Alcune note sul colonialismo italiano.

Colonialismo italiano, Africa
Colonialismo italiano, Africa

Del Boca, Rochat e Nicola Labanca sono bibliograficamente interessanti sull’argomento.

  1. Il colonialismo italiano, motivazioni e carattere.

  2. Un unicum, razzismo istituzionalizzato.

  3. Memoria e rimozione.

1. Secondo Labanca non è possibile capire motivazioni e caratteri del colonialismo senza capire che l’Italia considerava l’Oltremare italiano come limitato e limitante. Le vie iniziali erano verso la Tunisia. La Francia vi arriva prima (1881). L’Egitto, grazie agli immigrati italiani è un altro obiettivo, ma è controllato dalla Gran Bretagna.

La Gran Bretagna vede nell’Italia un alleato debole contro altri competitori (Francia e Germania). È per questo che l’Italia si orienterà verso l’Eritrea, e verso la Libia.

Si pensa, quindi, a popolare un continente ancora demograficamente spoglio anche perché le “bandiere” nazionali devono seguire le industrie in cui lavorano gli italiani. Giovanni Pascoli su “La grande proletaria si è mossa”, fornisce giustificazione ideologica a tutto ciò ed identifica nella laboriosità italiana contro la pigrizia indigena il meccanismo giustificatorio.

Emilio De Bono parla esplicitamente di affermazione di forza e di dominio.

Vi sono anche degli oppositori a tutto ciò, come Arcangelo Ghisleri che scrive del pari diritto all’indipendenza di tutti i popoli.

Libia. Impresa di Massaua. La sconfitta degli italiani è importante per tutti i popoli africani. La Libia viene presa con la guerra contro l’Impero Ottomano. In Libia la realtà è durissima, con fucilazioni di massa a seguito di ribellioni spontanee. I libici si alleano spontaneamente con i turchi contro gli italiani. La ribellione dura 20 anni. In Libia si bombarda anche con l’iprite.

La Somalia viene acquisito con intermediari gli inglesi, il sultanato di Zanzibar e altri sultanati minori al nord del paese. In ultimo si passa all’acquisizione militare.

Etiopia: anche li si bombarda con i gas e con abbondanza di distruzioni. Sono gli anni della propaganda e del consenso.

La 2^ guerra mondiale porta alla perdita delle colonie (’41-’43).

Il dopoguerra e i trattati di pace. L’Etiopia torna al suo legittimo proprietario, ma le altre colonie no. I somali non vogliono il ritorno dell’Italia.

I vantaggi economici per l’Italia, da parte delle colonie, non ci sono stati, possiamo invece parlare di una perdita secca. Solo le esportazioni dell’Italia si incrementano dal ’35 soltanto e comunque non rappresentano una svolta per l’economia italiana. Il commercio coloniale è fondato sull’esborso di danaro pubblico. Da un punto di vista migratorio la colonizzazione non si può nemmeno mettere in rapporto con i numeri di chi emigra nel resto del mondo.

Le spedizioni dei 20000 verso la Libia è ideata da Balbo (1938-39), ma la cosa, iniziando la guerra, non dura molto.

L’Italia in Libia ha compiuto atti di genocidio, crimini di guerra. Campi di concentramento sorgono sulla costa e li la mortalità è altissima.

La repressione in Etiopia è anche spietata: decapitazioni, distruzioni di villaggi, impiccagioni, incendi.

L’Italia coloniale non ha formato e lasciato una classe dirigente locale. Quindi non c’è una missione di civiltà.

2. Il razzismo istituzionalizzato.

La politica razziale in Italia arriva prima delle leggi razziali del ’38. Labanca dice che tutti i colonialismi sono stati razzisti, ma ognuno a modo suo.

Il razzismo coloniale italiano è razzista e sopraffattorio.

Nel 1891 Mantegazza nel libro “Fisionomia e mimica”, fa una gerarchia di razze in base, appunto, alla fisionomia e mimica di ognuna di esse.

È nella legislazione coloniale che si possono trovare i precursori delle leggi razziali italiane. Le leggi razziali anti-neri sono del 1936, poi ne seguono altre compresa quelle sui meticci. Si vietano contatti e matrimoni tra bianchi ed indigeni, è istituito l’apartheid, la separazione razziale.

La “lesione del prestigio della razza” è un reato inventato dal fascismo. Un italiano non può commettere reati davanti ai nativi per non sminuire l’onore della razza.

Ancora oggi su 15000 discendenti per linea diretta degli italiani sono soltanto in 80 ad aver raggiunto l’obiettivo della cittadinanza. (nel 2014).

2.1. Perché abbiamo una memoria sfocata?

    1. Mancato trauma della decolonizzazione. Benedetto Croce e Alcide de Gasperi vogliono, nel dopoguerra, mantenere le colonie dell’Italia. Solo nel ’53 viene sciolto il Ministero dell’Africa Italiana.

    2. La Resistenza come alibi di antifascismo e l’interesse degli alleati a non colpevolizzare l’Italia. Stesso interesse anche da parte di Mosca che preferiva vedere in Africa gli italiani piuttosto che gli inglesi o i francesi.

    3. La debole coscienza coloniale.

    4. Mancato canone storiografico, a causa dell’Istituzione del Comitato per la documentazione dell’opera dell’Italia in Africa, composta da 24 persone di fede colonialista.

    5. Il mancato racconto.

    6. La censura.

2.2. Perché permane il mito degli italiani brava gente?

    1. Mancati processi.

    2. Opere divulgative assolutorie.

3. Memoria e rimozione: perché ricordare? Monumento ai caduti di Dogali, Roma. Quartiere africano di Roma. La restituzione della Stele di Axum (2005).

    1. Eritrea ed Etiopia si ricordano di noi nelle festività nazionali come nell’uso di alcune parole che sono entrate nella loro lingua. Ma anche nella letteratura.

    2. Necessità di una presa di coscienza critica.

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