Il Crepuscolo degli idoli-Friedrich Nietzsche.

Crepuscolo degli idoli
Crepuscolo degli idoli

di Sergio Mauri

In questo testo Nietzsche lotta contro la modernità, la razionalità, ma anche contro i luoghi comuni della cultura borghese dell’epoca.

Prefazione.

Nietzsche dichiara di auscultare gli idoli: “Al mondo ci sono più idoli che realtà”. A volte sono i più creduti e nei casi più nobili possono non essere degli idoli.

Detti e frecce.

In 44 punti, in cui vengono toccati tutti gli argomenti dello scibile e del quotidiano.

Il problema di Socrate.

  1. I più saggi in ogni tempo hanno asserito che la vita non vale nulla. Incluso Socrate. Quindi, il consensus sapientum prova la verità. Tuttavia, quei saggi erano già decadenti: così devono considerarsi le loro asserzioni.
  2. I grandi saggi come tipi della decadenza. Socrate e Platone come sintomi della decadenza. (Vedi à Nascita della tragedia, 1872). Essi avevano ragione nel trovarsi d’accordo, concordavano fisiologicamente in qualcosa. I giudizi di valore o sulla vita contano solo come sintomi. Un vivente, parte in causa, non può stimare il valore della vita.
  3. Socrate apparteneva al popolino, alla plebaglia. Essendo brutto, Nietzsche pensa non fosse greco e la sua bruttezza fosse tale a causa di ibridazione. È decadente.
  4. Sregolatezza e anarchia degli istinti; superfetazione[1] del logico e cattiveria da rachitico. In lui tutto è esagerato, buffo, caricatura, tutto è nascosto, sotterraneo. Nietzsche considera bizzarra l’equazione socratica ragione = virtù = felicità.
  5. Con Socrate il gusto greco si ribalta nella dialettica. Con la dialettica la plebaglia rialza la testa, viene vinto il gusto aristocratico. Prima la dialettica era vista come compromissione. Ciò che ha bisogno di essere dimostrato ha poco valore.
  6. Si sceglie la dialettica quando non si hanno altri mezzi. Essa suscita diffidenza. La propria ragione va ottenuta a forza.
  7. In Socrate la dialettica è solo una forma di vendetta.
  8. Socrate destava avversione e al tempo stesso affascinava. Fu anche un grande erotico.
  9. Egli antivide che la vecchia Atene stava andando verso la fine. Vide dietro e oltre la fine. Egli era parte della stessa cura concepita e ammessa dagli Ateniesi.
  10. La ragione socratica è piuttosto un tiranno. La ragione doveva risolvere una situazione d’emergenza. Cedere agli istinti, all’inconscio trascina in basso.
  11. Socrate affascinava apparendo come un medico, un salvatore. Combattere gli istinti; l’intera morale del miglioramento, anche quella cristiana, fu un equivoco.
  12. Socrate si diede la morte, la morte non gli fu data.

La “ragione” nella filosofia.

