1.La vita.
Nasce nel 1817 a Morra Irpina (AV) in una famiglia di piccola borghesia. È allievo di Basilio Puoti. È incline agli studi filosofici, nel solco di Giambattista Vico. A vent’anni ha una prima e autonoma esperienza d’insegnamento. Si apre anche alla moderna cultura straniera: Schlegel, Sismondi, Victor Cousin, Hegel. Politicamente, inizia sulle posizioni neoguelfe di Vincenzo Gioberti per giungere a posizioni ben più progressiste fino al coinvolgimento nei moti liberali del ’48. Viene espulso dalle scuole napoletane, passa in semiclandestinità in Calabria, finisce in carcere per due anni e mezzo. Nel 1853 è condannato alla deportazione in America, ma riesce a fuggire e a raggiungere il Piemonte. Lo attendono sette anni di esilio, prima a Torino, poi a Zurigo. Periodo, quello svizzero, non felice, ma di grande impegno professionale e di conoscenza delle correnti della cultura europea. Dopo l’impresa garibaldina si precipita a Napoli e si impegna, fino alla morte, nella vita politica. Fu deputato e Ministro della Pubblica Istruzione. Era fautore della massima apertura scolastica per le classi popolari, ma fu osteggiato continuamente. Muore a Napoli nel dicembre 1883.
2.Le opere.
Storia della letteratura italiana (1870-71); Saggi critici (1866); Nuovi saggi critici (1872). Per De Sanctis Dante è poeta dotato di straordinaria ‘fantasia’, capace di dar vita, nell’Inferno, a straordinari ‘caratteri’: Francesca, Farinata, Pier della Vigna, Ugolino. Nella Commedia De Sanctis misurò per la prima volta il principio critico – derivato da Hegel – secondo cui la vera opera d’arte è solo quella in cui si compie una sintesi efficace di contenuto e forma. Quella in cui l’autore riesce a dare forma concreta ai suoi contenuti ideali, trasformando in “poesia effettiva” il proprio “mondo intenzionale” generato a sua volta dal confronto con la realtà storica dove il soggetto si radica. Accanto a Dante ci sono Omero o Shakespeare. Petrarca è artista capace di straordinaria perizia formale, ma troppo ripiegato nel vagheggiamento di idealità astratte dalla realtà del suo tempo. In ambito moderno sono soprattutto Leopardi e Manzoni a interessare De Sanctis. Il primo per l’energia di poeta laico, “filosofo” e “critico” della sua epoca; il secondo come massimo interprete della contemporaneità, capace di calare l’ideale nella realtà, aderendo al vero storico e creando una forma “popolare”.
Scrive anche: Il principio del realismo (1876); Studio sopra Émile Zola (1878); Zola e l’assommoir (1879); Il darwinismo nell’arte (1883); Schopenhauer e Leopardi (1858).
La Storia della letteratura italiana venne pensata espressamente come libro di testo per le scuole dell’Italia unita. Nel testo si intreccia un altro presupposto hegeliano, cioè all’idea che in ogni epoca gli elementi della vita sociale e della vita culturale si corrispondono, riflettendo un principio e una ispirazione comuni e unitari. Secondo il critico Luigi Russo il perno della Storia è nel capitolo dedicato a Machiavelli, eroe del pensiero laico e del realismo conoscitivo che anticipa la rinascita nazionale, in contrapposizione al realismo egoistico di Guicciardini.