Anti Žižek. Parte 1.

Anti Žižek
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La dialettica della storia fu così netta che, la vittoria teoretica del marxismo costrinse i suoi nemici a travestirsi essi stessi da marxisti. V.I. Lenin. Il destino storico della dottrina di Karl Marx.

Il socialismo pre-marxista è stato sconfitto. Esso continua la lotta non più sul suo terreno indipendente, ma sul terreno generale del marxismo, in quanto revisionismo. V.I. Lenin. Marxismo e revisionismo.

Ebbene si: mi sono deciso a studiare il personaggio e a scriverne. Attenzione però: non sarò per nulla tenero con lui. A differenza di molti, non lo ritengo particolarmente interessante e nemmeno un marxista. Žižek è ritenuto, spesso e senza un fondato motivo, un uomo di sinistra, nel senso intellettuale e sentimentale del termine. A seconda dei casi, viene, addirittura, considerato un comunista, o un personaggio anti-establishment, solo perché scrive dei libri in cui si menzionano dei nomi che riguardano la storia del marxismo-leninismo e del socialismo reale. Egli, però, scrive anche di altre cose, esprime giudizi sul mondo e l’attualità. Tuttavia, sembra che nessuno se ne accorga, facendo così il gioco manipolatorio dei media mainstream che etichettano tutto ciò che incontrano e può esser utile nella loro incessante lotta contro il cambiamento politico. Bisogna, però, precisare che fuori dai nostri provincialissimi confini di queste ambiguità di Žižek si è già parlato, discusso e litigato. In questo siamo provinciali tanto quanto la Slovenia, un piccolo paese, che avrebbe avuto la fortuna di aver dato i natali ad un grande filosofo e, per di più, battagliero e di sinistra.

Žižek è una celebrità della filosofia di sinistra. Per quanto mi riguarda, ho sempre trovato i suoi libri sconnessi e stracolmi di un insopportabile gergo tecnico. Su questo, mi darà ragione addirittura Chomsky, che ritroverete alla fine della seconda parte di questo testo. Egli è quasi incomprensibile quando cerca di farci capire il suo punto di vista concreto sulle cose del mondo. Ultimamente mi sono imbattuto sul suo libro Dalla tragedia alla farsa. Ideologia della crisi e superamento del capitalismo, nel quale, con mio massimo disappunto, egli segue la pista preconfezionata dell’islamo-fascismo per tutto ciò che riguarda i movimenti di resistenza del mondo arabofono islamico come Hezbollah; la linea preconfezionata della restaurazione capitalista in Cina, e prende le parti, a mio avviso, sbagliate in tutta una serie di questioni. Egli crede che, il progetto socialista nel ventesimo secolo sia stato un gigantesco fallimento. Per questi ed altri motivi che andrò a spiegare, ritengo i suoi scritti senza un grande valore. Inoltre, credo che il significato profondo di questa mancanza di valore vada ricercata nel suo essere un uomo che finge di essere ciò che vorrebbe farci credere di essere: un comunista. Qui risiede la confusione dei suoi scritti, i testa coda culturali e politici che lo contraddistinguono.

Ma andiamo con ordine. Žižek sostiene di essere un filosofo Lacaniano e post-maoista che, in qualche modo, aderirebbe al mondo di sinistra, a qualche forma di marxismo-leninismo e maoismo. Tuttavia, quando egli contava veramente qualcosa dal punto di vista politico, era, nella sua Slovenia, un leader sfrontato della controrivoluzione. Per la precisione Žižek si batté per la distruzione di quel sistema (socialista) certamente migliorabile, ma che oggi dichiara di sostenere, e ne ammira i principali fautori, quali furono Mao e Lenin. Come estremo momento di questa sua intrinseca contradditorietà Žižek, quando ufficialmente c’era il socialismo in Jugoslavia, era uno dei membri più importanti della dissidenza che si impegnavano anima e corpo per la sua distruzione. Nei tardi anni ’80 del secolo scorso egli si unì al movimento secessionista ed anti-socialista che si andava sviluppando in Slovenia, e divenne un membro attivo del Partito Liberal-Democratico che andò al potere quando la Slovenia secesse dalla Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia. Egli partecipò a quel movimento in prima fila, tanto che fu candidato come Presidente della Slovenia, nelle file liberal-democratiche nel 1990.

