Sul berlusconismo degli anti-berlusconiani.

Sul berlusconismo degli anti-berlusconiani
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di Sergio Mauri

Non credo sia casuale che Beppe Grillo stia girando la Sicilia promettendo 1000 euro al mese per ogni siciliano per 3 anni. Come non credo che i dietro-front di Monti siano casuali.

Si è parlato molto, negli ultimi mesi, della fine o della sorte del berlusconismo. Forse è sbagliato (o fuori centro) parlare di berlusconismo, malattia senile del qualunquismo italico, come argomento centrale per la politica italiana. Forse, ma non lo è.  Il fenomeno ha avuto un senso, una sua storia, e ce l’ha ancora, nonostante tutti i tentativi di riprendere moralmente coloro che hanno gridato allo scandalo Berlusconi. Berlusconi è sempre stato solamente il modello, il caso significativo, dei cambiamenti della nostra società, occidentale, europea, italiana.

Intanto, si parta dalla constatazione della crisi dell’Occidente e della sua cultura. Un dato incontrovertibile. Una prova paradossale è fornita dalla crisi del marxismo, corpus dottrinario eminentemente occidentale. Esso risente meno della crisi, anzi ha ancora una certa vitalità, laddove sviluppo economico, effervescenza culturale, demografia in ascesa, ricadono sulla necessità dell’uomo di capire, spiegare e sperare nel proprio futuro: in America latina o in Asia. Qui da noi, tuttavia, la sua crisi, che c’è stata e c’è tuttora, in quanto parte di quella cultura nata e sviluppatasi in occidente, è sottoinsieme di quella crisi più grande che è rappresentata dall’insieme culturale europeo.  La crisi della sinistra è una parte; l’altra parte è la crisi della destra; l’altra ancora quella del centrismo para-cattolico. Cattolicesimo ormai dedito solo alla gestione del potere.  Questo lo si ricordi ai vari Cicchitto,  Maroni, Bossi, Borghezio, Santanché, Formigoni….

Costoro non hanno bisogno di conoscere (per carità, se ne guardano bene, potrebbero doversi assumere qualche responsabilità!), poiché la cultura di destra cui sono prodotto e fautori al tempo stesso, si avvale di una marmellata indistinta ed insipida, di una pappa pronta a qualsiasi bisogna, piena di contraddizioni, opportunismi animaleschi, mancanza di qualsiasi etica se non “quella” della distruzione dell’umano, sempre e dovunque. Per fare ciò, l’asticella dei valori etici è stata abbassata in maniera spaventosa.

Il berlusconismo non è stato un prodotto casuale di questa Italia. E’ stato preparato come via di fuga dalla borghesia italiana (pure da quella piccola), scientificamente, attraverso l’uso del mezzo persuasivo per eccellenza (la TV, strumento il cui flusso comunicativo è a senso unico) da dove ha potuto far tracimare una serie di messaggi, proponimenti, avvertimenti e minacce verso una piazza ormai ridotta a poltiglia conformista da decenni di consumismo ed edonismo di massa. Questi esempi e minacce esercitati ex-catedra hanno introdotto, terroristicamente, la liceità del ladrocinio di gruppi e bande privati  ai danni del bene pubblico e della sua economia, mentre hanno educato una piazza sempre più pericolosa al culto dell’arricchimento, del materialismo, dell’individualismo e del sadismo sociali.

Una piazza sempre più pericolosa: gremita da masse intolleranti, nevrotizzate, che esigono una ricchezza che mediamente non hanno prodotto, come contraltare al consenso dato al modello vincente. Questa è una parte dell’eredità, se così si può dire, del Berlusconismo. Poi….costoro si incazzano con gli immigrati che invece di sperperare lavorano, lavorano, lavorano….

Ancora. Esso ha modificato in modo forse irreversibile anche la grande famiglia della sinistra italiana, uccidendone il “sogno di una cosa” che la rendeva così diversa dalle altre realtà politiche e sociali del nostro paese. Un paese pulito in un paese sporco, un paese onesto in un paese criminale…

Ora la sinistra, se va bene, amministra il presente cercando di non distruggere ciò che c’è. Più spesso essa prepara il terreno alla destra (economica) nel mercato del lavoro, nell’economia, nella società. Si è sicuri, da queste parti, che ci sia un coordinamento di sforzi e strategie per gestire al meglio (in modo profittevole) la inesorabile decadenza del capitalismo occidentale. Giustificandola con il buongoverno.

Si è parlato e si parla ancora della fine del berlusconismo. Esso è una questione tutta interna alla borghesia italiana. Non sono le classi popolari nè la sinistra a decretarne la crisi. Per sapere quanto durerà il berlusconismo bisogna capire come si sta spostando il pendolo del consenso della borghesia nazionale tra le pratiche politiche eccentriche del clown di Arcore e quelle seriose di sostegno finanziario al capitale in crisi dei suoi avversari.

Una parte della borghesia italiana fu spaventata a morte dalla libertà di manovra che Berlusconi si era arrogato da solo, considerandolo ormai una macchina fuori controllo.  La borghesia nazionale è seriamente preoccupata dal livello di cialtroneria raggiunto da questa classe politica che lascia il paese allo sbando, in discesa in tutte le classifiche internazionali possibili e sotto qualsiasi profilo possibile.  Il dopo-Berlusconi è già qui: senza più culture di riferimento se non quella del più semplice interesse capitalistico.

P.S.: chi si ricorda dell’eredità di Berlusconi?…Abolizione del falso in bilancio, condoni vari, abolizione della dit in favore della detassazione delle plusvalenze delle holding, la finanza creativa, la tassazione dei redditi da capitale più bassa di quelli da lavoro, l’abolizione dei crediti d’imposta automatici…. E’ cambiato qualcosa? Cosa?

 

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022 e Silele Edizioni (La Tela Nera) nel 2023.
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