dallo psicologo, il moralista dallo psichiatra, il confessore dallo psicoterapeuta e così via. Siffatta sovrapposizione dei ruoli, forse, non è ben cognita nei Paesi anglosassoni, mentre si presenta nei Paesi di lingua latina, sia europei che americani, con una frequenza non troppo sorprendente. Tali sovrapposizioni di ruoli sono più frequenti nelle comunità che hanno svolto o subito in passato una certa tradizione missionaria (cattolica) o quasi-missionaria. Non è poi infrequente che in certi Ordini religiosi, alcuni membri appartenenti all’ordine stesso assumano degli atteggiamenti nei quali la duplicazione del ruolo di prete, da un lato, e di psichiatra dall’altro, suscita ed alimenta conflitti teologici non indifferenti.

Bisogna ricordare che, qui in Europa, una notevole parte dello sviluppo storico della psichiatria istituzionale trova il suo substrato all’interno di strutture caritativo-assistenziali religiose o para-religiose. Esse vennero progettate ed organizzate fin dagli scorsi secoli sotto forma di Ospizi gestiti da taluni Ordini religiosi. Tali organizzazioni para-monastiche (che svolgevano e svolgono ancor oggi, sul piano mondiale, imponenti programmi di tipo psichiatrico) sorsero, specialmente in Spagna, in circostanze storiche non molto lontane da quelle in cui presero forma le speculazioni di Sprenger e Kraemer.

Psichiatria, etica sociale, costituzionalistica.

Connessa alla questione dell’origine e delle vicende del male nella storia dell’umanità è anche quella del peccato originale, labe (macchia) questa che, in modo più o meno patente, viene spesso posta in rapporto con la genesi della malattia mentale. Anche nella genesi della malattia mentale, infatti, si ipotizza una certa macula originaria, non importa poi se questa venga intesa in senso genetico (trasmissibilità delle malattie mentali attraverso un seme debole e malato) ovvero in senso evolutivo-individuale (esperienze primarie viziate e condannabili).

Lo strangolamento è intervento che produce la morte attraverso la provocata cessazione (per via meccanica) del flusso respiratorio a livello delle vie aeree superiori. Non è priva di significato la circostanza – assai suggestiva – che gran parte delle manifestazioni dell’angoscia somatizzata (vedi il caso degli “isterici di conversione” vale a dire degli attuali portatori del “maleficio” psicosomatizzato) vengano riferite dai pazienti proprio ad un analogo livello di localizzazione: non infrequentemente ancora oggi l’isterico lamenta infatti di sentirsi soffocato e strangolato.

Le annotazioni di Szasz mettono in rilievo due punti: a) il difetto di qualsivoglia scrupolo o ritegno nello svolgimento della politica propagandistica perseguita in USA dalle organizzazioni psico-igienistiche e da quelle della cosiddetta “psichiatria comunitaria”; b) il pericolo che da ciò deriva alla collettività nel suo insieme la quale viene assuefatta ad un tipo di propaganda psico-totalitaria.

Le prospettive di un intervento totalitario dello Stato sulla mente dei cittadini sono già state tratteggiate in modo abbastanza immaginoso da A. Huxley e G. Orwell nelle loro opere letterarie perché ci si debba stupire troppo nel leggere quanto Szasz scrive a proposito di questi pericoli. I riferimenti che Szasz fa ai modelli di azione propri del Movimento per la “Salute Mentale” ci fanno opinare che i tempi siano ormai maturi per paventare come imminente l’avvento del Moloch psicoprofilattico.

L’esplorazione psicoigienistica non si limita semplicemente a sviluppare un piano integrale di sfruttamento delle capacità produttive dei lavoratori, ma tende invece verso sistematici ed ancor più generali – e per questo ancora più pericolosi – interventi discriminatori tra i vari gruppi della comunità prefigurando cosi la costituzione di nuovi potenziali ghetti psicologici. Nella formazione del pensiero sociale e politico di Szasz hanno grande peso, come si vede, gli interessi giuridico-costituzionali, e ciò secondo la linea della migliore tradizione radicale americana.

Patologia sociale e familiare, violenza, discriminazione, segregazione istituzionale.

Mentre gli ideali di libertà e di eguaglianza hanno trovato varie possibilità di realizzazione rivoluzionaria nel corso di questi ultimi due secoli, l’ideale di fraternità non ha trovato alcuna traduzione nel costume delle democrazie occidentali se non nella forma attenuata – pur sempre preziosa – della tolleranza. Incapacità di tollerare l’idea di diversità. Concetto di tolleranza repressiva di Marcuse.

Invalidazione economica del malato mentale (e della sua famiglia). Parassitismo dei professionisti nei confronti dei malati. Siamo nel campo del capitalismo terapeutico privato, un capitalismo che non tiene in alcuna considerazione umana l’oggetto delle sue operazioni, se non agli effetti della correlativa strumentalità, produttiva di deplorevoli speculazioni economiche. La trasformazione dell’Uomo in “oggetto” è uno dei modi classici di realizzarsi del processo di alienazione. A questo concetto di alienazione sembra che Szasz si avvicini molto.