  1. Mancanza di senso storico, del concetto del divenire nei filosofi. Ma se non possono possedere nulla, poiché tutto diviene e nulla permane, allora cercano delle cause oscure, dietrologiche a giustificare ciò. Quindi, non credere ai sensi.
  2. Nietzsche mette da parte Eraclito. Per Eraclito i sensi erano da respingere perché mostravano le cose come se possedessero durata e unità. Gli altri filosofi li rifiutavano perché indicavano molteplicità e mutamento. Per Eraclito l’essere è una vuota finzione.
  3. I sensi (come, ad esempio, l’olfatto) sono strumenti di conoscenza, al contrario di scienze che non hanno rapporti con la realtà, come la logica o la matematica.
  4. Un’altra idiosincrasia dei filosofi: scambiare ciò che è ultimo con ciò che è primo. Tutto ciò che è superiore è causa sui, non può essere divenuto.
  5. Errore e apparenza come problemi. Prima si ricercava la prova dell’apparenza nella trasformazione, nel mutamento e nel divenire. Ora ragioniamo di unità, identità, durata, sostanza, causa, materialità, essere. L’errore sta nel linguaggio. La ragione come metafisica del linguaggio. il problema risiede nel linguaggio. Il feticismo della ragione vede dappertutto autore e atto; crede nella volontà come causa in generale; crede nell’io come sostanza, essere; proietta questa fede su ogni cosa e ne crea il concetto. Qui la famosa conclusione di Nietzsche: “Temo che non ci libereremo di Dio perché crediamo ancora alla grammatica”.
  6. Quattro proposizioni:
    1. Prima proposizione: i motivi per cui questo mondo è stato definito apparente ne fondano invece la realtà. Non è dimostrabile un’altra specie di realtà.
    1. Seconda proposizione: il marchio affibbiato al vero essere delle cose è il marchio del non essere, cioè del nulla. Si è costruito il “mondo vero” dalla sua contraddizione col mondo reale. Mondo in effetti apparente, illusione ottico-morale.
    1. Terza proposizione: favoleggiare di un mondo altro da questo non ha senso. Diffamiamo la vita per vendetta attraverso la fantasmagoria di una vita “altra”, “migliore”.
    1. Quarta proposizione: suddividere il mondo in vero e apparente (cristianesimo, Kant) è un sintomo di declino.

Come il “mondo vero” finì per diventare favola.

Storia di un errore.

Morale come contronatura.

  1. Le passioni dapprima sono funeste, poi si spiritualizzano. Alla passione, un tempo si faceva la guerra: vedi il Nuovo Testamento, Discorso della Montagna. Ma oggi annientare la passione in quanto portatrice di stupidità viene considerato un discorso stupido. La prima Chiesa combatté una guerra contro gli intelligenti a favore dei poveri di spirito. Aggredire le passioni alla radice significa aggredire alla radice la vita. La Chiesa è nemica della vita.
  2. Le cose peggiori contro i sensi sono state dette da coloro che avrebbero avuto bisogno di essere asceti.
  3. L’amore è la spiritualizzazione della sensualità. È un trionfo sul cristianesimo. Lo è anche la nostra spiritualizzazione dell’inimicizia. Utilità dell’inimicizia. Per una sorta di equilibrio l’inimicizia è utile. Si è fertili solo se ricchi di contrasti. Il desiderio cristiano di un’anima pacifica ci è estraneo.
  4. Ogni naturalismo nella morale è dominato da un istinto della vita. La vita finisce dove inizia il regno di Dio.
  5. La morale cristiana è una ribellione contro la vita, ma è inutile, assurda e mendace. La condanna della vita però, come giudizio di valore, è detta da parte della vita indebolita, in declino, stanca.
  6. Consideriamo infine l’ingenuità del dire come l’uomo dovrebbe o non dovrebbe essere.

I quattro grandi errori.

