Occidente e cultura: alle origini del fiasco.

Bust_of_Democritus_-_Victoria_and_Albert_Museum
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Non sono convinto di una qualche superiorità della nostra cultura. Per essere più chiaro, credo che al giorno d’oggi essa non sia più all’altezza della situazione e soprattutto di progettare un futuro per tutta l’umanità. Tuttavia essa esiste, c’è e bisogna farci i conti. Non è un dono di Dio, non è la migliore possibile. Silvano Agosti, nel suo apparente radicalismo, sostiene che è la peggiore perché pretende  di essere l’unica possibile. Sarebbe meglio dire che non sopporta altro da sé. Fino a Democrito, in quella che definiamo cultura occidentale, c’è ricerca, poi cambia tutto: ci si concentra sull’aspetto morale e personale della filosofia. Potremmo definirle deviazioni auto-centriche e auto-referenziali. Con Platone il pensatore si distacca dalla Polis, se ne allontana, è esterno ad essa.

C’è poi il problema dell’errore epistemologico della nostra civiltà: la separazione della scienza/conoscenza dall’arte/corpo/emozioni che si sostiene non siano pertinenti alla conoscenza, con la conseguente segregazione del corpo, delle emozioni, della religione dal contesto della civiltà della borghesia. Questa civiltà è nata, cresciuta, consolidata ed identificata molto bene con l’Occidente. Un altra prova del nostro fiasco consiste nel fatto che abbiamo nascosto la contabilità, limitata poiché non inclusiva di guerre e disastri sociali ed ambientali per il profitto, della società contemporanea eufemisticamente chiamata di “libero mercato”, la quale fa apparire come minore addirittura quella delle guerre mondiali, delle guerre di religione o della tanto famosa moda (ormai trapassata) di andare a contare i morti che ha fatto Stalin. Tuttavia, all’ansia della produzione e del lavoro si affianca l’ansia maniacale rivolta alla separazione/parcellizzazione delle azioni dell’uomo, alla fuga dalla realtà, cioè dalle proprie responsabilità. Sovrapposizione della “razionalità” e del calcolo ad ogni altro aspetto: emotivo, sentimentale, irrazionale.

La vita della specie umana così come si è affermata, in accordo con quanto affermato da Chomsky sul piano dello sviluppo/evoluzione linguistica e ripreso da Vidal, non è l’unica possibile e pertanto giusta come affermava Hegel ma è il risultato della sua storia contradditoria, fatta di innumerevoli sovrapposizioni, che non è vero eliminino ciò che stà sotto o è precedente, nella risolutrice sintesi, del tutto ingiudicabile secondo i nostri canoni. La vita della specie umana così come si è affermata, forse è tra le peggiori possibili, nonostante le potenzialità di partenza e nonostante l’istinto di conservazione della specie stessa. Esattamente come nella storia di un essere umano, piena di errori, dominata dall’eterogenesi dei fini. O, forse, è semplicemente quella che è, in attesa di essere resa veramente ad altezza di essere umano.

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