Lo psichiatra libera nel contesto di tali operazioni una enorme carica distruttiva che egli trasferisce sul paziente, proprio attraverso gli strumenti della professionale sua semica stigmatica. Tale semica si realizza attraverso il pretestuoso intervento ermeneutico che lo psichiatra viene compiendo per “interpretare” il significato rispettivamente di “malattia” o di “salute” che sarebbe caratteristico dei diversi comportamenti esibiti in varie circostanze dal cosiddetto “malato mentale.”

Tale società si avvale di lui, psichiatra, e della sua opera alienata, proprio per istituzionalizzare nella dimensione della malattia-alienazione (ed in quella della connessa reiezione) tutta una vasta gamma di soggetti (capri espiatori ovvero, in buon latino: “macti“) che essa società non vuol più accettare nel contesto delle proprie strutture produttive e consumistiche. Viene cosi, appunto, a definirsi, istituzionalmente, il ruolo del “mactus” (= “vittima sacrificale”).

Linguistica, retorica, metaforologia dell’ostracismo e della coercizione.

Il fondatore della psichiatria americana è B. Rush.

Tale storia si svolge partendo da un livello iniziale di carattere genericamente morale-descrittivo per colorirsi poi, durante due secoli di evoluzione “terapeutica” di specifiche inerenze psicologiche. Lo sviluppo di questo “linguaggio” rappresenta dunque la trasformazione di un mondo della segregazione e della dequalificazione (di ispirazione giuridico-morale) in un mondo della reiezione e della stigmatizzazione (di ispirazione psicologico-sociale).

L’obiettivo dell’efficientismo tecnico e del produttivismo industriale è quello di far propria l’assunzione secondo la quale non c’era più posto per gli “invalidi mentali.”

La psichiatria istituzionale è sempre stata costretta ad esprimersi in termini metaforici, in quanto i comportamenti umani che essa è venuta man mano qualificando non potevano (in quanto espressione del mondo protolinguistico delle emozioni) essere definiti altrimenti che attraverso l’uso dei riferimenti analogici. Il costante abuso del riferimento analogico ha indotto il linguaggio psichiatrico – durante il suo sviluppo verificatosi negli ultimi due secoli – ad un sistematico slittamento sul piano della metaforica, prima, e della metaleptica[3], poi.

La psichiatria – la quale si è apparentemente sviluppata nel corso di questi ultimi due secoli all’insegna delle norme scientifiche della logica della deduzione – non sia stata condizionata intrinsecamente, nel suo evolversi, da talune premesse funzionali peculiari invece della logica retorica dell’argomentazione. Una prospettiva di questo genere comporta naturalmente l’utilizzazione di nuovi e diversi sistemi di approccio culturale che possono essere ravvisati, eventualmente, nei due grandi filoni di “Nouvelle Rhétorique” (per l’Europa) e di “Cultural Hermeneutics” (per l’America).

Il concetto di conversione come dualismo bene e male.

Etimologia: possessio (fondazione io economico); allucinazione (abbacinamento).

Breve cenno all’antropoanalisi dell’eresia. Szasz parla molte volte dell’eresia; ma a lui è forse sfuggita in proposito una risonanza etimologica ed antropologica che a noi europei forse sfugge meno facilmente. Che significa, infatti, “diresis,, (” eresia “) se non “presa, scelta, progetto, principio, fonda- mento”? Orbene, noi sappiamo che le varie forme di “presa” sono costitutive del progetto umano originario. Coscienza e comunicazione interumana si costituiscono, cioè, in quanto “prise” e “préhension” (come direbbe H. Maldiney). Che cosa è infatti la “compréhension” se non una forma di “presa comune” sulla realtà del mondo intenzionale? Dobbiamo perciò concludere che l’àiresis è una “Grundform” (come direbbe L. Binswanger) della coscienza e che la coscienza, in quanto atto fondativo, non può essere per necessità altrimenti che “eretica.”

Chiavi di lettura secondo Szasz stesso.

In un lavoro precedente, Il mito della malattia mentale ho cercato di dimostrare come e perché il concetto di malattia mentale sia erroneo e fuorviante. Il concetto di malattia mentale è analogo a quello di stregoneria. Nel XV secolo, gli uomini credevano che alcune persone fossero streghe e che alcune azioni fossero dovute a stregoneria. Nel XX secolo, gli uomini credono che alcune persone siano malate di mente, e che alcuni atti siano dovuti a infermità mentale.

