Partigiani a Trieste. I Gruppi di Azione Patriottica e Sergio Cermeli. [Recensione di Giovanna Palermo, Trieste]

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di Giovanna Palermo, Trieste

La serata in memoria ed onore di Sergio Cermeli, partigiano, gappista, dirigente della Gioventù Comunista a Trieste negli anni della Seconda Guerra mondiale, svoltasi il 7 marzo ultimo scorso presso l’associazione Tina Modotti di Trieste (Casa del Popolo) è stata un successo di pubblico e di interesse verso il libro di Sergio Mauri. Pubblico, pertanto alcune mie riflessioni sull’argomento.

Come ha osservato l’autore, sembra che la storia non finisca mai di ripetersi in negativo, mentre proprio in queste settimane ci fa assistere in diretta a quello che accade in Ucraina, a pochi passi da noi. La cosa più mostruosa è vedere che negli scontri di piazza vengono utilizzati gli eredi politici di quegli stessi nazifascisti divenuti così tristemente famosi a Trieste, alla Risiera di San Sabba, dove hanno prestato la loro indegna opera di manovalanza, dimostrandosi così efficaci nel lavoro sporco contro partigiani sloveni, italiani, croati, contro i cittadini italiani di religione ebraica da mandare ai campi di sterminio più a nord. Che dire, poi, di ciò che succede fuori dall’Europa, dal Venezuela alla Siria? Tutti fatti che ci fanno credere stiamo assistendo allo svolgersi di una strategia complessiva di destabilizzazione.

L’autore ha parlato brevemente e di proposito di alcuni fatti di attualità, al fine di evidenziare le differenze tra chi, come i nazifascisti, contrapponevano (e contrappongono) le genti d’Europa in base alla nazionalità, alla posizione sociale, alla fede politica, e chi, come coloro che si battevano (e si battono) contro i nazifascisti, lottavano invece per unire le genti sulla base della giustizia sociale, del rispetto reciproco praticato fra le nazionalità e le culture delle nostra zone. Questi movimenti di liberazione, spesso armati, a volte no, si battevano per la fine della guerra e della miseria, per la rivoluzione sociale.

Il libro racchiude un percorso di analisi dei fatti storici che è inscritto nel DNA della sua popolazione, perché narra della modernità, ma anche della contemporaneità della città. Se facciamo un pò di attenzione, scopriamo che, sfortunatamente, gli stessi semi che hanno fatto fiorire le violente contrapposizioni di quegli anni, sono in realtà ancora in grado di produrre delle malepiante difficili da estirpare. Lo notiamo dalla continuità fra quegli atti e certi atteggiamenti di rivalsa, privi di argomentazioni se non quelle dei cattivi sentimenti, come lo è la vendetta.

Partigiani a Trieste è un libro che parte dalle reminiscenze familiari dell’autore e che si pone in un’ottica che definirei nuova, non all’inseguimento dei temi imposti dalla destra (sia ideologica che economica, sempre apparentate); un’ottica che fa partire lo sguardo da una angolazione tutta interna al mondo comunista, all’epoca composto in gran parte da operai; operai con le loro speranze, contraddizioni ed anche errori. Un libro su donne e uomini semplici, ma di incrollabile fede nella giustizia e nella libertà. In questo senso, la politica è ed è stata, con tutta evidenza, un processo di civilizzazione, un processo nel quale i subalterni si includevano o venivano inclusi nell’agone della storia.

Vorrei, tuttavia, continuare la recensione del libro, un lavoro che ha occupato l’autore per circa sei anni passati tra ricerche, stesure, rifacimenti vari.

Questo libro non è una mera celebrazione della Resistenza o di una qualche figura partigiana, per quanto meritevole questa e di tutti gli altri protagonisti dei fatti di cui nello stesso si narra possano essere, che non badavano alle apparenze, ma si battevano rischiando la vita in prima persona, tra cui la figura di Cermeli.

È un libro che riscopre l’unità di intenti tra comunisti italiani e sloveni durante la guerra di liberazione, ma riscopre anche le incomprensioni e i diversi interessi contingenti. È un libro che spiega come, per i lavoratori giuliani, a prescindere dalla nazionalità di appartenenza, l’obiettivo fosse il socialismo, l’avverarsi di una società più giusta, in cui le esigenze ed i problemi di chi lavora avessero un’autentica cittadinanza.

È un libro che non si esime dal dare uno sguardo alla realpolitik del Partito Comunista – prima, durante e dopo la guerra di liberazione – Partito che, ricordiamolo, non agiva se non all’interno di una cornice strategica complessiva che si chiamava Internazionale Comunista, nella quale un peso determinante lo aveva, per ovvie ragioni, l’Unione Sovietica. È un libro, tuttavia, che mette al centro l’umanità di chi partecipò a quegli eventi e che, proprio per questo, finisce con l’essere altra rispetto alle strategie politiche decise dai vertici, comunque non sempre sulla stessa lunghezza d’onda delle masse.

La trattazione iniziale sul periodo asburgico a Trieste non è di certo una novità, ma in questo caso l’argomento viene trattato da un punto di vista di classe e, soprattutto, dei rapporti fra le nazionalità italiana e slovena. Ecco; qui la novità c’è, è più marcata, essendo la nostra letteratura sull’argomento, al contrario di quella ex jugoslava, molto limitata ed italocentrata.

Come ha fatto notare l’autore, sui GAP a Trieste, nulla di organico è stato finora scritto e il suo libro può essere l’inizio di una serie di ricerche e approfondimenti in tal senso. Il volume si chiude con alcune considerazioni sulla metodologia della ricerca storica e con due appendici, una sulle violenze fasciste nella Venezia Giulia e zone limitrofe, l’altra che legge criticamente la strategia politica dei comunisti di quegli anni.

In conclusione, l’importanza di parlare oggi di Sergio Cermeli e di quella manciata di giovani che fecero parte della Resistenza di Trieste, risiede nel fatto che parliamo di una giovane vita stroncata sulla strada della giustizia e della libertà, cioè del socialismo, e non per parlare di gelidi ed astratti assemblaggi politologici tanto di moda oggi. Ci auguriamo che sia di modello a tanti giovani che, pervasi da messaggi tanto consumistici quanto effimeri, sono alla ricerca di una ragione di impegno sociale.


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