Il boom dei NEET in Italia.

Il boom dei NEET in Italia
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di Sergio Mauri

Uno spettro s’aggira per l’Europa: quello dei NEET, acronimo inglese che sta per “Not (engaged) in Education, Employment or Training“! Come avrete già letto o sentito, costoro sono dei giovani compresi tra i 16 e i 35 anni (ma uno a questa età è maturo caspita!) che non sono impegnati nello studio, nel lavoro o in tirocini lavorativi di nessun tipo. In Italia il fenomeno è piuttosto grave e viene anche definito come né-né, che mi riporta alla mente la tipica tendenza italiota a non essere né carne né pesce: né di destra né di sinistra, né cattolico né ateo e via discorrendo. Con il piede in tante scarpe, sempre pronto al salto.

Non so chi costruisca queste definizioni in tipico stile orwelliano, ma posso rilevarvi un certo qual tono di livore che si origina da quegli ambienti sociali che, avendo ormai raggiunto una certa età, prossima alla senescenza, e al sicuro dalle tempeste sociali ed economiche, si divertono ad oltraggiare i più giovani che quelle tempeste le stanno pagando, in modo da allontanarne il rischio competitivo.

Vari giornali se ne sono occupati o se ne occupano. Le uscite di Elkann (neanche avessero un qualche valore) riescono addirittura a far discutere dei media altrimenti in coma profondo sul versante dell’informazione ma ben svegli su quello della propaganda, come fece a suo tempo discutere l’appellativo “choosy” usato da un funzionario dello Stato, di cui ora facciamo addirittura fatica a ricordare il nome…..quello con la lacrima facile, dài!

In Italia, comunque, sembra che di NEET ce ne siano oltre due milioni, soprattutto di genere femminile e dislocati nel sud del paese. Le percentuali record del fenomeno vengono raggiunte al sud, in Sicilia, Campania, Calabria che presentano valori rispettivamente del 37,7%, 35,4% e 33,8%. Sono per lo più italiani con un basso livello di istruzione. In un rapporto di Italia Lavoro del 2011 si analizzavano le cause del fenomeno. Le cause del fenomeno andrebbero ricercate:  nell’abbandono scolastico, nel lento passaggio dalla scuola al lavoro, alla bassissima offerta del mercato del lavoro, allo svantaggio familiare, alla mancanza di sostegno attraverso adeguate politiche di welfare. Tutte cause che parlano chiaramente di social divide, cioè di questioni inerenti la spaccatura di classe della nostra società.

Tutte cose vere, indubbiamente, ma che non dicono la verità fino in fondo. Secondo me le ragioni di questo sconquasso epocale vanno ricercate nella scelta oculata operata dalla classe dominante, di uccidere i propri discendenti prima che costoro la possano uccidere. Per la bisogna si doveva cancellare la cultura, la coscienza di sé e dell’ ambiente antropologico circostante (una cosa operata a 360°), la storia di una nazione e della sua società, espungendone qualsiasi tema che richiedesse l’uso delle basilari capacità cognitive dell’essere umano. Per questo blindare i media, stringere le file dei propri rampolli, era lavoro serio e profondo, di cui vediamo oggi i risultati. Ma a tutti i livelli, coloro che stavano in alto hanno distrutto quelli che stavano sotto, anche nelle famiglie: cosa hanno fatto i padri per evitare questo?

Ve l’immaginate oggi una classe dirigente che educhi ai valori della solidarietà, dell’operosità, dell’onestà e del ricambio generazionale i propri figli, dall’apice alle zone basse della società in cui viviamo? Che storia è mai questa? Questi sognano l’eternità e, quando questa non fosse possibile, clonano i meno anziani a sostituirli (ogni riferimento è puramente casuale). Dei giovani ridotti al silenzio, sono inoffensivi, è evidente. Ancora più inoffensivi sono quei giovani che scimmiottano tutte le mode consumistiche, anche in tempi di crisi.

P.S.: ci si dovrebbe spiegare come fanno a stare insieme i dati sui NEET con quelli della disoccupazione giovanile ben più alti: si parlava, due mesi fa del 41,6%, percentuale più che raddoppiata in sette anni.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger e studioso di storia, filosofia e argomenti correlati. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Hammerle Editori nel 2014.
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