Henry Sigerist, decano della storiografia medica americana, ha scritto che “nel mutato atteggiamento verso la stregoneria, la psichiatria moderna si venne definendo come autentica disciplina medica.” Questo punto di vista è stato interpretato nel senso che le persone ritenute streghe fossero di fatto malate di mente, e che invece di venir perseguitate per eresia avrebbero dovuto essere curate per malattia mentale.

Il punto è che queste “streghe” non si scelsero il ruolo di strega, ma furono definite e trattate come tali contro la loro volontà; in breve, il ruolo fu loro attribuito. Per quanto riguardava le streghe sotto accusa, queste avrebbero scelto, se gliene fosse stata data la possibilità, di essere lasciate in pace dai detentori del potere della Chiesa e dello Stato.

Il punto è che questi malati mentali non scelgono questo ruolo; essi sono definiti e trattati come tali contro la loro volontà; in breve, il ruolo è loro attribuito.

Se la nostra intenzione è di vederci chiaro, piuttosto che di confermare i pregiudizi popolari e di giustificare le pratiche accettate, dobbiamo fare una netta distinzione fra tre classi di fenomeni connessi, ma distinti: primo, le circostanze e i comportamenti, quali la nascita di un bimbo nato-morto, o il ripudio del neonato sano da parte di una madre; secondo, le loro spiegazioni per mezzo di concetti religiosi o medici, quali la stregoneria o la malattia mentale; terzo, il loro controllo sociale, giustificato dalle spiegazioni religiose o mediche, utilizzando interventi teologici o terapeutici quali il rogo per le streghe o l’internamento coatto per i malati di mente.

Accade talvolta che alcuni asseriscano di essere malati di mente, dichiarando di provare le idee e le sensazioni caratteristiche di tali individui e proclamando apertamente la loro condizione deviante per raggiungere particolari scopi (come sfuggire al servizio militare o ad altri obblighi, o nuocere a se stessi e alla propria famiglia).

La caratteristica economica più importante della psichiatria istituzionale è che lo psichiatra istituzionale è un impiegato burocrate, retribuito per le sue prestazioni da un’organizzazione pubblica o privata (non dall’individuo che è il suo cliente palese); la sua caratteristica sociale più importante è l’uso della forza e dell’inganno. La caratteristica economica più importante della psichiatria contrattuale è che lo psichiatra contrattuale è un imprenditore privato, retribuito dal cliente per le sue prestazioni; la sua caratteristica sociale più importante è l’evitare la forza e l’inganno (e l’esistenza di sanzioni legali qualora ne facciano uso).

Sebbene in questo studio abbia adottato l’approccio sociologico alla devianza, ho evitato più volte possibile di chiamare “devianti” le streghe e i malati mentali.

Come questi controlli sociali, i loro concetti informatori, le forme retoriche e le precise applicazioni legali rassomiglino a quelli dell’Inquisizione, sarà dimostrato nella parte I. Nella parte II, seguiremo lo sviluppo dei metodi moderni per la fabbricazione della pazzia e mostreremo che la psichiatria istituzionale soddisfa ad un fondamentale bisogno umano: validare il Sé come buono (normale) e invalidare l’Altro come cattivo (malato di mente).

L’inquisizione esisteva ben prima della Controriforma. È dal XIII secolo che è stata usata come base per un movimento organizzato.

Per millenni, il modello gerarchico dei rapporti sociali, considerato quale traccia divina per la vita tanto sulla terra quanto in paradiso e all’inferno, apparve agli uomini quale l’unico ordinamento concepibile delle cose umane. Per ovvie ragioni psicologiche questo modello ha per l’uomo una perenne attrattiva. Questo ideale di un rapporto sociale non reciproco cominciò ad essere minato, nel XII secolo, dallo sviluppo del contratto feudale che stabilì una reciprocità di obblighi tra il signore e il suo vassallo. La difidatio o il ripudio del contratto feudale da parte del vassallo se il signore non adempiva ai suoi doveri o infrangeva il vincolo contrattuale, non si basava su nessuna teoria o dottrina sofisticata, ma si sviluppava dalla pratica feudale. Ullman sottolinea che “i principi feudali non vennero imposti alla società dall’alto, ma si svilupparono per gradi mediante un lento adeguamento alle reali esigenze sociali … La dottrina storica è giunta a riconoscere che in Occidente, il passaggio dal XII al XIII secolo fu il periodo in cui vennero gettati i semi tanto dello sviluppo costituzionale futuro quanto della posizione dell’individuo nella società … È facile oggi starsene seduti e compiacersi delle garanzie costituzionali che l’individuo possiede in quanto cittadino; ci si dimentica troppo facilmente che non fu sempre cosi e che vi fu un periodo che abbraccia la maggior parte del Medioevo, ossia circa un millennio, nel quale non vi fu nulla di simile a un cittadino …”.

