Quando il capitalismo può dirsi in crisi?

Capitalismo, crisi economica
Capitalismo, crisi economica

di Sergio Mauri

Il sistema capitalistico può dirsi in crisi allorquando entra in crisi la parte fondante il sistema stesso: il processo di accumulazione del capitale. Non che il capitalismo possa esistere senza crisi, poiché esso è crisi in processo e sviluppo attraverso le crisi. È, inoltre, processo contradditorio e di quelle contraddizioni che hanno la caratteristica di essere insanabili. Se, tuttavia, ci focalizziamo sul processo di accumulazione, sappiamo che questo è entrato in crisi dai primi anni `70: la manifestazione politico-economica piu` eclatante della crisi consiste nel superamento/rottura degli accordi di Bretton Woods su cui s`era basata l`intera economia mondiale uscita dal secondo conflitto imperialista. Questo fenomeno “diede il segnale” che la fase discendente del ciclo era cominciata. Gli accordi si basavano su un sistema monetario internazionale fondato sui cambi fissi e avente come riferimento una valuta convertibile in oro (il dollaro).

Il dato deterministico da cui partiremo sara` la crisi del ciclo d`accumulazione del capitale, quindi ci avvarremo, per dimostrarne l`attualita`, della teoria marxiana sulla caduta tendenziale del saggio di profitto, perche` tutti i fenomeni di cui andremo a parlare in questo lavoro hanno la loro determinante – appunto – nella crisi del processo d`accumulazione. Inoltre, unitamente alla legge sulla caduta del saggio di profitto, che e` la chiave di volta della teoria marxista per capire la crisi del ciclo di accumulazione, la dimostrazione del carattere storico e quindi non eterno del sistema capitalista, la dimostrazione della sua incapacita` a riprodursi in modo allargato e progressivo e di apportare continuo sviluppo per la societa` umana, riporteremo l`analisi – che vi si collega ed anzi precede la prima – sulla composizione organica di capitale e sue tendenze. Per capire meglio la legge chiave della caduta tendenziale del saggio di profitto, bisogna prima dare una definizione di profitto, di composizione organica di capitale e di caduta del saggio di profitto.

Per profitto qui intendiamo la differenza fra il valore del prodotto e i costi di produzione. Il saggio del profitto e` dato dal rapporto fra profitti totali ottenuti nell`unita` di tempo e capitale anticipato. Secondo gli economisti classici (W. Petty, D. Ricardo) il profitto si ottiene sottraendo al valore del prodotto i costi materiali di produzione (materie prime, strumenti di produzione ed energia consumati nel periodo produttivo, e mezzi di sussistenza per i lavoratori impiegati). Nella teoria marxista la composizione organica del capitale e` il rapporto tra il capitale costante (c) (valore dei mezzi di produzione) e il capitale variabile (v) (valore delle sussistenze dei lavoratori) anticipati dal capitalista per la produzione di un`unita` della merce. La caduta tendenziale del saggio di profitto Marx la deriva dal continuo aumento della composizione organica del capitale, cioe` del rapporto fra capitale costante (c) e capitale variabile (v), fra mezzi di produzione e lavoro impiegato.

Il valore di ogni merce si divide in 3 parti; il valore dei mezzi di produzione utilizzati (capitale costante c), il valore prodotto dal lavoro necessario (capitale variabile v) e il valore prodotto dal pluslavoro (plusvalore s). Il valore e` quindi uguale a c+v+s. Tre rapporti che includono queste componenti del valore sono centrali per l`analisi economica marxista: il saggio del plusvalore s/v, il saggio del profitto s/(c+v) e la composizione organica del capitale (c/v).

