di Sergio Mauri
Perché le aziende si impegnano nel greenwashing?
Dunque le aziende “colpevoli di greenwashing” dichiarano di essere sensibili alle tematiche ambientali, anche se non lo sono, e affermano di seguire processi di lavoro ecologicamente sostenibili volti a distogliere le persone da altre dinamiche aziendali che in realtà non sono molto rispettose dell’ambiente.
Molte aziende credono che un po’ di verde sia sufficiente per apparire verdi e guadagnarsi la fiducia dei propri clienti. Di conseguenza, sempre più organizzazioni ricorrono al “greenwashing” per creare un’immagine positiva agli occhi dell’opinione pubblica.
Il greenwashing si è intensificato dagli anni Novanta, con le principali società petrolchimiche statunitensi, come Chevron o DuPont, che cercano di travestirsi da ambientalisti per distogliere l’attenzione del pubblico da pratiche irresponsabili. Queste aziende già esistono e hanno fatto danni significativi a causa dell’inquinamento. Fu questa situazione che portò alla diffusione del termine “greenwashing”, che consiste in green (ecologico) e whitewash (coprire, nascondere qualcosa).
Cos’è il greenwashing? Qual è la sua definizione?
Quando si parla di pulizia del verde, la definizione su Wikipedia è: “Neologismo che indica la strategia comunicativa di una determinata azienda, organizzazione o istituzione politica volta a costruire un’immagine di sé apparentemente positiva rispetto all’impatto ambientale al fine di distogliere l’attenzione dell'”opinione pubblica” sull’impatto ambientale negativo delle sue attività o dei suoi prodotti.”
Per “greenwashing” si intendono le pratiche impiegate da aziende o organizzazioni che sono interessate a guadagnare una reputazione “verde” senza un modo corrispondente di operare. Le origini di questa strategia possono essere fatte risalire agli anni Settanta e Ottanta, quando veniva utilizzata per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media dagli effetti negativi (e talvolta veri e propri disastri) di alcune attività produttive, sull’ambiente. Nasce negli anni Novanta dall’unione di due parole: verde – colore legato all’ambiente e al movimento ambientalista – e whitewash, usato negli Stati Uniti per indicare le azioni intraprese per “nascondersi”, che in italiano si traduce in ” imbiancare”. L’inverdimento può, quindi, essere definito come “marketing di facciata ecologica”, il cui sforzo è principalmente quello di cambiare la reputazione di un’impresa diffondendo campagne senza intaccare di fatto la sostenibilità ambientale dei processi produttivi impiegati o dei prodotti realizzati. Per estensione, seppur inappropriato, il termine viene utilizzato anche per indicare altre azioni di “marketing front-end” non legate a tematiche ambientali, ma piuttosto a ulteriori aspetti della sostenibilità e della responsabilità sociale d’impresa, come il rispetto dei diritti dei lavoratori o la tutela dei consumatori.
Greenwashing, neologismo in inglese, generalmente tradotto come Facade ecologism o Facade Environmentalism, si riferisce alla strategia di comunicazione di alcune aziende, organizzazioni o istituzioni politiche volta a stabilire un’immagine di sé ingannevolmente positiva in termini di impatto ambientale, con lo scopo di distrarre l’opinione pubblica.