Trasformazioni sociali di così vasta portata non avvengono, comunque, senza terribili sofferenze umane. I governanti, timorosi di perdere il potere raddoppiano la loro autorità; i governati, paurosi di perdere la protezione, raddoppiano la loro sottomissione. In una simile atmosfera di mutamenti e di insicurezza, governanti e governati si uniscono in uno sforzo disperato per risolvere i loro problemi; trovano un capro espiatorio, lo fanno responsabile di tutti i mali della società, e procedono a curare la società uccidendo il capro espiatorio.

Il Manuale per cacciatori di streghe è il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe).

“L’internamento in grande stile del pazzo,” come lo definisce Michel Foucault, iniziò nel XVI secolo.

La mistificazione del concetto di malattia mentale e il suo fondersi con quello di crimine sono utili oggi alla psichiatria istituzionale, proprio come la mistificazione del concetto di stregoneria e il suo fondersi con quello di veneficio erano stati utili in precedenza all’Inquisizione.

La malattia minaccia l’individuo, non la società.” Poiché quando un individuo soffre fisicamente nessun pubblico interesse esige che si facciano pressioni per sottoporlo a una diagnosi medica (come invece accade per una diagnosi di criminalità, quando è stato commesso un reato), il paziente è lasciato libero di usare o di evitare qualsiasi metodo clinico-diagnostico. Se si farà esaminare quando è necessario, oppure ritarderà o rifiuterà di farlo, le conseguenze si rifletteranno sul suo stato di salute, e quindi potrà soffrirne o no, secondo la sua volontà. È perciò ragionevole lasciargli la scelta di fare o non fare le analisi necessarie alla diagnosi del suo male.

Nell’Età della Stregoneria, la malattia era considerata o naturale o demoniaca. Poiché l’esistenza delle streghe quali correlative dei santi non poteva essere messa in dubbio (se non col rischio di incorrere nell’accusa di eresia), anche l’esistenza di malattie attribuibili ai malefici di streghe non poteva essere messa in dubbio. I medici venivano cosi immessi nelle faccende dell’Inquisizione quali esperti delle diagnosi differenziali di questi due tipi di malattie.

Nell’Età della Pazzia, la malattia è parimenti considerata o organica o psicogenica. Poiché non si può dubitare dell’esistenza della mente quale correlativa di organi del corpo (se non col rischio di incorrere in violente opposizioni), non può nemmeno essere messa in dubbio l’esistenza di malattie attribuibili al cattivo funzionamento della mente.

Gli inquisitori che combatterono e perseguitarono gli eretici agirono secondo le loro sincere credenze, cosi come gli psichiatri che combattono e perseguitano il pazzo.

Ma non possiamo condannare gli inquisitori per avere certe credenze e per tradurle in atto. E neppure possiamo condannare gli psichiatri istituzionali, né per ritenere che il non conformismo sociale è una malattia mentale, né per internare il malato mentale in un ospedale. Sino a che lo psichiatra crede sinceramente al mito della malattia mentale è costretto, dall’intrinseca logica di questa formulazione, a trattare con umanitario intento terapeutico coloro che soffrono di questa malattia, anche se i suoi “pazienti” non possono fare a meno di subire il trattamento come una forma di persecuzione.

Per concludere, ciò che definiamo psichiatria moderna e dinamica non è né un lusinghiero progresso rispetto alle superstizioni e alle pratiche della caccia alle streghe, come vorrebbero i propagandisti della psichiatria contemporanea, né una regressione dalI’umanesimo della Rinascenza e dallo spirito scientifico dell’Illuminismo, come vorrebbero i tradizionalisti romantici. In realtà, la psichiatria istituzionale è una continuazione dell’Inquisizione.

L’identità delle streghe fu stabilita mediante tre metodi principali: la confessione, l’esame di riscontro dei segni propri delle streghe, con o senza “puntura” (se urlava dopo una puntura) e la prova dell’acqua (per immersione legati).

La persecuzione delle streghe era estremamente remunerativa tanto per le autorità ecclesiastiche quanto per quelle secolari ed anche per coloro che le coadiuvavano. I beni del condannato erano confiscati e distribuiti tra i trafficanti di streghe e le loro istituzioni. In più, villaggi e città retribuivano i cacciatori di streghe in proporzione al numero di streghe scoperte.

Il malato di mente è privato delle tipiche garanzie del criminale che deve rispondere di un reato specifico.

In breve, l’inquisitore non si interessava di atti manifesti, antisociali; questo era compito delle corti secolari. A lui interessava l’eresia, che era un crimine contro Dio e la religione cristiana, ed era quindi definita in termini teologici. Alla stessa stregua atti manifesti, antisociali, non riguardano lo psichiatra istituzionale; questo è compito delle corti criminali. Egli si interessa della malattia mentale, che è un reato contro le leggi della salute mentale e la professione psichiatrica, ed è quindi definita in termini medici. La malattia mentale è il concetto cardine della psichiatria istituzionale, proprio come l’eresia lo fu della teologia inquisitoria.