Molte persone si divertono a deridere i socialisti per le supposte denominazioni improprie che caratterizzavano molti dei nomi formali dei governi dei paesi del campo socialista (ad esempio si ridacchia ancora sulla denominazione Repubblica Democratica Popolare di Corea). E, tuttavia, proprio la denominazione di Partito Liberal-Democratico è uno scherzo di cattivo gusto. Alcuni di questi assassini a sangue freddo furono tra coloro che ammazzarono dei membri del multi-etnico esercito jugoslavo, l’JNA, semplicemente perché erano di stanza nel loro paese. Ci sono degli spezzoni di filmati che mostrano dei nazionalisti sloveni che sparano ai soldati dell’JNA che sventolano delle bandiere bianche.

I cosiddetti liberal-democratici, poi, procedettero con il furto dei conti correnti dei non-sloveni che avevano dei depositi bancari nelle banche slovene. Al tempo della Jugoslavia, Ljubljana era il centro finanziario del paese. Queste banche in territorio sloveno semplicemente si rifiutarono di ritornare i loro soldi ai depositanti non-sloveni, semplicemente cambiando i nomi alle banche ed affermando che le nuove banche non sarebbero state ritenute responsabili per ciò che concerneva i conti correnti del passato. Nel frattempo, il Partito Liberal-Democratico, in Slovenia, lavorava celermente allo smantellamento di tutti i settori dell’economia che sottostavano a rapporti di proprietà sociale, disfacendo ciò che era stato costruito, seppur tra limiti e contraddizioni, per generazioni. Ciò includeva l’autogestione dei lavoratori, riponendo l’autorità di nuovo nelle mani dei capitalisti.

Questo è stato il movimento con il quale Žižek era diventato parte integrante e, in parte, guida. Naturalmente, Žižek era stato anche membro del Partito Comunista della Slovenia. Sembra egli si fosse sempre assicurato di ricoprire delle posizioni tali che gli potessero assicurare una certa influenza ed un certo potere. A suo tempo dichiarò di aver lasciato il partito a causa del processo a quattro persone, da parte dell’JNA, nei tardi anni ’80 del secolo scorso. I comunisti sloveni nulla avevano a che fare con quel processo ed infatti fecero eseguire la punizione nel modo più blando possibile. Il problema consiste, invece, nel fatto che Žižek andava costruendo polemiche già da molti anni.

Da quando il socialismo è stato smantellato in varie parti del mondo, il suo scimmiottare i dettami dei nuovi padroni non può essere una novità per nessuno. Egli è alla continua ricerca di attenzione, per cui si deve continuamente inventare qualcosa di apparentemente nuovo. Così tenta di unire le sue farneticazioni lacaniane con certi temi della politica rivoluzionaria. Ma la domanda, per me, rimane la stessa: dove era Žižek quando era importante esserci? Dalla parte della controrivoluzione.

Žižek contro il “multiculturalismo egemonico”.

Chi è in grado di dare una definizione esatta, semanticamente ineccepibile e filosoficamente inespugnabile di “multiculturalismo”? Probabilmente nessuno, eccetto Žižek e chi vive, parassitariamente, sulle polemiche giornalistiche. Ma non solo.

