La critica al concetto di “linguaggio privato” è il cuore pulsante delle Ricerche Filosofiche di Ludwig Wittgenstein, segnando il culmine della sua svolta filosofica (il cosiddetto “Secondo Wittgenstein”). Non è solo un argomento specifico, ma la base per decostruire l’intera tradizione filosofica occidentale che, da Cartesio in poi, ha dato il primato all’esperienza soggettiva e interiore.
L’argomento del linguaggio privato attacca la tesi, implicitamente accettata da molti filosofi (dal razionalismo all’empirismo), secondo cui potremmo parlare di sensazioni, sentimenti o stati mentali utilizzando un linguaggio le cui parole si riferiscono a esperienze strettamente e necessariamente private, accessibili solo al parlante stesso.
Il linguaggio privato postula che:
- esiste una sfera di esperienze interne (come il dolore, il colore percepito) ontologicamente separata e inaccessibile agli altri.
- l’individuo potrebbe dare un nome a queste sensazioni private attraverso un atto di ostensione privata (un “battesimo interno”), stabilendo un riferimento solo per sé.
- questo linguaggio sarebbe, per sua natura, incomprensibile agli altri.
Wittgenstein demolisce questa possibilità dimostrando che un linguaggio siffatto non potrebbe mai funzionare, nemmeno per chi lo ha creato. L’argomento chiave si concentra sul concetto di regola.
1. L’impossibilità della regola privata.
Affinché un linguaggio funzioni, l’individuo deve essere in grado di usare una parola in modo consistente — deve cioè seguire una regola. Se oggi chiamo la mia sensazione ‘S’ e domani la chiamo ancora ‘S’, devo avere un criterio oggettivo per sapere che ‘S’ è la stessa sensazione.
- Il problema del ricordo: nel linguaggio privato, l’unico criterio è il ricordo soggettivo (“Mi sembra la stessa di ieri”). Ma il ricordo, in questo contesto, non può essere né confermato né smentito. Non c’è alcuna distinzione tra “avere ragione” e “sembrare di avere ragione”.
- Assenza di standard: senza un criterio esterno o pubblico (senza un modo per sbagliare), non esiste un concetto di correttezza o regola. Un’etichetta privata che non ha la possibilità di essere usata in modo scorretto, non è affatto un’etichetta significativa; è un’oscillazione senza senso.
“Seguire una regola” è una pratica pubblica. I criteri per definire, ad esempio, “dolore” o “rosso” sono radicati nel comportamento e nel consenso intersoggettivo (il “gioco linguistico”).
2. Il “Gioco linguistico” e il comportamento.
Wittgenstein propone un’alternativa radicale: il linguaggio che usiamo per parlare delle nostre sensazioni non si riferisce a entità interne misteriose, ma al nostro comportamento pubblico e al contesto.
- Quando un bambino impara la parola “dolore”, non la associa a un’entità inaccessibile, ma a un insieme di espressioni pubbliche: gemiti, pianti, espressioni facciali e il contesto (toccare una stufa calda).
- Le parole relative alle sensazioni (i cosiddetti “termini-sensazione”) sono usate non come designazioni di oggetti privati, ma come sostituti espressivi del comportamento (es. dire “ho mal di testa” è un comportamento che sostituisce il gemere o il tenersi la testa).
La critica al linguaggio privato ha avuto un impatto sismico in molte aree della filosofia:
- Filosofia della Mente: ha sfidato il dualismo cartesiano (mente separata dal corpo) e il privatismo fenomenologico, spostando l’attenzione dall’esperienza interna al comportamento osservabile e alla funzione sociale del linguaggio.
- Epistemologia: ha sottolineato che la conoscenza e la significatività non sono atti solitari, ma fenomeni sociali e pubblici.
- Linguistica: ha rafforzato l’idea che il significato non sia un’immagine mentale, ma l’uso effettivo delle parole in un contesto (la famosa massima: “il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio”).
In definitiva, la critica di Wittgenstein al linguaggio privato nelle Ricerche Filosofiche non è un semplice esercizio di logica, ma un profondo tentativo di dissolvere il mito del mondo interiore e di radicare la significatività del linguaggio nella vita e nella pratica collettiva.
