La divisione tra Nord e Sud del mondo da un punto di vista tecnico.

La divisione tra Nord e Sud del mondo da un punto di vista tecnico
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di Sergio Mauri

Se sei atterrato qui significa che ti interessi di un tema che, soprattutto in passato, è stato il cavallo di battaglia di forze politiche tra loro antagoniste e ha segnato certamente un’epoca in quanto a soluzioni proposte, analisi spesso disinvolte, ma senza appigli „nelle cose stesse“. Di certo Antonio Gramsci ne aveva tratteggiato bene le coordinate, ma anche un Guido Crainz lo aveva fatto in un’opera di  sicuro livello. Ciò detto, questo articolo vuole porre la questione su di un piano prettamente tecnico, senza chiamare in causa la storia, il passato più o meno recente, in funzione del presente. Infatti, questo non è un testo storico. È un testo che va a indagare i fondamentali del processo economico dell’economia attuale, presente.

Vediamo, dunque. La competizione nel mercato globale uniforma il saggio medio del profitto al PM %. Perciò, da verifiche empiriche si è appurato che il saggio per il Nord è PM 100 e per il Sud è PM 120. Il Nord ottiene un trasferimento di valore di 20 dal Sud, uno scambio ineguale. Gli imprenditori del Nord ottengono del valore creato dai lavoratori nel Sud, attraverso la competizione sui prezzi equalizzando il saggio di profitto sul mercato globale. Un passo indietro. Come mai al Sud il saggio del profitto è maggiore? Perché la quota riservata ai salari è inferiore al Nord e questo non credo sia un mistero.

Ma continuiamo. Nel mercato globale, con il trasferimento di valore, gli imprenditori del Nord ottengono un extra dai lavoratori del Sud che, quindi, finiscono per incrementare i profitti per il Nord.

I valori dei lavoratori del Nord rimangono invariati. I lavoratori del Nord non se la spassano a spese di quelli del Sud. Sia gli imprenditori del Sud che del Nord stanno traendo vantaggio da ciò che è prodotto dai lavoratori del Sud spremendo da essi più valore.

Come abbiamo detto in precedenza, vediamo il rapporto Nord-Sud da un’angolazione prettamente economica e rivediamo l’esempio fatto poc’anzi approfondendone i contenuti. L’economia, la modalità attraverso cui si produce e distribuisce ricchezza è fondamentale nella vita delle comunità umane, quindi, diamo all’angolazione economica che abbiamo scelto una importanza fondamentale.

Il lavoro, affermazione generale da cui partiamo, è la fonte di ogni ricchezza nel mondo. Ciò detto e premettendo che vogliamo escludere dal calcolo delle ricchezze quelle naturali donateci a prescindere dalla nostra capacità trasformativa e creativa.

Partendo da queste premesse, approfondiamo il caso particolare: prendiamo l’Italia e dividiamola in due, una al Nord, l’altra al Sud. Partiamo dunque, ulteriore premessa, dalla situazione di fatto, cioè qui non andremo a parlare del perché al Nord ci sia oggi una concentrazione industriale maggiore che al Sud, questione squisitamente storica, ma prendiamone atto. Ulteriore avvertimento consiste nell’avere coscienza del fatto che qui Nord e Sud non sono semplici definizioni geografiche; sono definizioni che valgono per una relazione sviluppo-sottosviluppo, tra loro concatenati.

Al Nord quindi abbiamo una maggiore concentrazione industriale e perciò anche di tecnologia, oltre che della finanza. Milano infatti è (ancora) la principale piazza finanziaria d’Italia. Al Sud vi sono meno industrie e meno tecnologia. Noi sappiamo, grazie a una serie di misurazioni econometriche, che laddove c’è più tecnologia ci sono meno profitti; dove c’è meno tecnologia, cioè più lavoro vivo e ci sono più profitti. I profitti si estraggono dal lavoro vivo, non dalle macchine. Una macchina non è creativa e al tempo stesso non ha una famiglia da mantenere. Ciò che prende, dà. Quindi, al Nord si fanno meno profitti, nonostante l’alta produttività, che al Sud. Quindi, se al Nord si fa il 20% di profitti sul capitale investito mentre al Sud se ne fanno il 50%, il totale dei profitti è 70. Se, però, facciamo una media nazionale scopriamo che 70/2 fa 35. Perciò, al Nord abbiamo un trasferimento di profitti, dal disavanzo di profitti che provengono dal Sud, dove il lavoro vivo ha prodotto maggiori profitti. Quindi i trasferimenti sono da dove c’è più forza lavoro rispetto alla tecnologia, nel processo produttivo, verso dove ci sono meno lavoratori, ovvero meno lavoro vivo nel processo produttivo, rispetto alle macchine. Questo perché è il lavoro umano a produrre la ricchezza del mondo, quel lavoro di trasformazione e creatività che va ben oltre al mangiarci la frutta che cresce spontanea sugli alberi o ammazzare il coniglio per arrostircelo.

La macchina non crea nulla, non è creatrice. Può velocizzare o rendere migliore il prodotto umano secondo modelli ideologici, culturali e percettivi, ma non può creare.

Fin qui dunque abbiamo capito che il lavoratore del Sud da il prodotto del suo lavoro sia al capitalista del Sud che a quello del Nord. A livello di macroaree, abbiamo capito anche che è dal Sud che arriva quel profitto che manca al Nord. È il Sud, dunque, che finanzia il Nord. Se volessimo togliere le definizioni Nord-Sud, potremmo sostituirle con „aree con maggiore composizione organica di capitale“ (il Nord) e „aree con minore composizione organica di capitale“ (il Sud). O ancora „aree avanzate“ (il Nord) e „aree arretrate“ (il Sud).

Chiariamo un’ulteriore cosa: come fa un lavoratore meridionale che subisce più disoccupazione e minori garanzie lavorative (maggiore diffusione del lavoro nero o lavoro in regola con salari più bassi, cioè manipolazione delle buste paga, lavoro sottopagato) che contribuiscono alla composizione tecnica del capitale, come fa un tale lavoratore a essere lui ad approfittarsi del Nord? È impossibile. In questo caso vediamo chiaramente come ci sia un trasferimento di valore prodotto dall’operaio del Sud verso il capitale del Nord. Sempre considerando una scala nazionale, statale o l’organizzazione di uno spazio geografico in termini amministrativi e politico-economici.

Il lavoro di produzione di beni o servizi è un lavoro sfruttato (il capitalismo è costruito sullo sfruttamento), ma lo è anche al Nord. Il rapporto di capitale è basato sullo sfruttamento. Cioè il lavoratore che produce, non produce un qualcosa che da lui può essere usufruito. Il lavoratore che ha prodotto non viene veramente pagato per quanto ha prodotto, ma per il valore che lei o lui hanno nel mercato del lavoro. Mentre, quella parte del prodotto che viene venduto e vede la realizzazione di un profitto è appunto quella parte di lavoro non pagato al lavoratore che ci fa comprendere come il rapporto di capitale sia un rapporto di sfruttamento del capitale stesso nei confronti del lavoro e non viceversa.

Sorge dunque spontaneamente un quesito: chi è la palla al piede (ammesso e non concesso che in un rapporto economico di questo tipo si possa parlare nei suddetti termini)? Il Nord o il Sud? Come stanno veramente le cose?

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger e studioso di storia, filosofia e argomenti correlati. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Hammerle Editori nel 2014 e con Historica Edizioni nel 2022.
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