  1. Errore dello scambio di causa ed effetto. Corruzione della ragione. Si chiama religione, morale. L’esempio di Cornaro (dieta parca, ma semplicemente perché egli non poteva mangiare di più a causa del suo metabolismo).
  2. Religione e morale hanno come formula: fai questo, non fare quello e sarai felice. L’immortale irrazionalità. La virtù è il rallentamento del metabolismo che allunga la vita (Cornaro).
  3. Errore di falsa causalità. Crediamo di sapere cos’è una causa. Non esistono cause spirituali. Errore dello spirito come causa.
  4. I processi della coscienza che accompagnano le rappresentazioni le pensiamo come cause. Abbiamo un’abitudine a una certa interpretazione delle cause che in verità ostacola e persino esclude una ricerca della causa stessa.
  5. Spiegazione psicologica di ciò. Ricondurre qualcosa di non conosciuto a qualcosa di noto, calma e solleva. Prova del piacere come criterio della verità. Quindi, la causalità è condizionata e stimolata dalla paura. Si ricerca come causa una specie di spiegazioni, anzi una specie scelta e privilegiata di spiegazioni, le spiegazioni più abituali. Un ordinamento causale prevale sempre più e diventa predominante escludendo altre cause e spiegazioni.
  6. Tutta la sfera morale e religiosa è inscritta in questo concetto delle cause immaginarie. I sentimenti comuni sgradevoli sono determinati da esseri che ci sono ostili, da azioni riprovevoli. Sono determinati come punizioni. Sono sentimenti condizionati in quanto conseguenze di azioni sconsiderate che finiscono: gli affetti, i sensi stabiliti come causa, stati fisiologici di necessità interpretati come meritati con l’ausilio di altri stati di necessità. Sentimenti comuni piacevoli, determinati dalla fiducia in Dio. Determinati dalla coscienza di buone azioni, dall’esito felice di imprese. Condizionati da fede, carità, speranza (le virtù cristiane). Queste spiegazioni sono state conseguenti a sentimenti di piacere o di dolore.
  7. Errore della libera volontà. Trucco dei teologi per rendere l’umanità responsabile nel senso di dipendente da loro. Si riconduce l’essere a volontà, intenzioni, atti di responsabilità. Il volere è stato inventato per punire, cioè voler trovare colpevoli. L’azione doveva esser pensata come voluta, la sua origine riposta nella coscienza. Il cristianesimo è una metafisica del boia.
  8. La dottrina quale può allora essere? Nessuno da all’uomo le sue qualità, né Dio, né la società, né i suoi genitori e antenati, né egli stesso (idea intellegibile). Nessuno è responsabile della propria esistenza, di esser fatto in un certo modo, di trovarsi in queste circostanze, in tale ambiente. Egli non è uno scopo, con lui non si tenta di raggiungere un ideale di uomo, un ideale di felicità, un ideale di moralità. Nessuno dev’essere responsabile, non si consenta di ricondurre a una causa prima la natura dell’essere. Questa è la grande liberazione.

I “miglioratori” dell’umanità.

  1. Il filosofo deve porsi al di là del bene e del male, oltre il giudizio morale. Non esistono fatti morali. Giudizio morale e religioso attengono a realtà che non sono tali.
  2. Tendenza a voler rendere migliori gli uomini. Addomesticamento e allevamento dell’uomo come suo indebolimento. La Chiesa ha guastato l’uomo, lo ha indebolito, ma “reso migliore”.
  3. Caso dell’allevamento. Esempio di Manu in confronto al Nuovo Testamento. In questo caso lotta contro l’uomo-miscuglio, il Ciandala che andava indebolito.
  4. Ebraismo contro cristianesimo e arianesimo, opposto a ogni morale dell’allevamento. La vittoria dei poveri, degli umili, dei falliti contro la “razza”.
  5. Tutti i mezzi grazie ai quali sinora l’umanità ha dovuto esser resa morale erano immorali. Qui da una parte Nietzsche e con la sua tipica ambiguità giudica addomesticamento e allevamento come strumenti, fallaci, dei miglioratori dell’umanità, dall’altro forse l’unico mezzo per lasciar fuori gli ultimi e i falliti dal consesso sociale.

Quel che manca ai Tedeschi.

  1. Prendersi la libertà di avere spirito. Virtù virili dei Tedeschi, cultura “semplice”, non alta. I Tedeschi diffidano dello spirito.
  2. Popolo Tedesco instupidito da alcool e cristianesimo.
  3. Spirito tedesco che diventa più rozzo e si appiattisce.
  4. La cultura tedesca è al tramonto. Si è investito nella direzione opposta.
  5. Vi è bisogno di educatori che siano educati. Educazione superiore e numero esorbitante è una contraddizione. Le cose grandi e belle non possono essere patrimonio comune. Le scuole superiori sono mediocri.
  6. Bisogna imparare a vedere, a pensare, a parlare, a scrivere allo scopo di costruire una cultura aristocratica. Ogni mancanza di spiritualità, ogni bassezza poggiano sulla incapacità di resistere a uno stimolo.
  7. Declino del saper pensare nelle scuole e nelle Università. Saper pensare anche sapendo scrivere.