Fine dell’Inquisizione: salvezza delle anime. Oggi i medici vogliono salvare il malato per il suo bene. Un eretico era bollato per sempre come un malato di mente oggi.

La legge dell’internamento è quindi un’appendice alla legge americana codificata; serve ai ricchi e agli istruiti per tenere i poveri e gli ignoranti al loro posto.

La posizione dell’unione americana per le libertà civili riguardo agli internamenti civili illustra con quale entusiasmo e con quale acriticità tutti i gruppi e le organizzazioni contemporanee, clericali e laiche, mediche e legali, liberali e conservatrici, le promotrici di una più rigida applicazione della legge e le promotrici di una più stretta osservanza delle libertà civili, tutte si accordino sull’utilità dell’internamento civile.

A partire dalle opere di uomini quali Rush ed Esquirol, la psichiatria mostra un’indubbia tendenza a interpretare ogni tipo di comportamento deviante o insolito come malattia mentale. Questa tendenza venne fortemente rafforzata da Freud e dagli psicoanalisti che, col mettere a fuoco le cosiddette determinanti inconsce della condotta, tendevano ad interpretare persino il comportamento “razionale” sul modello dell’irrazionale.

I medici maggiormente responsabili della classificazione delle streghe come malate di mente furono i famosi psichiatri francesi Pinel, Esquirol, e Charcot. Questi furono i fondatori non solo della scuola francese di psichiatria, ma di tutta la psichiatria moderna come disciplina medico-positivista. Le loro idee dominarono la medicina del XIX secolo.

Freud si interessò di streghe come malate mentali (isteria) trascurando però il fatto di come erano state trattate o dell’atteggiamento dei loro accusatori.

La teoria psicopatologica della stregoneria non ha origine con Gregory Zilboorg. Ma Zilboorg fu indubbiamente uno dei suoi più articolati e persuasivi divulgatori.

Ma i processi contro le streghe erano, dopo tutto, processi. Quindi, si interessavano di colpa e di innocenza, non di malattia e di salute. Zilboorg trascura questo fatto insistendo tediosamente e incessantemente sulla malattia mentale.

L’opinione psichiatrica moderna che la strega fosse una malata di mente non è semplicemente una falsa interpretazione della documentazione storica; è una perversa negazione del vero ruolo della strega tanto quale benefattrice o terapeuta quanto quale malfattrice o seminatrice di guai. Poiché le interpretazioni psichiatriche della caccia alle streghe trascurano costantemente la figura della strega buona, chiamata anche la strega bianca (in contrapposizione a quella nera), o il savio o la savia, queste descrizioni devono essere prese per quelle che sono: propaganda psichiatrica, non storiografia medievale. Dobbiamo ricordare che una donna a quel tempo poteva rivolgersi praticamente solo a una donna per risolvere i propri problemi.

La strega benefica osteggiata più di quella malefica.

Vediamo qui, in forma sorprendentemente nuda, alcuni dei reconditi motivi economici della caccia alle streghe: la Chiesa e lo stato, governanti clericali e laici, invocano argomentazioni morali a difesa delle loro pratiche monopolistiche (magia e medicina).

In breve, lo stato teologico medievale proibiva le pratiche della strega bianca; similmente, lo stato terapeuta moderno proibisce le pratiche del guaritore innato.

Gli psichiatri sono fautori entusiasti della teoria psicopatologica della stregoneria: essi affermano che le streghe erano delle malate di mente impropriamente diagnosticate da inquisitori ben intenzionati, ma ignoranti. Gli storici, d’altro canto, sono tenaci sostenitori della teoria della stregoneria come capro espiatorio: essi ritengono che le streghe fossero i doni sacrificali di una società permeata del simbolismo e dei valori della teologia cristiana. Quest’ultima visuale della stregoneria non è nuova; le sue origini riconducono subito alla metà del secolo scorso. È in special modo significativo, quindi, che gli psichiatri trascurino sistematicamente questa interpretazione della caccia alle streghe.

La persecuzione di ebrei (e di protestanti e di cattolici) è chiaramente ed innegabilmente una persecuzione religiosa: gli ebrei (e gli ugonotti e i cattolici) sono classificati con termini a noi oggi familiari; per queste ragioni, non si possono facilmente riclassificare, en masse, quali malati di mente. La persecuzione delle streghe, d’altra parte, offre alla mente moderna un quadro molto diverso. La strega, a causa del potere semantico di questa parola, il cui significato non deve sottovalutarsi, non è riconosciuta come praticante una religione legittima, mentre lo sono cristiani ed ebrei; poiché il suo comportamento deriva in parte da origini pagane precristiane, la strega appare subito come una figura strana e bizzarra (tranne che all’esperto di storia medievale o di teologia); per queste ragioni, ella si presta perfettamente come a essere ridefinita psichiatricamente inferma. Molte delle cose che le resero vittime reali e ideali per gli inquisitori del Medioevo le rendono anche vittime storiche ideali per gli psichiatri moderni.

