Principio di condizionalizzazione-Filosofia della scienza-17.

Filosofia della scienza
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di Sergio Mauri

Principio di condizionalizzazione. In risposta all’acquisizione di un’evidenza e, un soggetto razionale aggiorna la probabilità iniziale p(h) sostituendola con una probabilità finale pari a p(h) x p(e|h) x 1/p(e).

Principio del cambiamento col minimo sforzo: la nuova probabilità deve essere assai poco distante dalla precedente. Siamo sempre nella cinematica della probabilità.

[Qui un suggerimento sarebbe quello di leggere Quando in numeri ingannano[1] di Gerd Gigerenzer]

I bayesiani hanno argomentato che “un soggetto dovrebbe attribuire all’ipotesi h una probabilità finale uguale a p(h|e), vale a dire al prodotto dei fattori p(h), p(e|h) e 1/p(e).

Siamo indotti a ritenere del tutto plausibile che “la probabilità finale che un soggetto attribuisce ad h dovrebbe crescere al crescere di ciascuno dei tre fattori p(h), p(e|h) e 1/p(e).

Più precisamente, suggeriamo che un soggetto dovrebbe determinare la probabilità finale di un’ipotesi in accordo coi seguenti principi:

(i) la probabilità finale di un’ipotesi si accresce al crescere della sua probabilità iniziale;

(ii) la probabilità finale di un’ipotesi si accresce al crescere del suo successo predittivo nei riguardi dell’evidenza;

(iii) la probabilità finale di un’ipotesi si accresce al crescere dell’imprevedibilità iniziale dell’evidenza.

Seguono esempi imperniati sul mondo del crimine, riguardo tutti e tre i principi.

Esempi di epistemologia bayesiana, applicata al campo medico. Si tratta di pratiche esperte. Medici o criminologi non sono scienziati, ma bravi utenti nel loro campo. Parliamo di ipotesi criminali e ipotesi diagnostiche.

[Ulteriore suggerimento di lettura: Roberto Volpi, L’ amara medicina. Come la sanità italiana ha sbagliato strada[2]

La prevenzione attraverso mammografia non è particolarmente efficace, poiché Roberto Volpi e altri calcolano un allungamento di vita stimata attorno alle due settimane. La questione dell’allungamento della vita tocca la questione della prevenzione, che deve essere studiata nei suoi effetti per avere un’utilità.

Se il cancro al seno ha delle probabilità iniziali, diciamo dell’1%, esse vengono tuttavia attribuite in base a parametri come età, vita vissuta, eccetera. Si deve tenere conto degli studi sull’epidemiologia per capire come questi dati sono estratti e forniti poi in forma di probabilità.

Il 79,2% delle malignità sono diagnosticate correttamente; il 90,4% di quelle benigne lo sono pure. I test hanno due forme di attendibilità: identificare la malattia e la non-malattia (o un’altra malattia).

Bisogna chiedere al medico la specificità della diagnosi. Quindi, sensibilità e specificità del test. Entrambe le caratteristiche possono essere rappresentate da formule (slide 268).

Punto 8.13 per le probabilità. Vedere la formula: p(¬Pos|¬Ca) = 1 − p(Pos|¬Ca), per cui vale anche la uguaglianza: p(Pos|¬Ca) = 1 − p(¬Pos|¬Ca) dove p(¬Pos|¬Ca) = 0,904. Segue che: p(Pos|¬Ca) = 1 − p(¬Pos|¬Ca) = 1 − 0,904 = 0,096, cioè che p(Pos|¬Ca) = 0,096. Perciò, se non hai il cancro è improbabile che il test risulti positivo. Tuttavia, i medici di base incorrono spesso nella fallacia delle probabilità relative e sulla commutatività.

p(Ca)=p(¬Ca) sono le probabilità iniziali di Sempronio. Allora vediamo il teorema di Bayes in 8.18 e poi in 9.2 per la probabilità finale p(Ca|Pos):

𝑝(𝐶𝑎|𝑃𝑜𝑠) =             𝑝(𝑃𝑜𝑠|𝐶𝑎)𝑝(𝐶𝑎)

_______________________________________

                   𝑝(𝑃𝑜𝑠|𝐶𝑎)𝑝(𝐶𝑎) + 𝑝(𝑃𝑜𝑠|¬𝐶𝑎)𝑝(¬𝐶𝑎)

                                           0,792 × 0,01

                   =       _____________________________       ≅ 0,077

                              0,792 × 0,01 + 0,096 × 0,99               

≅ significa circa.

La questione, ulteriore, che la vita in città sia peggiore di quella in campagna è stati smontata da Roberto Volpi.

Vedere Adolf Grunbaum[3] sulla psicanalisi che dice che essa non è scienza, cioè la psicanalisi non può essere confermata dalle sedute sul lettino. La terapia psicanalitica, in questo senso, è inefficace.