Scorribande di un inattuale.

  1. I miei impossibili: Seneca, Rousseau, Schiller, Dante, Kant, Victor Hugo, Liszt, George Sand, Michelet, Carlyle, John Stuart Mill, Lesfreres de Goncourt, Zola.
  2. Renan. Teologia, cioè corruzione della ragione a causa del peccato originale (cristianesimo).
  3. Sainte Beuve. Contro gli spiriti virili. Contro ogni grandezza negli uomini e nelle cose. Nietzsche gli dà della “femmina” dando inizio al suo criticismo sessista.
  4. Imitatio Christi. Eterno femminino.
  5. G. Eliot. Sostituzione della morale cristiana col fanatismo della morale.
  6. George Sand, discende da Rousseau e come lui è falsa e artificiosa, una mucca-da-scrivere.
  7. Morale per psicologi. Superiorità della natura, del caso sul voler vivere un’esperienza per vivere un’esperienza.
  8. Sulla psicologia dell’artista. Presupposto dell’arte e del contemplare l’arte è l’ebbrezza. Essenziale nell’ebbrezza è il senso dell’aumento di forza e della pienezza.
  9. L’uomo trasforma le cose fino a che non divengono perfezione di sé stesso. Come nell’arte. In questo senso l’uomo non è cristiano perché fa. Dire si alla vita e all’arte non è cristiano.
  10. Apollineo e dionisiaco come specie dell’ebrezza. In quella apollinea viene soprattutto eccitato l’occhio, in quello dionisiaco l’intero sistema degli affetti.
  11. Le arti sono affini. Tuttavia, specializzandosi giungono alla contraddizione. L’architettura è una sorta di oratoria della potenza attraverso forme.
  12. Thomas Carlyle, un romantico, interpreta in modo eroico-morale gli stati dispeptici[2]. È un ateo che si fa onore di non esserlo.
  13. Emerson. Più illuminato, errabondo, complesso e raffinato di Carlyle. Gaiezza bonaria e intelligente.
  14. Anti-Darwin. Non è vero che la selezione porti alla vittoria dei più forti. Sono, invece, i più deboli a prevalere. Darwin è contraddetto.
  15. Casistica di psicologi. Chi studia gli uomini e ci si mette in mezzo (lo psicologo) è il meno peggio rispetto ad altri studiosi di uomini che lo fanno per disprezzarli e sentirsene superiore.
  16. Il tatto psicologico dei Tedeschi: innanzitutto Nietzsche non perdona loro di essersi sbagliati su Kant e la “filosofia delle scappatoie”. Inoltre, Nietzsche non gli perdona di aver accomunato (la famigerata “e”) Goethe e Schiller, Schopenhauer e Hartmann.
  17. Gli uomini spirituali vivono le tragedie più dolorose.
  18. Sulla “coscienza intellettuale”. Sfogo contro l’ipocrisia imperante nell’epoca di Nietzsche.
  19. Bello e brutto nulla ci garantisce sul nostro giudizio di bello, limitato e “tarato” sulla nostra specie.
  20. Solo l’uomo è bello, null’altro. È brutto solo l’uomo che degenera. Ci si attiene solo al lato fisiologico. È l’uomo che odia sé stesso, che prevede il suo corso.
  21. Schopenhauer, ultimo tedesco degno di essere preso in considerazione, a livello europeo. Nella sua valutazione nichilistica della vita chiama a sostegno le istanze opposte delle grandi auto-affermazioni della “volontà di vita”. Egli è l’erede dell’interpretazione cristiana.
  22. Schopenhauer parla della bellezza in modo malinconico e in essa vede negato l’istinto della procreazione. Tuttavia, Platone dice che ogni bellezza stimola la procreazione.
  23. Accostamento della filosofia all’erotismo, in Platone. Ne è scaturita la dialettica.
  24. L’arte per l’arte, cioè fuori da ogni morale. Attraverso l’arte, dice Schopenhauer, ci si libera della volontà. Ma ciò è pessimistico. Bisogna appellarsi agli artisti tragici. L’artista tragico ci dice che ciò che conta è la mancanza di paura davanti al terribile e al problematico.
  25. Accontentarsi degli uomini, rimanere aperti e disponibili è liberale. Chi tiene chiusi i propri spazi migliori attende ospiti di cui non accontentarsi.
  26. La loquacità non è delle esperienze migliori. Nemmeno l’aprire il proprio cuore lo è. La lingua c’è per ciò che è comunicabile, cioè mediocre e medio.
  27. Perché una donna letterata dovrebbe sbagliare giudizio ed essere oca?
  28. Gli “impersonali”. La virtù degli “impersonali” è il diventare personali, saggi, pazienti, superiori.
  29. Da un esame di laurea. Compito di ogni istruzione superiore è quello di fare dell’uomo una macchina. Egli deve, quindi, annoiarsi per mezzo del dovere, cioè del darsi da fare. Il funzionario statale è l’uomo perfetto per questo compito. Kant: il funzionario statale come cosa in sé posto a giudice del funzionario statale come fenomeno.
  30. // diritto alla stupidità. Del lavoratore, dell’uomo medio, di tutte le classi sociali, avanza diritti sull’arte, i libri, i giornali. La pura sciocchezza come vacanza dello spirito.