Ma diamo ora la parola a Marx, che nel terzo libro del Capitale ci spiega la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto che egli chiama anche “della relativa diminuzione del pluslavoro acquisito in confronto alla massa di lavoro oggettivato messa in movimento dal lavoro”. Egli comincia la sua esposizione sulla “legge in quanto tale”, ponendo una situazione tipo, determinata; un capitale variabile 100, con salario settimanale 100 Lst., con un lavoro necessario al pluslavoro, valore complessivo del loro prodotto 200 Lst., plusvalore ammontante – quindi – a 100 Lst., percio` con saggio del plusvalore del 100%. (…) “Questo saggio del plusvalore si esprimerebbe pero` come si e` visto, in saggi del profitto molto differenti a seconda della diversa entita` del capitale costante c e quindi del capitale complessivo C, dato che il saggio di profitto e` pv(plusvalore, ndr.) /C. Se il saggio del plusvalore e` del 100%, si avra`:

se c=50, v=100, quindi p` = 100/150 = 66 2/3%

se c=100, v=100, quindi p` = 100/200 = 50%

se c=200, v=100, quindi p` = 100/300 = 33 1/3%

Restando immutato il grado di sfruttamento del lavoro, questo saggio del plusvalore si esprimerebbe quindi in un saggio decrescente del profitto, poiché insieme alla sua materiale entita` si accresce pure, anche se non nella stessa proporzione, l`entita` del valore del capitale costante e, per conseguenza del capitale complessivo. Se si suppone inoltre che questo graduale cambiamento della composizione del capitale non avvenga soltanto in alcune isolate sfere di produzione ma, in maggiore o minor misura, in tutte o almeno in quelle di maggiore importanza; se tale cambiamento modifica quindi la composizione media organica del capitale complessivo appartenente ad una determinata societa`, questo graduale incremento del capitale costante in rapporto al variabile deve necessariamente avere per risultato una generale diminuzione del saggio generale del profitto, fermi restando il saggio del plusvalore o il grado di sfruttamento del lavoro per mezzo del capitale. Si è però dimostrato che, in virtù di una legge della produzione capitalistica, lo sviluppo di quest`ultima è accompagnato da una relativa diminuzione del capitale variabile in rapporto al costante, e quindi anche al capitale complessivo messo in movimento. Ciò significa soltanto che lo stesso numero di operai e la stessa quantita` di forza-lavoro, divenuti disponibili per mezzo di un capitale variabile di una data entita`, in conseguenza dei particolari metodi di produzione che si sviluppano nella produzione capitalistica, mettono in movimento, impiegano, consumano produttivamente, durante il medesimo periodo di tempo una massa sempre crescente di mezzi di lavoro, di macchinario e di capitale fisso di ogni genere, di materie prime e ausiliarie e, per conseguenza, un capitale costante di sempre maggior valore. Questa progressiva diminuzione relativa del capitale variabile in rapporto al capitale costante, e per conseguenza al capitale complessivo, e` identica al progressivo elevarsi della composizione organica del capitale complessivo considerato nella sua media. Del pari, essa non è altro che una nuova espressione del progressivo sviluppo della produttività sociale del lavoro, che si dimostra per l`appunto nel fatto che, per mezzo dell`impiego crescente di macchinario e di capitale fisso in generale, una maggiore quantita` di materie prime e ausiliarie vengono trasformate in prodotto da un eguale numero di operai nello stesso tempo, cioè con un lavoro minore. A questo crescente incremento di valore del capitale costante (…) corrisponde una crescente diminuzione di prezzo del prodotto. Ogni prodotto, considerato in se stesso, contiene una somma minore di lavoro di quanto avviene nei gradi piu` arretrati della produzione, in cui la grandezza relativa del capitale investito in lavoro rispetto al capitale investito in mezzi di produzione e` molto maggiore. (…) Insieme alla progressiva diminuzione relativa del capitale variabile nei confronti del capitale costante, tale tendenza da` luogo ad una