Ma Weyer non scopri la pazzia delle streghe. Egli merita credito per essersi opposto all’Inquisizione, la principale istituzione oppressiva del suo tempo, ma il prendere una posizione coraggiosa per il decoro umano non è lo stesso che proporre una nuova teoria o fare una nuova scoperta empirica.

Come la ricerca storica ha dimostrato, gli uomini nutrivano dubbi sull’esistenza delle streghe molto prima di Weyer; anzi, molto prima dell’Illuminismo, alcuni saggi capi sancirono persino delle leggi che proibivano di molestarle. Ad esempio, già a partire dal secolo VIII, san Bonifacio, l’apostolo inglese della Germania, dichiarò che la credenza nella stregoneria era “non cristiana.” Anche nell’VIII secolo, nella Sassonia da poco convertita, Carlomagno decretò la pena di morte, non per le streghe, ma per chiunque bruciasse presunte streghe. Nell’Ungheria dell’XI secolo, le leggi di re Salomone non si occupavano di streghe, “poiché non esistono.” Cinquecento anni dopo, Weyer, mentre protestava contro il numero eccessivo di cacciatori di streghe, era certo che le streghe esistessero.

Le ideologie della stregoneria e della pazzia possono forse apparirci più chiare mettendo a fuoco gli ideali e i simboli morali caratteristici dei loro tempi. Nel XIII secolo, simbolo della nobiltà è il cavaliere in arme, e la stregoneria quello della depravazione; il buon movente è cavalleresco, quello cattivo è satanico. Questo linguaggio per immagini impersonifica ed esprime l’odio per la donna; il cavaliere, simbolo del bene, è maschile; la strega, simbolo del male, è femminile. Nello stesso tempo, la lotta tra i sessi, invidia tra i nobili, l’oppressione del povero da parte del ricco, nulla di tutto questo è presentato direttamente; d’opposto, la realtà sociale è rappresentata come se fosse un sogno i cui simboli significassero i loro opposti. La donna non è degradata; è esaltata. I nobili non sono brutali e perfidi; sono raffinati e cavallereschi. Huizinga lo esprime.

Uno studio dell’origine dei manicomi europei nel XVII secolo rende sufficientemente chiaro che questi istituti, quando vennero fondati, non erano considerati delle attrezzature mediche o terapeutiche ma erano considerati, piuttosto, come qualcosa di simile a delle prigioni per l’internamento di persone socialmente indesiderabili.

La metamorfosi della mente medievale in quella moderna richiese una vasta conversione ideologica dalla prospettiva della teologia a quella della scienza. La mia tesi è che lo sviluppo del concetto di malattia mentale è meglio compreso se lo si considera parte di questo mutamento. Le condizioni o i comportamenti che ora chiamiamo infermità mentali non furono scoperti come tante altre malattie quali il diabete zuccherino o l’infarto miocardico. Erano precedentemente noti, invece, con altri nomi, quali eresia, sodomia, peccato, invasamento e così via, o erano stati accettati come abituali e naturali e non furono quindi designati con nomi speciali.

Questo mutamento nella concettualizzazione e nel controllo della condotta personale, da religioso e morale a medico e sociale, è drammaticamente evidenziato dalle idee e dalle pratiche della maggioranza degli psichiatri dell’Illuminismo. Benjamin Rush ne è un illustre esponente. Rush usava il tranquillizzatore e il girotore come strumenti di tortura. Considerava i negri come ammalati di lebbra congenita per cui la vitiligine era una dimostrazione della loro bianchezza.

Questione del comportamento omosessuale.

Si fa confusione fra la malattia come condizione biologica e come ruolo sociale. Il cancro alla vescica è una malattia; ma che venga curato o no dipende dalla persona che ne è affetta, e non dal medico che ne dà la diagnosi.

Dunque, la domanda che veramente ci si può porre non è se una data persona manifesti deviazioni da una norma anatomica e fisiologica, ma quale significato morale e sociale la società dia a questo comportamento – se sia dovuto a malattia infettiva (come in passato fu per la lebbra), o ad una preferenza indotta (come oggi è il caso degli omosessuali).

L’opinione psichiatrica che l’omosessualità sia una malattia – come tutte le malattie cosiddette mentali, quali l’alcoolismo, la tossicomania, o il suicidio – nasconde il fatto che gli omosessuali sono un gruppo di individui clinicamente stigmatizzati e socialmente perseguitati.

Gide smaschera qui l’omosessualità come comportamento stigmatizzato, come quello della strega e dell’ebreo, che, sotto la pressione dell’opinione pubblica, può essere da loro sconfessato e ripudiato. L’omosessuale è un capro espiatorio che non attira alcuna simpatia. Quindi, può solo essere una vittima, mai un martire.

Questione della follia masturbatoria.

