Quali compromessi deve fare un artista per poter lavorare?

Compromessi
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O meglio, come possiamo valutare i rapporti strumentali che l’artista si trova, suo malgrado, a dover affrontare  lungo il suo percorso umano e professionale? Nel dare una risposta al quesito vi segnalo che, questo articolo, si ricollega a quest altro e vuole integrarlo.

Ci sono due possibili repliche a questa domanda che si collocano agli antipodi di un ampio spettro di ipotesi di risposta: una che nega qualsiasi dialogo col potere economico che influenza le carriere; l’altra che accetta a-criticamente qualsiasi mezzo pur di arrivare. Nel mezzo ci stanno tutte le gradazioni possibili.

E’ evidente come, ognuno di noi, debba confrontarsi con la realtà che lo circonda, per tutta una serie di necessità, che vanno dalla mera sopravvivenza alla felice realizzazione di sé. Possiamo, quindi, affermare che un contatto fra artista e mercato sia un passaggio obbligato, dettato dalla necessità di mangiare, vestirsi, fare parte della società, eccetera…  Ma ciò che è altrettanto necessario, per l’artista, è riuscire a rimanere autonomo, il che si traduce nell’avere un controllo sulla propria opera. Lo status di autonomia si può ottenere soltanto se l’artista si integra, cioè attua dei compromessi, in maniera critica. Assume un ruolo sociale, diventa parte del sistema dell’arte, ma non tace le sue critiche e denuncia la relatività del suo ruolo, in virtù del fatto che diventare un semplice burattino nelle mani di qualche personaggio privo di scrupoli è la sorte peggiore che può patire una persona creativa.

Concludendo, i compromessi vanno accettati soppesandone ricavi e perdite, purché non limitino l’autonomia del e quindi il controllo sul proprio lavoro.

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