[1] Dalla IV di copertina: Partite in automobile per un lungo viaggio: siete davvero sicuri di non incappare in qualche incidente? E quel test per una data malattia è risultato positivo: siete inesorabilmente condannati? La nostra vita non si svolge sempre nel chiaro mattino delle certezze bensì nel “crepuscolo delle probabilità”. Ma il calcolo delle probabilità è lo strumento principale per mettere ordine nelle nostre credenze e soppesare i rischi delle nostre stesse azioni. Questo testo di Gigerenzer insegna l’arte del “rischio calcolato”, dalla medicina al diritto alle assicurazioni, in un mondo in cui, come diceva Benjamin Franklin, “di certo ci restano solo la morte e le tasse”.

[2] Dalla IV di copertina: Siamo abituati a pensare che per vivere una vita lunga e sana dovremmo abitare in campagna, lontani da traffico e inquinamento, tenere sotto controllo tutti gli innumerevoli fattori di rischio per la nostra salute (fumo, grassi, zuccheri, ma anche vita sedentaria, stress, onde elettromagnetiche) e controllare periodicamente lo stato del nostro corpo con esami vari, visite specialistiche e check up completi. Siamo abituati a pensare così perché da decenni i medici ripetono incessantemente che prevenire è meglio che curare. Roberto Volpi, è andato a fare le pulci ai risultati di decenni di medicina preventiva, e ha scoperto alcune cose letteralmente sconvolgenti: più della metà degli esami, delle visite, del lavoro del sistema sanitario nazionale sono effettuati su persone del tutto sane, eppure la speranza di vita degli italiani è cresciuta molto di più quando la sanità preventiva non esisteva. Le grandi campagne di screening sono praticamente inutili dal punto di vista della prevenzione, mentre causano enormi stress e sofferenze psicologiche nei casi di prime diagnosi sbagliate. Numeri alla mano, Volpi racconta le bugie e i fallimenti della medicina italiana, e l’enorme impiego di risorse, pubbliche e private, che si riversano in direzione di una prevenzione impossibile e inutile, in un vortice di sprechi che dovrebbe essere fermato.

[3] 1923-2018. Nel libro I fondamenti della psicoanalisi Grünbaum sottopone ad analisi critica i requisiti scientifici della psicanalisi, arrivando alla conclusione che la psicoanalisi è in effetti scientifica, ma allo stato non provata, ossia è una “cattiva” scienza. I suoi bersagli polemici sono tre. Da una parte gli ermeneuti (Habermas, Ricoeur) i quali sostengono che la psicoanalisi non è una scienza naturale (ma una sorta di filosofia ermeneutica): egli fa notare che Freud ha sempre rivendicato il metodo scientifico della sua impresa. In secondo luogo, Popper, il quale sostiene che la psicanalisi è una pseudo-scienza, contro il quale Grünbaum obietta che la teoria freudiana è falsificabile.

L’ultimo bersaglio è Freud stesso, del quale affronta il cuore della dottrina, ossia la teoria della rimozione. In proposito Freud aveva sostenuto due tesi causali: secondo la prima, solo il trattamento analitico può produrre nel paziente una corretta visione delle cause inconsce delle sue nevrosi, in base alla seconda, tale presa di coscienza del paziente è necessaria per la soluzione dei suoi conflitti e per una guarigione durevole. Da tale impostazione consegue che vi è concordanza tra interpretazione analitica e realtà interiore del paziente: Grünbaum chiama tale deduzione “argomento della concordanza”. Da ciò discende che i dati clinici sono affidabili e veridici. In sostanza Freud avrebbe affidato la prova delle sue teorie e dei suoi metodi al successo terapeutico.

Secondo Grünbaum invece i dati clinici non possono costituire una prova, perché inevitabilmente “ contaminati” dall’analista: i pazienti volendo compiacere il terapeuta, producono quei risultati che soddisfano le aspettative teoriche, come previsioni che si auto-avverano. Inoltre, gli stessi argomenti clinici, se anche accettati come genuini, sono a giudizio dell’autore insufficienti. Ad esempio, la tecnica delle associazioni libere, oltre a implicare che l’analista imponga una griglia selettiva, si basa sulla confusione tra affinità tematica e connessione causale. E in realtà l’argomento della concordanza non ha supporto empirico. Studi comparativi hanno dimostrato che la psicoanalisi non è superiore, in termini di risultati del trattamento, alle terapie rivali (es. comportamentiste). Perciò secondo l’autore è ragionevole interpretare i suoi successi terapeutici, quando presenti, come effetto placebo. Ossia, la scomparsa dei sintomi non necessariamente è causata dall’emergere delle rimozioni, ma può derivare dal rapporto col terapeuta e dalle aspettative di guarigione destate nel paziente. Freud stesso nell’ultima fase della sua vita era tormentato da un simile dubbio. Di conseguenza Grünbaum ritiene che evidenze scientifiche a favore della psicoanalisi si potranno trovare in futuro solo tramite studi sperimentali extra-clinici.


Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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