  31. Ancora un problema di dieta. Difendere il genio attraverso un’attività pressante. Qui Nietzsche fa un parallelo con il sistema di Giulio Cesare per difendersi da acciacchi e mal di testa: attraverso un’intensa attività fisica.
  32. Parla l’immoralista. Il desiderio è nemico del filosofo e della filosofia.
  33. Valore naturale dell’egoismo. L’egoismo vale per quanto vale chi lo possiede.
  34. Cristiano e anarchico. Il cristiano (che trova la colpa in sé stesso), il socialista e l’anarchico (che la trovano negli altri) sono tutti decadenti. Trovano un modo di sentirsi forti vendicandosi della società.
  35. Critica della morale della décadence. La morale altruistica è una morale in cui l’egoismo languisce. L’egoismo per Nietzsche è la parte migliore. Il disinteresse è la formula della decadenza. Non cercare il proprio vantaggio significa non riuscire più a trovarlo. È come dire che nulla ha più valore.
  36. Morale per medici. Il malato è un parassita della società. Si dovrebbe scegliere la morte, in certi casi, con fierezza e letizia, come si dovrebbe fare per la vita stessa. Una vita indegna non merita di essere vissuta.
  37. Siamo diventati più morali? Qui Nietzsche parla degli attacchi ricevuti al suo concetto di “al di là del bene e del male” e della presunzione, della sua epoca, di essere quella migliore nel “giudizio morale”. Tutti credono questo, ma già questo (può essere) è un’obiezione. Il cosiddetto progresso è una menzogna necessaria, dunque, valida per ogni epoca in sé e per sé, frutto (anche) di un’indole diversa. Per Nietzsche un’indole più delicata, vulnerabile. Nessuna morale ha valore in sé, dice Nietzsche. Ingentilimento dei costumi à debolezza e decadenza; durezza e terribilità degli stessi à sovrabbondanza di vita. Nietzsche disprezza la compassione, l’altruismo in quanto decadenti.
  38. // mio concetto di libertà. A volte il valore di una cosa non sta in ciò che con essa si ottiene, ma in ciò che ci costa. Liberalismo come livellamento e costruzione dell’animale da gregge. Il liberalismo come negazione della libertà. La libertà si conquista.
  39. Critica della modernità. Della modernità e in particolare del matrimonio, che oggi si configura come non necessario. Nietzsche parla di “solidarietà di istinti tra i secoli”, si presume in tutti gli attori in campo: moglie, marito, figli. Ognuno secondo i propri “ruoli”.
  40. La questione operaia. L’aver dato dei diritti agli operai, l’averli fatti uscire dall’umiltà e dalla modestia, ne ha fatto degli esseri che hanno bisogno di diritti.
  41. “Libertà che io non ritengo tale…..”. Il moderno come autocontraddizione fisiologica. Il nostro concetto di libertà è prova ulteriore della degenerazione dell’istinto.
  42. Dove c’è bisogno di fede. La fede è più utile, efficace e convincente di un’ipocrisia consapevole. Non bisogna dire la verità e i filosofi si guardano bene dal dirla.
  43. Detto all’orecchio dei conservatori. Si deve camminare in avanti, non indietro. Avanti nella decadenza. Si può ostacolare questo sviluppo, col risultato di rendere più veemente e improvvisa la degenerazione.
  44. Il mio concetto di genio. I grandi uomini prorompono (fortuitamente) nei momenti di grande accumulo di tensioni. Essi sono, manifestano la fine di un’epoca.
  45. Il delinquente e ciò che gli è affine. Dostoevskij traccia queste nature non inglobabili nella società, non utili, non benefiche, considerate non-uguali, ma reiette. Sono creature del “sottosuolo”.
  46. Qui la vista è libera. Amare è perdere dignità, per un filosofo? Tacere è elevatezza d’animo? Elevatezza d’animo che si può inverare anche nel non temere l’indegno: Dio che amava si è fatto ebreo. (Essere ebreo è indegno?)
  47. La bellezza non è un caso. La bellezza è il risultato di un lungo lavoro, durante il quale si sono tralasciati alcuni aspetti, per la bellezza. I Greci sono il risultato di quel lavoro che inizia dal corpo; il cristianesimo, odiando il corpo, ha coltivato l’anima.
  48. Progresso nel senso mio. Ribrezzo verso la rivoluzione, ritorno alla natura come un arrivare “in alto”. Contro Rousseau e il suo ugualitarismo.
  49. Goethe. Autore (Nietzsche lo chiama “un fatto”) europeo, non tedesco. Tentativo di superare il Diciottesimo secolo con un ritorno alla natura. Goethe cercava la totalità, combatté le separazioni. Goethe concepiva un uomo forte in tutti i sensi, come Napoleone.
  50. Critica di Nietzsche al Diciannovesimo secolo, una sorta di potenziamento del Diciottesimo e dei suoi “errori”: universalità dell’intendere, realismo, rispetto per ogni realtà.
  51. Goethe ha il rispetto di Nietzsche ed è l’ultimo tedesco ad averlo.

