Spiegare scientificamente i dati sulla prevalenza dell’omosessualità (10-16% per i maschi; 2-4% per le femmine, secondo alcune stime storiche e culturali) è complesso perché non esiste una singola causa accettata e le stime stesse possono variare notevolmente a seconda della metodologia (campioni, definizioni di sessualità, contesto culturale). Attualmente, la scienza considera che l’orientamento sessuale, inclusa l’omosessualità, sia il risultato di una complessa interazione di fattori biologici (genetici, ormonali, neurologici) e ambientali (in utero, sociali). Non è causato da fattori psicologici o scelte.
Differenze di prevalenza (maschile vs. femminile).
Il punto più dibattuto e meno compreso è proprio la discrepanza (il perché l’omosessualità maschile sia riportata più frequentemente di quella femminile). Le spiegazioni scientifiche (biologiche e comportamentali) si concentrano su:
1. Fattori genetici ed ereditarietà.
Studi sui gemelli e sulle famiglie hanno consistentemente mostrato una componente ereditaria nell’orientamento sessuale, ma questa componente sembra agire diversamente tra i sessi:
- Omosessualità maschile: l’ereditarietà sembra essere più forte, spesso legata a fattori genetici sul cromosoma X (trasmessi dalla madre), e a un fenomeno chiamato “ipotesi della fertilità materna aumentata” (le madri e le zie paterne degli uomini gay tendono ad avere più figli).
- Omosessualità femminile: l’ereditarietà è meno chiara e i modelli di trasmissione sono diversi, suggerendo che l’omosessualità femminile potrebbe essere influenzata da un numero maggiore di geni con effetti più piccoli.
2. Differenze nello sviluppo ormonale prenatale.
L’esposizione agli ormoni (principalmente androgeni) durante le fasi critiche dello sviluppo cerebrale in utero è una teoria leader per l’omosessualità maschile, ma meno cruciale per quella femminile:
- Omosessualità maschile: l’esposizione ormonale atipica (che può essere genetica o ambientale) è associata alla variazione nell’orientamento.
- Omosessualità femminile (e fluidità): la sessualità femminile è spesso descritta come più “fluida” o “plasticamente più ampia” di quella maschile (secondo alcuni modelli). La sua gamma di attrazione è meno rigidamente legata ai meccanismi ormonali prenatali.
3. Fattori metodologici e comportamentali.
Le differenze nelle stime potrebbero anche riflettere distinzioni non biologiche, ma legate a come l’orientamento viene misurato e vissuto:
- Differenza nella fluidità: la ricerca (ad esempio, Alfred Kinsey e, più recentemente, Lisa Diamond) suggerisce che l’attrazione e il comportamento sessuale delle donne tendono ad essere più flessibili nel corso della vita rispetto a quelli degli uomini. Questa fluidità rende più difficile per i sondaggi stabilire categorie rigide.
- Stigma sociale e rilevazione: storicamente, l’omosessualità femminile (spesso chiamata lesbismo) era meno stigmatizzata (o semplicemente meno visibile e riconosciuta) rispetto all’omosessualità maschile, che era (ed è) spesso più legata alla criminalizzazione o all’attenzione pubblica. Questo può aver portato a una sottostima della prevalenza femminile nei vecchi studi.
- Definizione di sessualità: le stime variano se si considera solo il comportamento, l’attrazione o l’auto-identificazione. Molti studi hanno trovato che l’attrazione verso lo stesso sesso è significativamente più alta nelle donne rispetto alla percentuale che si auto-identifica come lesbica o bisessuale.
Il modello multifattoriale.
La spiegazione scientifica attuale è che l’omosessualità è una variazione naturale, non una patologia, che emerge da un modello multifattoriale che include:
- Fattori genetici: molti geni (non un singolo “gene gay”) influenzano la predisposizione.
- Fattori ormonali prenatali: l’ambiente chimico nel grembo materno influenza la differenziazione del cervello.
- Ordine di nascita dei fratelli maggiori: un fenomeno specifico per i maschi gay, dove l’aumento di fratelli maggiori sembra aumentare la probabilità di omosessualità maschile (ipotesi degli antigeni materni).
- Fattori epigenetici: meccanismi che influenzano l’espressione genica senza alterare il DNA.
È importante notare che, mentre gli studi più vecchi riportavano spesso le cifre che hai citato, stime più recenti e inclusive tendono a indicare una prevalenza femminile più alta e tassi complessivi più alti per l’identificazione LGBTQ+ in generale, specialmente nelle generazioni più giovani.