piu` elevata composizione organica del capitale complessivo, cio` che ha per immediata conseguenza il fatto che il saggio del plusvalore, ove il grado di sfruttamento del lavoro rimanga costante e anche aumenti viene espresso da un saggio generale del profitto che decresce continuamente. (…) La progressiva tendenza alla diminuzione del saggio generale del profitto e` dunque solo un`espressione peculiare al modo di produzione capitalistico per lo sviluppo progressivo della produttivita` sociale del lavoro. Cio` non vuol dire che il saggio del profitto non possa temporaneamente diminuire anche per altre ragioni, ma significa che, in conseguenza della natura stessa della produzione capitalistica, e come una necessita` logica del suo sviluppo, il saggio generale medio del plusvalore deve esprimersi in una diminuzione del saggio generale del profitto. Dato che la massa di lavoro vivo impiegato diminuisce costantemente in rapporto alla massa di lavoro oggettivato da essa messo in movimento (cioe` ai mezzi di produzione consumati produttivamente) anche la parte di questo lavoro vivo che non e` pagato e si oggettiva in plusvalore, dovra` essere in proporzione costantemente decrescente rispetto al valore del capitale complessivo impiegato. (…) La diminuzione del saggio del profitto esprime quindi il rapporto decrescente tra il plusvalore stesso e il capitale complessivo anticipato (…) Dato che la massa complessiva di lavoro vivo aggiunto ai mezzi di produzione diminuisce in proporzione al valore di essi, anche il lavoro non pagato e la parte di valore che lo rappresenta diminuiscono in rapporto al valore del capitale complessivo anticipato. Ovvero una parte sempre piu` piccola del capitale complessivo impiegato si converte in lavoro vivo, e quindi il capitale complessivo assorbe, in proporzione alla sua entita`, un`aliquota sempre piu` piccola di pluslavoro, benche` il rapporto tra la parte non pagata e quella pagata del lavoro impiegato possa aumentare al medesimo tempo. La diminuzione proporzionale del capitale variabile e l`aumento proporzionale del capitale costante, sebbene in senso assoluto essi crescano entrambi, e`, come e` gia` stato detto, solo una diversa espressione della aumentata produttivita` del lavoro. (…) Si abbia una determinata popolazione operaia, ad esempio di 2 milioni; siano del pari determinate la lunghezza e l`intensita` della giornata lavorativa media, il salario e, quindi, il rapporto fra lavoro necessario e pluslavoro. Il lavoro complessivo di questi 2 milioni di operai, e quindi il loro pluslavoro, rappresentato dal plusvalore, produce allora sempre un valore della medesima entita`. Ma l`aumento della massa del capitale costante (fisso e circolante) che mette in movimento tale lavoro, e` accompagnato dalla diminuzione del rapporto fra quella entita` di valore e il valore del capitale, che aumenta con la massa di esso sebbene non nella stessa misura. Tale rapporto, e con esso il saggio di profitto, diminuisce sebbene il capitale comandi la stessa massa di lavoro vivo e assorba la stessa massa di pluslavoro di prima. (Qui si sta parlando del rapporto tra c e C, ndr.) Il modificarsi della proporzione non e` dovuto alla diminuzione della massa di lavoro vivo, bensi` all`aumento della massa di lavoro gia` oggettivato da essa posto in movimento. La diminuzione e` relativa, non assoluta, e non ha in realta` nulla a che vedere con la grandezza assoluta del lavoro e del pluslavoro messo in movimento. La caduta del saggio del profitto non deriva da una diminuzione assoluta, ma soltanto da una diminuzione relativa dell`elemento variabile del capitale complessivo, dalla diminuzione di esso in confronto all`elemento costante. (…) Questa diminuzione (del profitto, ndr.) si riferisce alla massa del plusvalore e quindi del profitto e da cio` consegue, dato che il capitale complessivo 100 mette in movimento in generale un minor lavoro vivo, che esso mette anche in movimento, al medesimo grado di sfruttamento del lavoro, un minor pluslavoro e produce, per conseguenza, un minor plusvalore”. Fin qui Marx.