Rientra in scena Rush solerte elencatore di tragedie in cui si incorre con la follia masturbatoria.

La pericolosità della masturbazione, che la scienza medica sostiene di aver solidamente stabilito, fu accettata senza esitazioni in tutte le nazioni occidentali.

Questa tendenza ad abbracciare l’errore collettivo – in particolare l’errore che minaccia danno e richiede specifica azione protettiva – sembra essere parte integrante della natura sociale dell’uomo. Cosi, quando l’uomo si trova di fronte ad importanti credenze di massa – come quella nella stregoneria, nella dannosità della masturbazione o nella malattia mentale – egli è interessato più a mantenere le spiegazioni popolari che tendono a consolidare il gruppo che a compiere osservazioni accurate che potrebbero dividerlo da esso.

Ecco il punto. Gli ecclesiastici dicevano che la masturbazione era immorale e che Dio la puniva con l’inferno; gli psichiatri pre-freudiani dicevano che portava alla pazzia ed erano pronti a curarla mediante interventi operatori mutilanti; Freud dice che è infantile, che causa “vere nevrosi” quali la nevrastenia, la nevrosi d’angoscia e l’ipocondria, ed è pronto a liberarne il paziente facendolo vergognare di sé. Questa progressione richiama alla mente il graduale attenuarsi della severità delle punizioni decretate per certi reati nel codice penale anglo-americano. Ai borsaioli, per esempio, si era soliti mozzare le mani; poi vennero condannati a lunghi periodi di lavoro forzato; ora sono condannati a brevi periodi di carcerazione. È curioso l’insistere di Freud sull’affermazione che la masturbazione è dannosa, Egli non aveva, naturalmente alcuna prova reale. La sua prova era, piuttosto, la propria teoria della patogenesi della nevrosi.

Come dovremmo interpretare la diffusa credenza nel terribile danno causato dalla masturbazione e la persecuzione medica dei masturbatori generata e giustificata da quella stessa credenza? Secondo Hare, sul cui eccellente studio mi sono notevolmente basato, essa era dovuta ad una mancanza di scienza e di logica, una spiegazione che in realtà non spiega nulla. Comfort respinge la tesi di Hare come inadeguata e offre una propria spiegazione. Non solo condivido con Comfort questa ipotesi – che paragona la persecuzione dei masturbatori a quella delle streghe – ma ne ho personalmente molto esteso il campo. Non sono però d’accordo con Comfort, che addebita sia la caccia alle streghe, sia la persecuzione dei masturbatori a malattia mentale dei persecutori. “Guardandolo dal presente,” Comfort conclude, “l’insorgere della follia masturbatoria … si avvicina al modello della caccia alle streghe, una reazione paranoide veramente endemica diffusa mediante l’esempio e la propaganda, e inarrestabile nonostante i più ragionevoli commenti prima che abbia compiuto il suo corso”.

Ritengo che in ciascuna delle precedenti situazioni persecutorie ci si trovi di fronte ad un rapporto tra oppressore ed oppresso; l’oppressore ricorre invariabilmente sia alla forza, sia alla frode per soggiogare e sfruttare il suo antagonista; egli sviluppa di frequente una retorica terapeutica, giustificando la sua dominazione con proteste di altruismo e di desiderio di aiutare la vittima; la critica della pratica oppressiva è resa impossibile dalla persecuzione del critico come traditore dell’ordine sociale esistente; infine, l’ideologia della coercizione giovevole viene istituzionalizzata, stabilizzando e perpetuando le pratiche persecutorie su lunghi periodi di tempo. Cosi, mentre Hare, Comfort e Spitz sottolineano l’illuminatezza della psichiatria moderna e si portano al di sopra degli errori del passato, io sostengo che oggi in psichiatria la situazione è virtualmente la stessa di quando la pazzia masturbatoria era il dogma dominante.

Primo: l’invenzione dell’ipotesi masturbatoria ed i suoi usi medici, e in special modo psichiatrici, esemplificano lo spirito di imperialismo e di messianesimo terapeutici. Come la meta del missionario evangelico è conquistare sempre più anime al cristianesimo, cosi la meta del medico evangelico è di conquistare sempre più corpi alla medicina. Nel cristianesimo, ciò viene compiuto col definire tutti gli uomini peccatori (il dogma del peccato originale), la cui redenzione si può ottenere soltanto attraverso l’aiuto delle chiese cristiane; in medicina, ciò si compie col definire tutti gli uomini malati (l’ipotesi masturbatoria, recentemente riformulata come un’incidenza del 100% della malattia mentale), la cui guarigione si può ottenere soltanto mediante l’aiuto della professione medica.

Secondo: l’ipotesi masturbatoria illustra una tattica fondamentale dell’imperialismo medico e psichiatrico. Per conquistare un’area della vita umana all’esperienza e all’intervento medico, è necessario per prima cosa definire il suo funzionamento normale come manifestazione di malattia. Ottenuto questo, si può intraprendere il passo successivo, che consiste nel definire trattamenti terapeutici gli interventi distruttivi dei medici.

