Economia ecologica, bioeconomia, economia verde, economia circolare.

Economia ecologica, bioeconomia, economia verde, economia circolare
Economia ecologica, bioeconomia, economia verde, economia circolare, Commissione Brundtland, Aurelio Peccei-Club di Roma-1968,

di Sergio Mauri.

Per i neoclassici l’obiettivo è l’aumento del PIL. Nordhaus costruisce il MEW, il Measure of Economic Welfare[1], un indicatore di difficile attuazione e considerato arbitrario. Si disaggrega il consumo dall’investimento e dalla spesa intermedia che è collegato alla produzione e al mondo delle imprese. Investimenti: macchinari, edifici, scorte. Si disaggrega anche la Spesa Pubblica. Si dovrebbero rivalutare il consumo rispetto ai servizi esterni al mercato, i servizi cosiddetti gratuiti.

Sostenibilità: miniere della Sassonia, 1713, von Carlowitz. Sviluppo sostenibile, World Commission on Environment and Development della UN General Assembly, presieduta dalla Brundtland (Commissione Brundtland). Our Common Future, 1987. La crescita non può essere, in futuro, dello stesso tipo di quella del passato: principio di equità intra e inter-generazionale.

Prodromi dell’economia sostenibile: Malthus. Dunque, Jevons e il suo paradosso per cui il miglioramento tecnologico non diminuisce il consumo della risorsa, ma la aumenta. Quindi Garrett Hardin, seguace malthusiano, nel 1968, introduce The tragedy of the commons[2].

Kenneth Boulding pubblica The economics of the Coming Spaceship Earth nel 1966. La terra dice, è un sistema chiuso, gli output di alcune parti sono collegati agli input di altre parti. Si tratta dell’economia dell’astronauta. L’economia del cowboy, invece, si fonda sul fatto che il consumo e la produzione sono un bene e il PIL è una misura plausibile del successo economico. Per l’astronauta invece produzione e consumo non sono sinonimi di successo economico che invece è rappresentato dallo stock di capitale, cioè dalle risorse.

Club di Roma, 1968, Aurelio Peccei e King (MIT). 1972, The limits to Growth.

Economia ambientale ed economia ecologica. Tengono conto delle questioni ambientali introducendole nell’economia neoclassica. Attribuzione di un valore economico alla natura. Problema delle esternalità: da consumo a consumo, da produzione a produzione, da consumo a produzione, da produzione a consumo. L’utilizzo delle risorse ambientali rappresenta un tipico esempio di esternalità negativa. Abbiamo quindi soluzioni pubbliche o private: 1) strumenti command and control, strumenti incentivanti 2) negoziazione e ordinamento giuridico.


[1] Durante la fine degli anni ’60, molti economisti iniziarono a mettere in discussione la eccessiva dipendenza dei governi e delle agenzie da misure di benessere economico ristrette ed esclusivamente basate sul PIL. Fu in quel periodo che si iniziò a considerare gli effetti ambientali negativi della crescita economica incontrollata, spingendo alla ricerca di una misura più ampia del benessere, non basata esclusivamente su cifre grezze del PIL. Nel 1972, gli economisti di Yale William Nordhaus e James Tobin introdussero il loro Misuratore del Benessere Economico (MEB) come alternativa al PIL grezzo. Il MEB partiva dal prodotto nazionale come punto di partenza, ma lo adattava includendo una valutazione del valore del tempo libero e dell’ammontare del lavoro non retribuito in un’economia, aumentando così il valore del benessere del PIL. Inclusero anche il valore dei danni ambientali causati dalla produzione industriale e dal consumo, riducendo così il valore del benessere del PIL. Il MEB può essere considerato il precursore di successivi tentativi di creare un indice sofisticato dello sviluppo sostenibile. L’Indice del Benessere Economico Sostenibile (IBES) sviluppa il MEB ulteriormente, adattando ulteriormente il PIL tenendo conto di una gamma più ampia di effetti nocivi della crescita economica, ed escludendo il valore delle spese pubbliche per la difesa.

[2] Il concetto evidenzia il conflitto tra la razionalità individuale e quella collettiva. L’idea della tragedia dei beni comuni è stata resa popolare dall’ecologo americano Garrett Hardin, che ha utilizzato l’analogia degli allevatori che fanno pascolare i loro animali in un campo comune. Quando il campo non è sovraffollato, gli allevatori possono far pascolare i loro animali con poche limitazioni. Tuttavia, l’allevatore razionale cercherà di aggiungere bestiame, aumentando così i profitti. Pensando logicamente ma non collettivamente, i benefici dell’aggiunta di animali si applicano solo all’allevatore, mentre i costi sono condivisi. La tragedia sta nel fatto che alla fine nessun allevatore sarà in grado di far pascolare il campo a causa del sovra consumo. Questo scenario si ripete quotidianamente in numerose situazioni, con gravi conseguenze per le risorse del mondo.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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