Partigiani a Trieste. I Gruppi di Azione Patriottica e Sergio Cermeli. [Dalla postfazione di Claudio Sibelia]

Skupina_loških_partizanov
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di Claudio Sibelia
poeta dialettale e membro del direttivo
dell’Associazione Culturale Tina Modotti di Trieste
Del libro di Sergio Mauri, di cui scrivo queste poche righe finali, ho apprezzato le analisi del contesto storico sulla base delle ricerche effettuate, in cui l’autore intende evidenziare le radici politiche, etiche e culturali della popolazione locale. Mi limiterò, tuttavia, ad alcune considerazioni incentrate sulla nostra città, in cui l’attività politica ha significato per molte persone sofferenza, sacrificio, prigionia e persino la morte. In tutto ciò sono state coinvolte direttamente o indirettamente molte donne, come Ardemia Zancolich, Giuseppina Cattaruzzi, Ondina Peteani, e uomini come Sergio Cermeli, di cui si parla in questo libro, Mario Karis, Edoardo Dugolin, Rudi Flego e molti altri che preferiscono rimanere nell’anonimato ma che resteranno scolpiti nel cuore dei comunisti e di tutti coloro che, oggi, grazie a loro, respirano un’aria di libertà, seppure parziale. Ho avuto l’onore di conoscere diversi di questi compagni e compagne ed ho riscontrato in loro una tempra eccezionale, un intreccio di fede politica, dignità, di sentimenti ed ideali profondi, disposti al rischio anche della propria vita, per il fine di tutelare la libertà, i diritti, la vera giustizia, la democrazia. Molte di queste persone sono state deportate nei campi di sterminio nazisti. Altre, sono state bruciate alla Risiera di San Sabba e altre ancora hanno subito sevizie e torture nelle carceri fasciste della “Villa Triste” di via Bellosguardo e poi in quelle di via Cologna, da parte della famigerata Banda Collotti; di via
Rossetti, nonché del Coroneo. Inoltre, molti appartenenti ai GAP sono stati fucilati e impiccati in diverse parti della città: via D’Azeglio, via Ghega, al Poligono di Opicina, a Basovizza e da altre parti. Lascia sgomenti parlare di queste persone che sono state protagoniste della storia di queste terre, le quali con il sacrificio della loro vita hanno difeso la libertà contro la sopraffazione ed oggi vengono ricordate da pochi, una volta all’anno, davanti ad una lapide con qualche fiore o una corona di alloro. A volte penso a tutte queste persone che possono essere definite come degli eroi e mi chiedo se tutti i sacrifici compiuti da costoro, che hanno rovinato la vita delle loro famiglie, siano valsi la pena. È stato sconfitto il fascismo di allora. Tuttavia, oggi esso assume altre forme nella nostra società: il conflitto di classe che va affrontato con coerenza, impegno, organizzazione e capacità intellettuali in grado di superare le contraddizioni del sistema capitalistico e il rischio di una involuzione autoritaria, anche direttamente guidata dalla criminalità organizzata.
Oggi sento che possiamo dire al mondo, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle associazioni politiche e culturali, nelle istituzioni che noi comunisti ci siamo stati e ci siamo, ma che è giunto il momento che altri si facciano avanti a difendere ciò che noi abbiamo sempre difeso: la dignità umana e l’ideale di una società più giusta. Le guerre ed i misfatti del passato non si dimenticano e dobbiamo riconoscenza a quanti hanno sacrificato la loro vita per la tutela di quei valori essenziali di cui tutti noi, seppure virtualmente, fruiamo: pace, libertà, democrazia, giustizia ecc… Attualmente, altri valori vengono disattesi e calpestati, come la dignità per i meno abbienti, la tutela dei servizi sociali, il diritto al lavoro ed a un salario minimo per i disoccupati. Si delinea pertanto la necessità di una evoluzione civile tra le classi sociali e fra le coscienze di coloro che detengono il potere politico ed economico, certamente in contesti diversi ma non meno importanti del periodo della lotta partigiana.
Oggi come allora si impone un cambiamento della società che sia realmente in grado di autogestirsi. È indispensabile perciò ricomporre la frantumazione della politica ora monopolizzata dai poteri forti, con il contributo di tutte le intelligenze e la rivoluzione delle coscienze. Solo così si potrà rivalutare il patrimonio della Resistenza e la speranza di delinearne uno attuale che sia degno della società in cui viviamo.


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