Terzo ed ultimo passo, tipico della psichiatria, è l’imposizione al paziente dell’intervento distruttivo contro la sua volontà. I1 trionfo dell’imperialismo medico sarà completo, quando la totalità dei profani considererà come malattie le normali funzioni corporee e mentali, e come trattamenti terapeutici tutti gli interventi dannosi, anche contro la volontà del paziente. Terzo: l’ipotesi masturbatoria – o, più precisamente, il suo trattamento terapeutico da parte delle autorità psichiatriche moderne – avalla la mia tesi circa il ruolo dell’inganno e dell’oppressione nell’opera degli psichiatri istituzionali. Zilboorg, Alexander e Menninger – per citare solo tre protagonisti del Movimento per la salute mentale – sono stati prolifici di scritti sulla storia della psichiatria. E tuttavia in tutti questi milioni di parole, non una frase è dedicata alla follia masturbatoria. È chiaro che tali autori erano a conoscenza di questa “sindrome.”” Il non averne parlato deve quindi essere considerato uno sforzo per togliere la psichiatria dall’imbarazzo. Le loro “autorevoli” storie della psichiatria che non fanno riferimento alla follia masturbatoria possono quindi essere paragonate alla Costituzione degli Stati Uniti, la quale non fa riferimento allo schiavismo negro. Queste storie manovrate – che evitano di mettere in guardia le vittime di un rapporto oppressivo dalla loro condizione di sfruttati, facilitandone il continuo inganno e la degradazione – fanno solo gli interessi degli oppressori, siano questi preti, uomini politici o psichiatri.

Vi è una fondamentale analogia tra la persecuzione di individui dediti ad una attività omosessuale consensuale in privato, o che ingeriscono, o si iniettano, o fumano diverse sostanze che influiscono sui loro sentimenti e i loro pensieri, e la persecuzione tradizionale di uomini a causa della loro religione, come gli ebrei, o a causa del colore della loro epidermide, come i negri. Ciò che tutte queste persecuzioni hanno in comune è che le vittime sono vessate dalla maggioranza non perché si diano ad atti apertamente aggressivi o distruttivi, come il furto o il delitto, ma perché la loro condotta o apparenza offende un gruppo che non tollera individui diversi dalla massa e che da essi si sente minacciato.

Come ho sottolineato in tutto questo libro, la rimozione della morale e della politica dai problemi sociali, e la trasformazione di questi in problemi di medicina e di trattamento terapeutico, è una caratteristica che gli stati totalitari moderni (sia nazional-socialisti, sia comunisti) hanno in comune con gli stati burocratici moderni. Per di più, sebbene il grado e l’orientamento della distruttività che tale retorica terapeutica giustifica possa variare da un sistema politico all’altro, la sua mira essenziale è sempre uguale: identificare, stigmatizzare, e controllare particolari gruppi della popolazione.

Il medico come funzionario sanitario dello Stato.

Questi accertamenti dimostrano l’immensa dipendenza economica degli psichiatri dall’impiego istituzionale. In altri paesi occidentali, dove le disponibilità economiche e le richieste sociali di servizi psichiatrici privati sono molto inferiori a quelle degli Stati Uniti, la proporzione di psichiatri che lavorano presso istituzioni psichiatriche o altro è anche maggiore.

L’omosessuale come capro espiatorio tipo. Fa parte al tempo stesso della classe dei criminali e dei malati di mente. Non è considerato un essere umano. Caso dell’immigrato gay Clive Michael Boutilier.

La storia dell’Inquisizione e dell’antisemitismo sistematico non lascia dubbi sul fatto che i capri espiatori ufficiali della società non sono perseguitati per aver commesso azioni proibite, o perché possano commetterne, ma perché sono considerati “nemici interni. ” Distruggere i nemici interni è un dovere patriottico ed un’azione moralmente meritoria, proprio come lo è il difendersi dai nemici esterni e il distruggerli.

Il sacrificio; immolazione rituale. Immolazione per preservare se stessa, purificandosi. Rito dello Yom Kippur, sacrificio di Gesù, espulsione rituale del male (Harrison). Rito prodotto di repressione morale.

L’accettazione come soluzione liberale e umana al problema.

Porre fine al cannibalismo sociale dell’uomo sarebbe un passo avanti notevole.

Infine, il racconto dell’uccello dipinto.


[1] Dimensione transizionale e di cambiamento che può investire la personalità del soggetto, comportando trasformazioni sul piano emotivo, cognitivo e relazionale.

[2] Che si propaga in senso opposto a quello abituale.

[3] Figura retorica che consiste nell’esprimere un’azione mediante un’altra metonimicamente relazionata a essa.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
** Se puoi sostenere il mio lavoro, comprami un libro **