Segnali di vita, da qualche parte/3.

Incontri
Incontri

Oggi vi spiegherò perché non sono d’accordo con quanto proposto da Vincenzo Cerceo, qualche giorno fa.

Intanto, non sono d’accordo né nel merito né sul metodo della proposta.

Premessa 1.

Purtroppo, mi ritrovo a dover affrontare un discorso un pò scocciante. Il problema a sinistra, è quello che sono almeno 30 anni che la “gente” non ascolta quel tipo di messaggio politico. La sinistra ha tradito il suo elettorato? Si è spostata a destra? Anche quello, per alcuni, ma è quantomeno strano che il rivolgersi delle persone ad altre proposte politiche sia iniziato con la fine del “sogno” rappresentata plasticamente dal crollo del Muro di Berlino. Sarà un caso? Non credo. Credo, inoltre, che sia cambiato il tipo d’uomo, l’antropologia dei popoli con cui confrontarsi. Quindi, questa proposta è appesantita da un passato che non può più tornare e che si è contribuito a costruire.

Premessa 2.

La comunicazione ha le sue regole. Colui che emette il messaggio, il mezzo e il destinatario. Colui che emette il messaggio, in questo caso, purtroppo non rappresenta nessuno; il mezzo è migliorato dopo un po’ di impegno personale; il destinatario è una fantomatica “base marxista” che nessuno sa più cosa sia.

Contenuto.

Mi verrebbe da dire, parafrasando il celebre adagio, che “se una rondine non fa primavera, nemmeno citare Marx fa un partito”.

1. La ripetizione abbondante e sistematica dell’aggettivo marxista di per sé non ci avvicina al marxismo o ai suoi presunti contenuti risolutivi, tutti da dimostrare anche per un seguace di quella teoria politica. E non può essere considerata una forma retorica.

2. Articoli del genere, depurati dai suddetti aggettivi, ci sono già in rete. Alcuni articoli pubblicati sul Fatto Quotidiano piuttosto che su Repubblica, Carmilla Online o su Contropiano non hanno nulla da invidiare all’appello (certo in direzioni diverse) ed alle analisi di Vincenzo. Per non parlare poi di giornalismo politico-investigativo del tipo di quello presente su The Intercept. Che sebbene non parli direttamente di implicazioni politiche ne ha molte di più dell’articolo suddetto.

3. I marxisti opererebbero per le classi deboli. Si, va bene anche l’ideale cristiano, ma a me fu insegnato che i marxisti operano per liberare le forze produttive incatenate in questi rapporti di produzione.

4. Rimettere insieme i fantomatici marxisti dopo che hanno divorziato, e parecchi anni fa, mi sembra un falso problema, oltre che un’inutile perdita di tempo. Un’operazione dall’alto, senza tenere conto della “classe” o del “popolo” a cui si dice di volersi riferire.

5. Quali sarebbero i “principi di classe”? A questo punto voglio una spiegazione.

6. La borghesia ha creato un sistema potenzialmente millenario, non condizionato dalla “propria opera in base ai limiti cronologici della singola esistenza individuale”. Proprio il contrario di quanto sostiene Vincenzo. Ed ha dimostrato capacità di cambiamento e di saper mettere in discussione le forme del proprio dominio appropriandosi delle tematiche di campi politicamente opposti, come quelli di destra e di sinistra, facendoli propri, rafforzando il proprio dominio. Sfortunatamente per tutti noi (vista la situazione, dal cambio climatico al coronavirus) , la borghesia è ancora in grado di rivoluzionare il proprio sistema produttivo e le relazioni sociali che ne conseguono.

7. La base marxista: quale sarebbe?

8. L’alternativa di classe? Si articoli una proposta, oltre lo slogan.

9. Lo strumento informatico è utile, ma sostanzialmente tossico, certamente non “risolutivo”, come sostenuto da Vincenzo. Lo vediamo nei Social, nei Blog, dove è nato e prospera il fenomeno del trolling.

10. Perché una persona o più persone facenti parte di un’organizzazione già esistente dovrebbero sciogliersi in una realtà più grande? Soprattutto se tutti costoro ritengono di essere essi stessi l’organizzazione che dovrebbe coagulare, attrarre, sintetizzare il lavoro politico dei “marxisti”? Esempi: Rete dei Comunisti/Contropiano, PCL, Lotta Comunista, Partito Comunista, Partito Comunista Italiano, qual che rimane di Rifondazione?

11. Marx, Engels, Lenin e basta? Nessun altro? Si spieghi il perché.

12. Sulle considerazioni sanitarie sono d’accordo. Non più di tanto su quelle che riguardano la Cina, che si tende a sottovalutare in modo sistematico, definendola un paese “arretrato”, perché c’è la questione “della pulizia”, del “tradimento del socialismo” eccetera. Accontentiamoci di comprare prodotti cinesi che noi non siamo più in grado di comprare e di parlare di civiltà laddove non serve a nulla.

Conclusioni.

Come dicevo all’inizio di questo scritto, sono almeno trent’anni che non si viene ascoltati o “quelli di sinistra” non sono ascoltati. Quei messaggi politici non sono più credibili, interessanti, utili. E nel campo “marxista” o della sinistra ampiamente intesa, non si riesce ad andare avanti perché si rimane al tepore protettivo delle vecchie proposte di 30, 50 anni fa. Ci si rifugia in slogan e ideologia laddove non si è capaci (e forse non si vuole) dare delle risposte, perché dare delle risposte significherebbe mettersi in gioco, rischiare qualcosa. Ma chi ne ha voglia?

Ci sarebbe, inoltre, da prendere coscienza del fatto che i “marxisti” non sono mai stati uniti in modo completo e totale, nemmeno all’epoca di Stalin, quando l’unità era una condizione necessaria alla sopravvivenza e che la “crisi del marxismo” che è più una “crisi dei marxisti”, è cosa di 60 anni fa, segnalata da Italo Calvino, Pier Paolo Pasolini, la rivista “Officina”, Milovan Gilas….tanto per fermarci qui. Son cose su cui c’è stato tempo per riflettere, ma non sembra siano arrivati i risultati di queste riflessioni, se dopo tanto tempo reiteriamo le solite proposte, peraltro in tempi non maturi per fare delle proposte.

Credo, in definitiva, che saranno le persone, il “popolo”, che dovrebbe essere semmai il destinatario di un messaggio che lo riguardi nella sua interezza, poiché il problema attuale riguarda tutti non alcune classi sociali piuttosto che altre, ormai private – quelle subordinate – della volontà di porsi nel solco del cambiamento e del protagonismo sociale.

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