Il 12 novembre 2010, presso la Room B01, del Clore Management Centre al Birkbeck College (Università di Londra), si tiene una lettura pubblica intitolata Violence Revisited, Žižek si fa notare per una apologia anti-zingara, in seguito ai disordini avvenuti nella Repubblica di Slovenia e concernenti alcuni insediamenti Rom sul territorio. L’ascolto della lettura pubblica è molto istruttivo, soprattutto laddove il nostro esprime la sua “molta” solidarietà per la protesta. Tuttavia, non è stata la prima volta che Žižek si è espresso in maniera ambigua sulla violenza. Già lo fece durante un seminario lacaniano, nel 2007: Law and Critique Conference. Citiamo ora un passo interessante di quella lettura pubblica al Birkbeck College, tradotto dall’inglese:

“Ci fu, in Slovenia, circa un anno fa (2009, ndt.), un grosso problema con una famiglia di Rom (zingari) accampata vicino ad una piccola città. Quando un uomo venne ucciso nel campo, la gente della città iniziò a protestare contro gli zingari, chiedendo che essi venissero rimossi da quel campo (illegalmente occupato), e spostati in un luogo diverso, organizzando corpi di vigilanti, ecc. Come previsto, tutti i liberals li condannarono come razzisti, dislocando il razzismo in questo piccolo e remoto villaggio, mentre nessuno di questi liberals, che vivono confortevolmente nelle grandi città, avesse un contatto quotidiano con i Rom (eccetto qualche incontro con i loro rappresentanti davanti alle telecamere quando dovevano esprimer loro il proprio sostegno). Quando la televisione intervistava i “razzisti” della cittadina, questi erano chiaramente visti come un gruppo di persone impaurite dai continui litigi e spari provenienti dal campo Rom, dal costante furto di animali dalle loro fattorie, e da altre forme di molestia da parte dei Rom. È tutto troppo semplice da dire (come hanno fatto i liberals) che lo stile di vita dei Rom è (anche) una consequenza dei secoli di esclusione e maltrattamento subiti, che la gente della vicina cittadina avrebbe dovuto aprirsi di più ai Rom, eccetera. Nessuno rispose concretamente ai “razzisti” locali dicendo loro che cosa avrebbero dovuto fare concretamente per risolvere il problema che il campo Rom rappresentava per loro”.

Questa fu la reazione di Žižek ad un pogrom che gli osservatori paragonarono alla “Notte dei Cristalli” di triste memoria. Se la polizia non avesse fatto sgombrare gli zingari, i razzisti lo avrebbero fatto col ferro e col fuoco. Tuttavia Žižek non ha esitazione intorno ai soliti rigurgiti di propaganda contro gli zingari (sono anti-sociali, causano problemi, se ne stanno a non far nulla), legittimando la folla razzista e le sue giustificate preoccupazioni, contrapponendo i decenti abitanti della cittadina alle élite metropolitane con la puzza sotto il naso, incanalando il risentimento dell’uomo comune mentre calunnia le sue vittime. Richard Littlejohn, anchor-man e giornalista britannico (scrive anche per il Daily Mail) si augura che questo livello di barbarie sia uno scherzo. La lettura al Birbeck è intorno all’uso della violenza, e come tale, provoca qualche evviva! quando Žižek applaude alla violenza degli studenti. Infatti, molta di questa ambiguità è collegata agli argomenti di Žižek in tema di razza e multiculturalismo e, nello specifico, nel giustificare il suo atteggiamento nei confronti dei critici antirazzisti di sinistra. Tuttavia, in queste diatribe, Žižek sostiene anche che, a causa delle sue posizioni non sia ben visto dall’ambiente culturale e che abbia ricevuto dei rifiuti a pubblicare degli articoli in difesa del concetto di Leitkultur”, concetto non proprio marxista, in contrapposizione alla visione liberale borghese, ma insiste nel dire che la sua posizione non ha nulla a che fare con il populismo anti-immigrati della destra. Piuttosto, egli sostiene di voler difendere uno spazio culturale abbastanza differente da quello difeso dalla destra. Queste persone di destra, egli sostiene, hanno tentato di disfarsi, in Europa, della popolazione di religione ebraica, quindi non hanno diritto di parlare di civilizzazione giudaico-cristiana. Egli attribuisce questo argomento ad Habermas, ma criticare i nazisti in quanto traditori della civilizzazione giudaico-cristiana non è un argomento molto appropriato per la sinistra.

