1.La vita.
Nasce a Milano il 7 marzo 1785 dalla figlia di Cesare Beccaria, Giulia, e dall’anziano conte Pietro Manzoni. Forse il vero padre era l’amante di Giulia, Giovanni Verri, fratello dei Verri promotori de Il Caffè. Dimostra un certo interesse per l’estetica neoclassica. Non sopporta l’educazione iper-conservatrice del padre. La madre col nuovo amante Carlo Imbonati frequenta intanto i salotti londinesi e parigini mentre il figlio finisce in collegio. Raggiunge poi la madre a Parigi. Il soggiorno parigino sembra essere nodale nella sua formazione. Importante il suo rapporto che durerà 30 anni, con lo storico Claude Fauriel. Si unisce con la figlia sedicenne del banchiere ginevrino Blondel, Henriette. Si converte al cattolicesimo, assieme alla moglie e alla madre. La conversione assume tratti quasi ossessivi, sotto la guida del canonico varesino Luigi Tosi. La famiglia si stabilisce in modo definitivo in Lombardia dal 1810. Ha una certa solidità economica (eredità del padre e dell’Imbonati). Trascorre vita appartata in campagna, in modo agiato e protetto. Degenerano le sue affezioni nervose, come la balbuzie e le forme ansiose e nevrotiche. Cerca una vera sintesi tra estetica, ragione e fede. Nel 1812 progetta i 12 Inni sacri (ispirati alle principali feste dell’anno liturgico). È assolutamente convinto della superiorità dell’arte moderna e cristiana, fondata sul vero, rispetto all’immaginario classico e mitologico, fondato sul falso, come spiega nella lettera Sul romanticismo.
Scrive due tragedie: Il Conte di Carmagnola e Adelchi. Abbozza una terza tragedia: Spartaco. Conosce gli storici Jacques Nicolas Augustin Thierry e Francois Pierre Guillaume Guizot. Scrive: Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia. Nell’aprile 1821 inizia la stesura del Fermo e Lucia, sulle vicende ispirate al dominio spagnolo nella Lombardia del Seicento. Gli anni seguenti sono difficili sul piano familiare, funestato da morti, disastri economici e tensioni. Continua ad avere disturbi nervosi. Si rivolge alla filosofia, alla storiografia e all’etica. Si configura il mito risorgimentale, cattolico e liberale del “vate Manzoni”.
Scrive: Della lingua italiana; Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla; Osservazioni sulla morale cattolica; Opere varie. “Abiura” alle istanze democratiche e irreligiose della giovinezza in nome del rassicurante trinomio di verità, fede e ragione.
2.La lirica.
Le prime liriche sono di impianto neoclassico. Temi: culto della virtù e della giustizia. Abbiamo: Il trionfo della libertà; A giovan Battista Pagani; Panegirico a Trimalcione; Della poesia; Amore a Delia. Sonetto: Capel bruno; alta fronte; occhio loquace (1802). Carme: In morte di Carlo Imbonati.
Gli Inni sacri.
Recupero delle strutture dell’antica innografia cristiana e medievale. Si propone il superamento delle barriere erudite dell’immaginario neoclassico e mitologico in senso popolare, corale e collettivo, spinto dall’esigenza di adesione a valori rituali e universali. L’autore si concentra sui momenti fondamentali della vita del Cristo e sulla loro esaltazione gloriosa. Scrive: Strofe per una prima comunione.
Le canzoni e le odi civili.
Canzoni: Aprile 1814; Il proclama di Rimini. Odi: Marzo 1821; Il Cinque maggio. Il tema che fa da sfondo è il conflitto contro lo straniero. Parole d’ordine sono libertà, autodeterminazione, nazione.
3.Il teatro.
Documenti: materiali estetici; della moralità delle opere tragiche. Manzoni elabora una nozione utilitaristica del teatro ancorata a una duplice istanza etica e storica, secondo l’esempio fornito dai nuovi drammaturghi tedeschi e la suggestione derivata dallo studio delle opere di Shakespeare. La nuova tragedia deve avvicinare il pubblico alle virtù cristiane (rassegnazione, speranza): affida il proprio credito allo statuto della verosimiglianza. L’ufficio dell’immaginario è quello di integrare e completare la storia. La funzione del coro è ripristinata (il coro legge, non recita). L’endecasillabo sciolto della tradizione aulica è piegato in senso prosastico.
Il Carmagnola e l’Adelchi.
