L’anticomunismo degli italiani.

L'anticomunismo degli italiani
L'anticomunismo italiano affonda le radici nel contesto della Rivoluzione russa del 1917 e si intensifica durante il periodo tra le due guerre, quando il fascismo di Benito Mussolini si opponeva fermamente al comunismo. La lotta contro il comunismo divenne un elemento centrale della propaganda fascista, che lo presentava come una minaccia alla stabilità e all'ordine sociale.

Ovvero, quale tipo di anticomunismo ha espresso ed esprime la cultura italiana? C’è un parallelo tra i diversi tipi di anticomunismo fascista – fonte non univoca  cui sarebbe da aggiungere quella del liberalismo e del cattolicesimo fra loro strettamente imparentate – e varie forme di anticomunismo europeo ed esso è la conferma del fatto che ciò che veramente conta, nei fenomeni sociali, è il retroterra culturale di coloro che li esprimono. Ma andiamo con ordine. Si è detto che Hitler fosse stato allievo di Mussolini, del quale applicò gli insegnamenti. È una lettura parzialmente condivisibile e proprio per questo chiama in causa il fascismo italiano. Tuttavia, i risultati della metabolizzazione hitleriana sono stati diversi da quelli della metabolizzazione mussoliniana. C’è da premettere che i tedeschi come collettività, per quanto discutibili, hanno sempre dato maggiori risultati di noi italiani, in età moderna, sul piano della concretezza realizzatrice. La differenza risiede tutta nella diversità della storia delle due nazioni e del tipo umano che ne è stato il prodotto. Cosa ha avuto di diverso la Germania rispetto all’Italia? La rivoluzione protestante, l’unificazione nazionale tardiva si, ma portata a termine da una borghesia forte, due rivoluzioni socialiste (durate poco), la reazione nazista, il socialismo realizzato nella parte orientale del paese nel dopoguerra. I nostri connazionali che festeggiano (giustamente) la guerra partigiana dimenticano che i tedeschi, sul Reichstag, sono riusciti a far sventolare la bandiera rossa già prima del nazismo e che sotto il nazismo, cioè sotto una cappa più pervasiva di quella mussoliniana (e senza voler sminuire il dittatore nostrano semplicemente più disorganizzato), ci fu una resistenza eroica, con personaggi come Magnus Poser e compagni, in grado di portare attacchi fisici ai danni dei nazisti. Storie dimenticate, anche da molti antifascisti nostrani, perché scomode: romperebbero il quadretto che ritrae il tedesco come monoliticamente, razzialmente, nazista.

Se è vero ciò che diceva Otto Weininger, intellettuale ebreo già campione della destra, quando affermava nella controversa opera Sesso e carattere

Come nell’altro si ama soltanto ciò che si vorrebbe essere per intero mentre non lo si è mai interamente, così nell’altro si odia soltanto ciò che non si vorrebbe mai essere e che invece in parte si è

allora possiamo aggiungere un tassello psicologico (e psico-analitico) ai diversi caratteri del fenomeno fanatismo di destra in Italia ed in Germania. Un tassello che esprime la vasta fragilità etica della nostra classe dirigente.

Il fascismo italiano ha prodotto dei danni diversi da quelli del fascismo tedesco. E anche degli anticorpi diversi. Il fascismo italiano è sempre stato più attento alla bottega e al portafogli. C’era, nello stesso, e c’è ben poco di ascetico. Quello tedesco, seppure prodotto dalla stessa paura della rivoluzione egualitaria, ha avuto una carica ideale e psichica molto potente. Mentre in Italia si pensava alla decenza borghese picchiando i braccianti e gli operai, a mantenere le distanze fra ricchi e poveri, al decoro superficiale della quotidianità e a non far gestire le fabbriche ai lavoratori, intercalando il tutto con un faccetta nera di prammatica, la reazione nazista costruiva un vero e proprio regime operaio aiutato da un tipo umano esemplato alle imprese folli quanto disperate. Serva di esempio il tipo di istruzione riservato a chi faceva parte delle SS.

Dall’humus di chiara matrice peninsulare è nato il nostro anticomunismo che è arrivato, tra una modificazione e l’altra, fino ai nostri giorni. Un liberalismo anemico e incapace di unificare una nazione troppo frazionata ha fornito l’apporto fertilizzante per la bisogna. Pertanto, nell’anticomunismo italiano di impronta fascista non c’è nulla di potente, pronto al sacrificio estremo, non c’è una sublimazione dell’inferno delle astrazioni ideali fino a vedere nel comunista un appartenente ad un’altra razza, ma il pervicace attaccamento all’interesse, la semplice trasposizione in salsa secolare del mercantilismo cattolico delle assoluzioni, dove il comunista è pericoloso perché ha la colpa di combatterle.

 

 

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About the Author

Sergio Mauri
Blogger, autore. Perito in Sistemi Informativi Aziendali, musicista e compositore, Laurea in Discipline storiche e filosofiche. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d'Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014, con PGreco nel 2015 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.

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