Un articolo di Richard Seymour, apparso su Leninology, è scelto da Žižek per continuare la controversia sulle proprie posizioni ideologico-politiche, fino ad arrivare a sciorinare la sua supposta educazione in tema razziale, attraverso le parole della sua baby-sitter. Ci dice che si trattava di una “lavoratrice sociale” che aveva anche lavorato con i Rom che, peraltro, “preferiscono essere chiamati zingari” e “mi disse di non idealizzarli, naturalmente, ad un certo livello vivono in accampamenti illegali, vivono rubando automobili, è vero certamente, e lo confermò a me, rubano dai campi, e così via.” Armato dell’autorità conferitagli dalla sua baby-sitter, egli provvede ad armare i possibili assassini con un pretesto, e procede nel ridislocare il biasimo per questo caso di pogrom alimentato dal governo, non sulle spalle della classe capitalistica in quanto tale, ma sulle élite metropolitane di sinistra. Racconta, quindi, la storia di un villaggio residenziale aperto di Lubiana, dove vivono i ricchi liberals, e descrive le loro orripilate, quanto non provate, reazioni quando si sospettò che i Rom si dovessero spostare lì. Per Žižek questo prova che è molto carino essere anti-razzisti e tolleranti verso gli zingari quando non si hanno contatti con loro.

Questo è il limite del multi-culturalismo, è la tragedia del multi-culturalismo, per come l’intero spazio (culturale, ndr.) è costruito con una chiara dimensione di classe. È sempre la classe medio-alta o al limite la classe media che biasima i cafoni ordinari di essere razzisti, di godersi il privilegio…. Nel momento in cui io menziono questa dimensione di classe, divento un proto-fascista destrorso o qualsiasi cosa del genere. No, voglio dire, ancora, che il problema quando combatti il razzismo, è lo stesso di quando combatti i coloni israeliani, non focalizzarti sui poveri ragazzi, focalizzati sui veri colpevoli.”

Per spiegare questo riferimento, Žižek, in precedenza si è schierato contro il boicottaggio delle colonie di Israele, su di un terreno in cui si sostiene che i coloni sono dei poveri immigrati dall’Europa orientale, che sono costretti nelle colonie dallo Stato di Israele. Egli continua dicendo che si, naturalmente, i liberals hanno ragione intorno al razzismo dei poveri, ma

Immaginate una persone normale in un villaggio, suo figlio torna a casa spesso picchiato, non così spesso, ma c’è questa paura, scontri occasionali con i figli dei Rom, vengono rubate delle cose dai campi e così via, ci fu anche un omicidio in questa colonia di Rom, e cosa fu offerto a queste persone? Niente, solo colpevolizzazione.”

Con questo non voglio dire che Žižek sia un fascista o un cripto-fascista. Voglio solamente dire che in tutta Europa, con articolazioni leggermente diverse, come avrete notato, abbiamo dei “grossi problemi “ con gli zingari, gli immigrati, i musulmani, o piuttosto con le reazioni razziste nei confronti di costoro. E le reazioni da parte degli xenofobi e dell’estrema destra sono quasi identiche a quella di Žižek: se l’élite di sinistra ama così tanto gli zingari, i musulmani o gli immigrati, se li porti a casa e ci viva assieme! Tuttavia, ed ironicamente, è molto borghese-liberale che Žižek finga di aborrire ciò che sembra più piacergli. Parlo del nuovo perbenismo privilegiato e liberal con il suo chiacchiericcio accondiscendente intorno alla “classe lavoratrice bianca”, o sui “poveri abitanti di paesini sperduti” sulla quale costoro possono proiettare le proprie maligne fantasie razzistiche. Contrapponendosi alle quali si viene subito etichettati come degli anti-razzisti con la puzza sotto il naso. Questo sta incanalando Žižek. È la sua e loro caricatura di classe, la loro finta iconoclastia, le loro banalità e la loro razionalità offensiva che egli stà imitando. Žižek, l’agitatore radicale e bastian contrario, è – nel cuore – un borghese conformista e liberal-nazionalista.

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