La bella età dell’oro.

La bella età dell'oro
La bella età dell'oro, un passato da cancellare, che prescinde gli avvenimenti del passato, età dell'oro, la follia viene dal passato, passato, passato remoto, il passato, il presente, il futuro,

di Sergio Mauri

Si legge o si sente dire negli ambienti di sinistra radicale che il problema, o la loro sfortuna politica, sarebbe quello di aver voltato le spalle a Marx o magari a…Stalin. Un’affermazione densa di sicumera, ma che non ci dice proprio nulla intorno al problema e in definitiva potrebbe risultare controproducente. Infatti, per inverare l’affermazione, dovremmo almeno sapere di quali contenuti e di quali forme del pensiero di Marx si parla, di quali versioni o articolazioni dello stesso si sta parlando. In questa vaghezza, in cui la politica è un contenitore vuoto che può essere riempito dalle idee che ognuno può ritenere valide (o migliori), è evidente che il “problema” è rappresentato dai soggetti che ne parlano, presupponendo facciano parte di un “campo” o di un’”area” politica che ne può parlare. Questa vaghezza è il punto centrale che potremmo anche sostituire alla parola “problema” poiché ne esplicita più chiaramente i contorni.

Anche in ambienti cattolici, tutti (o quasi) i problemi per l’uomo sarebbero iniziati con la modernità, cioè con il voltare le spalle a quella cultura cristiana così ben rappresentata dal Medioevo, vera o comunque sana realizzazione dell’ideale (permettetemi il termine illuministico) cristiano. Il meglio, come per il socialismo, sarebbe sempre dietro le spalle. Forse perché da quando siamo piccoli in poi è tutto un decadere di propositi, un incedere di fallimenti, una presa di coscienza del nostro non contare nulla nella contabilità dell’universo che sarebbe stato meglio avere tre anni per l’eternità e farsi cullare in un mondo in cui ragnasse la nostra mancanza di responsabilità. Come per il caso precedente certamente la Chiesa nel Medioevo ha segnato un forte protagonismo, ma in quanto a potenza non saprei dire se fosse più potente di oggi. A naso, con i potenti mezzi tecnico scientifici della modernità che ha trasformato anche i sacerdoti in borghesi, non direi. Oggi è sicuramente più potente anche se snaturata.

Stesso discorso, almeno per quanto riguarda il volgere le spalle al passato, all’esperienza del padre, i fondamenti della nostra società risiederebbero in un radioso, quanto sideralmente lontano, passato che ci avrebbe visto come i protagonisti della storia. E allora avanti con la civiltà greca, con la storia dell’Impero romano, con la fondazione della Chiesa di Roma, eccetera. E tutta l’azione politica, come nei casi soprastanti, bene o male sarebbe orientata a rifondare il passato, a restaurarlo, neanche fosse un’operazione semplicemente tecnica, dopo aver girato lo sguardo al presente e implicitamente al futuro, per rivedere e rifare il passato. Eternamente. Su questo artificiale ricollegarsi al passato hanno giocato diversi regimi del secolo scorso, dalla Germania, all’Italia, alla Spagna. Non immuni da un tale atteggiamento pure nazioni più piccole o grandi paesi imperialistici come il Regno Unito, ormai declassato a esecutore materiale dei diktat statunitensi.

Lungi da me l’idea di sottovalutare ciò che è stato. Lungi da me il non apprezzare e soppesare tutto ciò che generazioni di esseri umani ci hanno fatto pervenire, soprattutto in termini di pensiero. Tuttavia, c’è un qualche cosa di malato in tutto ciò, oltre che di profondamente stupido. Avere queste visioni è sintomo non tanto di un’incapacità di vedere il futuro, quanto di un attaccamento insano al potere che si giustifica molto bene con operazioni di manipolazione della storia e della coscienza collettiva. Il passato e il futuro forse non esistono in senso proprio, ma sono parte di quel flusso delle cose che hanno visto ognuno di noi e quelli che non ci sono più, interagire in qualche modo nelle cose e con gli altri esseri umani. Nel bene e nel male. Orientarsi al passato, al pari di avere il mito del futuro, ci mantiene però colpevolmente poco attivi nel presente, perché è proprio qui che dovremmo agire cercando di fare qualcosa per noi, per la nostra comunità, per l’umanità. Probabilmente è proprio la mancanza di motivazioni che ci fa rifugiare nel tepore del già visto, del già fatto, della strada già percorsa. Ovvero nel passato.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022.
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