Essere e tempo – Martin Heidegger – Il problema del linguaggio nella quotidianità.

Essere e tempo - Martin Heidegger
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di Sergio Mauri

Il problema del linguaggio all’interno della quotidianità. Da non intendersi all’interno della linguistica, piuttosto come in quanto modo di espressione della comprensione. Il nesso cruciale in quanto forma espressiva che lega soggetto a oggetto o dice qualcosa di qualcosa, quindi in senso giudicativo, il nesso è in quel in quanto, un in quanto tale, in quanto qualcosa, l’Als, in quanto. È un in quanto di tipo apofantico, in quanto dimostra qualcosa (in Aristotele, enunciato verbale che possa essere definito vero oppure falso: per esempio il giudizio). L’Als è di carattere ermeneutico esistenziale. Tutto ciò avviene nell’ambito dell’ermeneuticità del linguaggio, che è posta al servizio della comprensione. Da questo punto di vista ermeneutico-esistenziale, la linguistica è fuorviante. Heidegger dice che un’indagine (Paragrafo 34) filosofica deve lasciar da parte la filosofia del linguaggio e quindi la linguistica e riferirsi alle cose stesse. Avvicinarsi all’essere, quindi, all’essere in quanto tale e all’essere dell’esserci. La prima questione inerente il linguaggio concerne la chiacchiera, un linguaggio che si manifesta nella superficie, senza approfondimento. Chiacchiericcio (p. 207). Con la chiacchiera non si arriva mai alle cose, la chiacchiera diffonde una comprensione indifferente. La chiacchiera non necessita di capire altro che il velo, non comprende null’altro. Si articola sulla base della curiosità, qualcosa di non conosciuto, ma ricercato, una sorta di dinamismo della volontà. Il sapere semplificato per questa via spinge una tendenza a spingere oltre senza soffermarsi sulla cosa.

La curiosità è abbandono al mondo, è tipicamente incapace a soffermarsi sulle cose. Nella ricerca scientifica o filosofica ciò non sarebbe possibile. La curiosità è irrequietezza che porta a passare da un oggetto all’altro, senza sosta. La non necessità a sostare sulla cosa denota il desiderio di passare da una cosa a un’altra, che denota anche la velocità con cui dà una cosa all’altra si passa. Si passa da un “Jetzt” a un altro “Jetzt” senza soluzione di continuità. Siamo sempre nella modalità del passaggio da inautentico ad autentico e viceversa.

Incapacità di soffermarsi e distrazione si uniscono all’irrequietezza. La chiacchiera dice ciò che si è visto o sentito. Siamo in una sorta di girare a vuoto, esito della curiosità, che è affidato alla chiacchiera.

Lo sradicamento dell’esserci produce una rimozione. La vita non è autenticamente vissuta nella chiacchiera e nella curiosità. Da esse scaturisce l’equivoco, il pensare (ambiguità di fondo) in cui siamo orientati verso concezioni e conoscenze sbagliate.

L’equivoco offre alla curiosità motivo che poi la chiacchiera legittima al nostro orecchio. L’esserci è così preda di una impersonalizzazione e spersonalizzazione, si affida al “si”, quindi non necessariamente a un altro esserci. Quindi, nella maschera di stare l’uno con l’altro abbiamo uno stare l’uno contro l’altro nella realtà. Tanto è vero che noi siamo nel “si”. Decadimento, deiezione, Verfallen. È la forma costitutiva dell’esserci nella quotidianità. L’apertura c’è sempre, dunque, nell’esserci e può essere attivata in una direzione o in un’altra, verso l’essere o la sua deiezione. Il termine non ha un’accezione negativa, è un dato di fatto.

L’esserci “innanzitutto e per lo più” è sempre decaduto. Qui, allora, inautentico e autentico non nel senso che l’esserci perde sé stesso. L’esserci continua a possedere il proprio essere che però si manifesta in due modi, inautentico o autentico. L’inautenticità è un modo di essere al mondo, un modo in cui l’esserci è completamente stordito, trattenuto. Nella quotidianità è un carattere inevitabile. La deiezione è un modo di essere, una condizione dell’esserci. Tutto ciò è inevitabile e genera tranquillità.

L’essere-nel-mondo deiettivo è tentatore e tranquillizzante. Lo stato di deiezione nel mondo è anche estraniante, oltre che tentatore. Una sorta di alienazione; l’esserci nella quotidianità deiettiva è estraniato, che non vuol dire che l’esserci sia strappato da sé stesso. L’esserci nella forma della deiezione si trova in mezzo a forze contrapposte, polarità opposte che sono la base dell’esserci nella quotidianità media.

Quindi, l’esserci è gettato in questa sua condizione. La gettatezza, Geworfenheit, è il modo in cui l’esserci si riconosce come essere finito.

La deiezione è la prova più lampante dell’esistenza dell’esserci. La deiezione ne va in pieno del poter essere nel mondo, poiché è caratterizzato dalla situazione e condizione emotiva. L’autenticità è l’afferramento autentificato del fenomeno dell’esserci. La deiezione non è un risvolto oscuro della verità, della realtà. Non vi è stato negativo di corruzione, ma di spersonalizzazione. Ma, tuttavia, continua a esserci nella quotidianità.

Cura, Sorge. La struttura della Cura per Heidegger, che è struttura fondamentale dell’esserci, include la Besorgen (verso gli enti) e la Fürsorge (con gli esserci) che sono articolazioni della Cura. Dentro alla Cura ci sono gli esistenziali: situazione emotiva, comprensione, discorso. Vi possiamo aggiungere la temporalità, la Zeitlichkeit. Attraverso essa possiamo determinare il carattere temporale (ontologico) dell’esserci. La temporalità ci permette di capire la temporalità dell’essere. L’essere dell’esserci si rivela come Cura. Che è una via d’accesso alla comprensione dell’essere dell’esserci di tipo affettivo. Parliamo dell’angoscia, Angst. Paura e angoscia, determinata la prima, indeterminata la seconda. L’angoscia provoca una tonalità emotiva, una Stimmung, porta l’esserci a una situazione avvertita come negazione/annullamento di ciò che è nel mondo. Una condizione assolutamente spaesante. L’esserci preso dall’angoscia non vede alcun ente, vede il nulla, l’annullamento del mondo. L’angoscia proviene dal nulla e si rivolge al nulla. È quella Stimmung che conduce l’esserci al nulla.

Ma non si tratta del nulla assoluto; il nulla ci preme, ci sta vicino. Ciò che sta davanti all’angoscia è il nulla e il nessun luogo. Il mondo come tale è quello che sta davanti all’angoscia. È il mondo stesso che opprime e causa l’angoscia. Se davanti all’angoscia c’è il nulla, il mondo, ne consegue che l’angoscia è essere-nel-mondo stesso. L’angoscia in quanto Stimmung, la minaccia, è sempre indeterminata. Si delinea una funzione positiva dell’angoscia che sottrae l’esserci dalla sua deiezione. L’angoscia apre l’esserci per il suo essere possibile. La Stimmung ha una funzione esclusiva, rompe la quotidianità, fa sì che l’esserci comprenda il proprio poter essere. L’angoscia non paralizza l’esserci, permette l’appropriazione dell’esserci. La sua autenticazione.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022.
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