QUEL CHE DEBBO AGLI ANTICHI.

  1. Nietzsche si rifà al mondo classico, al gusto e allo stile epigrammatico, in particolare a Sallustio e a Orazio.
  2. Dai Greci non si impara, se non attraverso i Romani. Platone è il primo a dare segni di decadenza. È un cristiano ante-litteram, un moralizzato. Tucidide e Machiavelli come antidoti a Platone. Tucidide come ultima rivelazione dell’istinto dell’antico Elleno.
  3. Nei Greci Nietzsche vede il loro istinto più forte, la volontà di potenza. I filosofi (tedeschi) sono la decadenza della grecità. Ai decadenti si addicono grandi atteggiamenti e grandi parole.
  4. Dioniso, istinto ellenico, lo si può pensare come un sovrappiù di forza. Il fatto dionisiaco come volontà di vita, spirito vero dei Greci. L’uomo greco con questi misteri si garantiva la vita, il suo eterno ritorno, tramite la procreazione e i segreti della sessualità. I Greci hanno santificato la sessualità, il cristianesimo ha gettato fango sul presupposto della nostra vita.
  5. La psicologia dell’orgiasmo (senso di vita e forza) fornisce a Nietzsche la chiave di comprensione del sentimento tragico.

PARLA IL MARTELLO.

Qui cita Così parlò Zarathustra.

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[1] Uso figurato del termine con valore di “aggiunta superflua”.

[2] La dispepsia indica una condizione patologica caratterizzata dalla presenza predominante di dolore e/o fastidio persistente o ricorrente localizzato nell’epigastrio, più o meno associato a senso di pienezza e anoressia.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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