Iran e Occidente.

Iran
Iran

di Sergio Mauri

L’Iran è un paese orientale solo per appartenenza geografica, poiché la sua cultura ed i suoi fattori, diciamo, etnici, sono indoeuropei e strettamente legati alla nostra cultura. Anche il tipo di Islam sviluppato dagli iraniani (lo sciismo) ha degli elementi originali e connaturati al discorso culturale indoeuropeo. Per molti versi questa visione religiosa e le coordinate filosofiche che ne derivano sono più complesse ed articolate della corrente sunnita maggioritaria per non parlare poi dell’Islam Wahabita, statico e reazionario. La cultura iraniana, forte di un sistema scolastico fra i migliori del mondo, la dolcezza della sua popolazione, sono tratti incredibili per noi che ci misuriamo quotidianamente con la paura del diverso, ma che permette invece ad essi di gestire milioni di profughi dal vicino Afghanistan ed altri paesi colpiti dalla ferocia statunitense e dei suoi alleati.

C’è stato un tempo, tuttavia, in cui una contrapposizione tra Occidente ed Iran vi è stata, grazie soprattutto alla reazione del popolo iraniano alle malefatte dello Scià. Sul “nostro” fronte, Israele e Arabia Saudita, i due paesi – per ragioni complementari – più stabili dell’area – hanno fornito elementi per una politica anti-iraniana.

L’Iran ed il suo supposto antimperialismo (l’antimperialismo antiamericano) hanno irretito una parte della destra e della sinistra occidentali che si sono sforzate di restituirci un’immagine di quel paese solo in minima parte realistica. Questo grazie soprattutto al lavoro giornalistico e politico di Michel Foucault, il quale parlò – espressamente – di irruzione dello spirituale nel politico. Fu un errore di focalizzazione di Foucault, una svista, ma comprensibile, visto il livello della sorpresa che colse l’intellettuale francese in visita al paese asiatico, in pieno mutamento politico e sociale. Mutamento che fece emergere lì una speciale tipologia antropologica che, però, non possiamo certamente considerare come un’eterna manifestazione dell’uomo, tanto meno di quello iraniano.

Fu una svista che paghiamo ancora cara, visto che fa il paio con i pasdaran e gli anni di durezza ideologico-politica in quel paese, distruzioni della storia nazionale incluse. Una svista, ancora, che diede argomenti e coperture ideologiche a chi pensava di proporre spiritualità più o meno armate e sanguinarie in giro per il mondo. In primo luogo i fascisti, detti anche “estremisti di destra”.

Una bella fetta della popolazione iraniana auspicava ed auspica, con ansia, un reinserimento nei meccanismi economico-politici internazionali, ritrovando in essi la propria posizione nella filiera della valorizzazione del capitale mondiale. Ogni integrazione presenta le sue opportunità ed i suoi rischi, tuttavia, in un mondo in cui domina la produzione per il profitto e non per l’uomo, è difficile che essa non diventi fattore determinante di conformismo, classismo, violenza. C’è da dire che dalla guerra Iran-Iraq, scatenata dall’Iraq di Saddam su “ordine” statunitense, l’Iran ha aumentato a quarant’anni e più di distanza la sua influenza in tutta l’area, dal Libano all’Iraq stesso, fino all’ultimo accordo siglato con l’Arabia Saudita, testimoni i cinesi. Ci sarebbe da mettere in discussione dunque la narrazione dominante intorno all’Iran, dipinto come nemico irriducibile dell’Occidente, dal quale, a conti fatti, sembra aver ricevuto benefici geopolitici che altro.

La questione del nucleare iraniano mi sembra sia sempre stata, certo, un problema sentito solo in Occidente, ma anche un’ottima scusa per regolarizzare, attraverso appositi trattati, la posizione dell’Iran e reinserirlo, alla fine, in quel circuito internazionale di cui sopra. C’è stata e l’avrete notato pure voi, una regolarizzazione portata avanti dalla precedente amministrazione americana che si era velocizzata proprio in concomitanza alla crisi russa. L’obiettivo desiderato  e raggiunto era quello di sostituire la Russia con un’altra fonte di approvvigionamento energetico e di business.

Interessanti in questo senso erano gli accordi sui prezzi petroliferi e le opportunità di business offerte all’Occidente fondate quasi tutte sul basso livello salariale degli iraniani e sul basso livello di tassazione proposto. Usa ed Europa potevano e ancora possono gioire: possono sostenere le proprie economie in crisi. Trump sembrava voler rimettere in discussione tale situazione, ma non sappiamo ancora bene come lo ha fatto, visto che l’Occidente si è cacciato da solo nel vicolo cieco della dipendenza dagli altri.

Per quanto riguarda gli antimperialisti di destra o di sinistra, dovranno cercarsi altri santi a cui votarsi.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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