Breve saggio sull’arte e la cultura della Cina. [5]

Mogao_Caves Tun Huan
Mogao_Caves Tun Huan

Le grotte dei mille Buddha di Tun-huang sono i più vecchi santuari rupestri della Cina. Furono iniziati nella seconda metà del IV° secolo della nostra era, un secolo circa prima che i Wei del Nord avessero abbracciato il buddhismo e iniziato a scavare i templi di Yun-kang.

Fu l’indo-scita Dharmaraksha uno dei più grandi propagatori del culto buddhista, mentre il primo pellegrino cinese a penetrare in Asia centrale fu Chu Shih-hsing.

Perché il buddhismo fu in grado di espandersi guadagnando le anime delle persone che incontrava sul suo cammino? Per coloro che non nutrivano più illusioni né sul mondo a loro contemporaneo, né verso sé stessi, il buddhismo offriva diverse risposte e seduzioni: una sublime trascendenza del suo universo, lo splendore dell’arte che ispira, il dominio su un’immensa popolazione, l’eroismo risoluto e l’insigne raffinatezza di cui danno prova coloro che ne sono animati.

Il monaco, straniero, più importante che risiedette in Cina fu Bodhidharma (483 circa – 540), cui viene attribuita la fondazione della setta Ch’an (il buddhismo Zen giapponese). Egli lasciò un’impronta profonda e durevole nell’arte e nel pensiero orientali. Monaco indiano, appartenente alla corrente Mahayana, erede del Dharma1.

Le opere della grotta dai sette Buddha (Mai Chi Shan) sono di importanza capitale per la storia della scultura, perché segnano il periodo di transizione fra l’arcaismo di Yun-kang e di Lung-men e lo stile fiorito Sui-T’ang.

È sotto la dinastia Song che le arti conoscono una grande fioritura, grazie soprattutto all’orientamento pacifista della dinastia stessa. La pittura e la ceramica Song sono una vetta dell’estetica cinese. Lo spirito dell’epoca, posto sotto il segno dell’erudizione e della cultura, si manifesta in tutti i campi. Grazie all’invenzione della stampa, lo studio prese proporzioni fin lì sconosciute e la conoscenza della letteratura antica divenne l’indispensabile garanzia di riuscita nell’amministrazione imperiale, alla quale si accedeva a mezzo di concorsi. Le controversie filosofiche erano al centro dell’attività intellettuale. Il grande secolo del Confucianesimo fu proprio questo, ma Confucio si sarebbe meravigliato dell’alterazione che il suo pensiero aveva subito. Il neo-confucianesimo non escludeva le forme del pensiero buddhista. Il buddhismo, infatti, aveva lasciato un’impronta così profonda sulla mentalità cinese che i dottrinari confuciani, elaborando una interpretazione nuova dell’ideale di vita che aveva predicato il loro maestro, vi avevano largamente attinto.

E lo stesso avveniva del Taoismo.

Ecco una (possibile) differenza rispetto alla nostra cultura: la tendenza all’assimilazione degli elementi culturali in base alla loro utilità e funzionalità.

L’età Song fu uno dei rari momenti della storia della Cina che vide i dirigenti tentare di mettere in pratica la predicazione di Confucio. L’introspezione, tanto inculcata dal buddhismo, fu una delle caratteristiche della civilizzazione Song.

L’opposizione che il buddhismo aveva scatenato inizialmente presso i confuciani s’era esaurita, una volta assicurata l’autorità di questi senza contestazione possibile.

Il buddhismo ormai era completamente cinese.

Le innovazioni musulmane l’avevano annientato in India al punto da farlo completamente scomparire dalla terra dove era nato.

La via dell’Ovest era sbarrata e la Cina era respinta nell’isolamento e poteva contare solo su se stessa per dare alla fede nuovi sviluppi. La setta Ch’an (Zen) ne fu la ramificazione di maggiore influenza. Ciò che della scultura Song conosciamo in Occidente deriva per lo più da graziosi kuan-yin, di cui molti nostri musei posseggono esemplari.

Sono figurine bene in carne la cui umanizzazione è ancora più spinta di quella delle statue Tang. I personaggi sono in genere seduti in atteggiamento di serenità asso9luta mentre armoniosi drappeggi svolazzanti si allargano intorno a figurine dalla femminilità sbocciata, molto lontane dall’ideale del bodhisattva, il santo che ha rinunciato alle cose di questo mondo. I guardiani Song della grotta di Mai-chi-san, posseggono una muscolatura esagerata, le vene rilevate e, innovazione della statuaria cinese, il movimento straordinario che anima le statue, hanno creato un tipo nuovo, adottato di buon grado specie dai giapponesi.

L’energia che propagano è sovrumana e le loro facce terrificanti contrastano con la passività delle altre divinità. Più di ogni altra scultura cinese, queste rappresentazioni si accostano ai nudi occidentali e mostrano quale maestria hanno saputo raggiungere artisti dalle conoscenze anatomiche superficiali.

I cinesi, abbandonando la ricerca delle spiritualità per rivolgersi verso il realismo dei visi e delle forme, impegnarono la scultura su un terreno ancora inesplorato, rifiutandosi – tuttavia – di spingersi fino al suo fondo. Come mascheramento delle loro lacune svilupparono in maniera crescente l’arte del drappeggio, campo, questo, in cui furono inimitabili.

1Il Dharma è un termine sanscrito che indica nelle religioni originarie dell’India le loro credenze e pratiche religiose. Possiede anche l’ulteriore significato di Legge universale naturale.

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