di Sergio Mauri
Andare oltre la realtà in arte. Un percorso imprescindibile. Andare oltre la realtà non significa dissociarsi da essa, staccarsene, bensì attingervi. Significa, anche, andare oltre una rappresentazione/riproduzione pedissequa dell’arte stessa. Riprodurre semplicemente lo scorrere della vita è un atto inutile. Modificare, enfatizzare certe parti dello scorrere della vita per piegarle alla propria esigenza di esseri umani – a dire qualcosa – è l’unica cosa che ha significato. L’uomo esiste solo attraverso il suo percorso di errori, di ricerche, talvolta inutili, di significati, di successi e tragedie. Senza questo non ci sarebbe significato e nemmeno senso. La vita, senza questa lotta e ricerca continue rimarrebbe al livello di mera esistenza. Esattamente come per una pietra.
Le opposizioni polari su cui si gioca la tensione creatrice e le sue conseguenti possibilità si articolano così: realtà e verità; prassi e ideale; prosa e poesia. Per cambiare, modificare la realtà e trovare la verità bisogna – necessariamente – rompere con la prima o – quantomeno – sospenderla.
Tutto ciò può essere racchiuso in un discorso più ampio, quello della filosofia e della storia dell’arte che, necessariamente, detiene un profilo critico. Per inquadrare una critica e una storia dell’arte, due sono le grandi “scuole” filosofiche: quella idealistica e quella materialistica. Quella per cui l’idea genera la realtà e l’altra per cui la realtà genera l’idea. L’una che sostiene che la realtà conoscibile può essere quella dell’idea (soggettività); l’altra per cui la realtà è preesistente a qualsiasi idea che ci si può fare su di essa. Noi scegliamo, però, la saggezza: la terza via dell’influenza reciproca tra soggetto e oggetto (ammesso che esistano veramente e fra loro distinti e nell’accezione che il linguaggio, coi suoi limiti, c’impone).

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