Ora come riusciamo a spiegare la contraddizioone in cui si dibatte il sistema capitalista e che ne determina la sua imperfezione ed inadeguatezza come sistema di produzione sociale? Qual`e` dunque il problema centrale del capitalismo? Il problema e` che ad una data composizione organica del capitale (c/v) e ad un determinato saggio di sfruttamento, la parte costante (c) – il lavoro oggettivato – tende ad aumentare progressivamente, innescando il processo di una diminuzione relativa, tendenziale, del saggio di profitto, direttamente connesso a quel rapporto (c/v). Ora il capitalista, partendo da quella data composizione organica del Capitale (c/v) e da quel determinato saggio di sfruttamento, deve colpire la parte variabile (v) per ristrutturare il suo sistema, aumentandone il saggio di sfruttamento unitario, e/o diminuendone l`entita`. La tendenza alla caduta del saggio di profitto induce – sul terreno della produzione – alla ristrutturazione per aumentare la produttivita` del lavoro. Rimane il fatto che gia` prima della ristrutturazione, egli si trova in presenza di un nuovo rapporto determinato di gia` dall`oggettivazione del lavoro, rapporto in cui la parte variabile (v) rappresenta una fetta sempre minore. La diminuzione di v e` una controtendenza alla caduta del saggio del profitto. In questo modo pero` diminuisce pure quella parte di capitale complessivo che e` la fonte del guadagno del capitalista, il plusvalore che viene estorto proprio da v. Il processo, quindi, ci ricorda il famoso gatto che si morde la coda; da questo punto ricomincera` con l`aggravamento delle contraddizioni.

Marx ha individuato nella legge della caduta tendenziale del saggio medio generale del profitto la legge fondamentale che regola il sistema di produzione e distribuzione capitalista. Se prendiamo in esame l`aspetto generale della legge della caduta tendenziale del saggio medio generale del profitto, osserviamo che la legge mostra come al variare del rapporto organico del capitale (al variare cioe` del rapporto tra capitale costante e capitale variabile) vari il saggio del profitto e all`aumento del rapporto organico del capitale corrisponde una proporzionale diminuzione del saggio di profitto. L`osservazione della legge mette in rilievo una delle massime contraddizioni dell`intero sistema capitalistico: la necessita` del sostegno del saggio del profitto e` la espressione della crisi del processo di accumulazione e valorizzazione del capitale. Alcuni mezzi che rallentano – ma che non annullano – la caduta sono: a parita` di forza lavoro impiegata, la contrazione del salario; contributi dello Stato a favore delle imprese ed in generale tutta la politica del capitalismo monopolistico di Stato. Tuttavia il capitale rivoluziona costantemente i mezzi di produzione – come Marx ed Engels hanno indicato nel 1848 nel Manifesto – come tentativo di controtendenza alla caduta del saggio.

La caduta del saggio di profitto è si la causa di fondo, la determinante principale, della crisi del capitalismo, ma nel senso che entra in crisi e si chiude un ciclo di accumulazione. Le controtendenze che contrastano la caduta del saggio di profitto e che la sospendono cessano di svolgere il loro ruolo, perdono cioè di efficacia, così da evidenziare la contraddizione permanente fra lo sviluppo delle forze produttive e il tipo di rapporti sociali. A rimanere operante senza adeguate controtendenze è la diminuzione del rapporto p/c+v dove p è il profitto, c il capitale costante, v il capitale variabile. L`aumento della somma c+v, dovuto all`accellerata innovazione tecnologica, superiore all`aumento di p, porta alla ineluttabile caduta del rapporto (saggio di profitto). Le controtendenze storicamente esauritesi nel corso del ciclo, non possono essere riattivate, se non operando sulle condizioni di base della accumulazione stessa. In altri termini non possono essere riattivate se non attraverso una radicale modificazione dei termini stessi del rapporto: con la massiccia e sistematica distruzione delle forze produttive, di c e di v.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger e studioso di storia, filosofia e argomenti correlati. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Hammerle Editori nel 2014 e con Historica Edizioni nel 2022.
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