Stampate presso l’editore milanese Vincenzo Ferrario, la prima nel 1820, l’altra nel 1822. Tema centrale dei due drammi è il conflitto fra reale e ideale. Nel Carmagnola: contrasto individuale fra la ragion di Stato e la coscienza dell’uomo giusto. Nell’Adelchi: scontro dal valore universale tra la fatale necessità storica della violenza e l’aspirazione all’esercizio morale della virtù e della giustizia.
4.I promessi sposi.
Fine: utilitaristico, didattico, pedagogico. Masse come soggetto della storia. Struttura letteraria più aperta in grado di rappresentare realtà umane articolate e concrete. Adozione di una lingua scevra dai condizionamenti retorici della tradizione aulica e affrancata dal regionalismo.
Dal Fermo e Lucia alla Quarantana.
Il 24 aprile 1821 nella quiete di Brusuglio Manzoni inizia la stesura di un romanzo in prosa ambientato nella Milano del Seicento. Studia la storia, i costumi e la società del tempo. La prospettiva documentaria del racconto del tempo. La prospettiva documentaria del racconto viene messa in rilievo per mezzo dell’artificio del presunto ritrovamento del manoscritto originale redatto da un anonimo scrittore barocco, del quale l’autore moderno non sarebbe che un “fedele traduttore”. È portata a termine il 17 settembre 1823. Vi è acclusa un’appendice storica sulla Colonna infame, contenente il resoconto dei processi istruiti ai danni dei presenti “untori” della peste del 1630. Rispetto alle successive riscritture il Fermo e Lucia ha un carattere più aperto, sperimentale e polemico. È un romanzo composto di più romanzi.
La riscrittura vedrà un soggiorno a Firenze ‘per risciacquar i panni in Arno’. Fa vagliare il suo lavoro agli esponenti della borghesia colta fiorentina Giovan Battista Niccolini, Gaetano Cioni, Giuseppe Borghi, Guglielmo Libri, Emilia Luti. L’edizione definitiva si chiama Quarantana (con in appendice La Colonna infame).
Temi e protagonisti dei Promessi sposi.
Messa in rilievo delle classi subalterne, come protagonisti, linguaggio, nel pubblico che ne fruisce. Aprono la via a una forma d’arte nazionale, popolare e realistica. Il racconto si snoda tra il novembre del 1628 e il novembre del 1630. Da un fatto marginale e privato (il matrimonio ostacolato fra Renzo e Lucia) finisce per collegarsi alla grande storia su un piano collettivo, ricostruendo il vasto panorama storico dello Stato milanese sotto gli spagnoli. Il filtro culturale attraverso cui si leggono gli avvenimenti è quello della cultura cattolica.
Il difficile equilibrio fra storia e invenzione.
Solo la storia può farsi garante del vero. Il poeta, quindi, deve creare azioni e situazioni conformi a quelle che succedono nella vita reale. C’è comunque un implicito cortocircuito tra i ruoli dello storico e del poeta. In effetti l’inserzione della storia della Colonna infame dovrebbe dare risposta, secondo l’autore, all’esigenza di vero.
Manzoni tornerà sul problema del rapporto tra verità e finzione nel trattato Del romanzo storico e, in genere, de’ componimenti misti di storia e d’invenzione (1850).
5.La fortuna.
Goethe stimava Manzoni. Tuttavia, non condivide l’assolutizzazione della verità storica rispetto al dominio della libertà estetica. Giuseppe Mazzini lo elogia, De Sanctis dedicherà 24 anni alla interpretazione della scrittura e della personalità di Manzoni. Da ricordare l’opposizione del glottologo Graziadio Isaia Ascoli alla scelta di elevare il fiorentino parlato dalle classi colte a lingua nazionale. Secondo Benedetto Croce i Promessi sposi sono subordinati a obiettivi didascalici di ordine religioso e pedagogico. Per Luigi Russo il momento lirico del romanzo può andare, ma rimane alta la presenza del moralismo cattolico. Per Antonio Gramsci il carattere manzoniano è aristocratico e paternalistico, tratti tipici del cattolicesimo moderato. Sulla scia di Gramsci si sono mossi Sebastiano Timpanaro, Edoardo Sanguineti con le eccezioni di Carlo Salinari e Vittorio Spinazzola. Inoltre, ne scrivono: Ezio Raimondi (Il romanzo senza idillio, 1975). Italo Calvino lo legge come disincantato organismo di rapporti di forza. Franco Fido e Stefano Agosti lo indagano sotto il profilo narratologico. Dante Isella, Angelo Stella, Salvatore S. Nigro hanno contribuito sotto il profilo della ricostruzione filologica.