L’importanza di chiamarsi Giorgio.

Alte_cariche
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Immaginate di essere una persona che per molti anni della propria vita ha professato certe idee, per quanto vaghe potessero essere, e abbia fatto parte di un gruppo dirigente di una organizzazione chiaramente etichettata; non abbia mai allontanato da sé la certezza di essere parte di quell’organizzazione e, nel momento in cui questa organizzazione politica ha cambiato veste, ne abbia continuato a far parte senza soluzione di continuità, affermando 1- le stesse cose di prima e 2 – eliminando solo quelle che lo etichettavano come in passato. Fate ancora un piccolo sforzo: immaginate ancora di essere quella persona e di sedere ora accanto al nemico di un tempo e di parlare il SUO linguaggio e non quello vostro “di un tempo”, ma nemmeno un VOSTRO nuovo linguaggio. Avreste sicuramente la sensazione di avere chiuso il cerchio, di avere ultimato un ciclo.

Sareste contenti di ciò che avete fatto, sul piano morale? La vostra abiura concreta potrebbe avere tre origini: 1- avevate sbagliato quella volta e vi siete accorti dell’errore e diventate assertori delle stesse posizioni del vostro ex-nemico; 2- in realtà già quella volta facevate finta di dire ciò che dicevate, cose dettate da questioni di schieramento e opportunità politica, peraltro in quella struttura facevate carriera e non potevate di certo bruciarvi; 3- siete il principe del male, state fingendo di abiurare perché sapete che l’avrete vinta voi: divorerete il vostro avversario!

Ammetto che la 3^ possibilità sia quella psichiatricamente più degna di indagine, tuttavia, in entrambi i casi restanti non fareste una bella figura dal punto di vista etico ed essa non vi preserverebbe da ulteriori errori nel vostro comportamento: potreste essere inaffidabili o in errore ancor oggi. Sbaglio porta sbaglio, tanto più se sono sbagliate le premesse del modo di agire di una qualsiasi persona, come al tempo in cui vi facevate finanziare la rivista della vostra corrente politica da Berlusconi.

Per completare questa piccola analisi dei comportamenti e delle coerenze, voglio concentrare la mia attenzione sulla frase che pronunciò il nostro Giorgio, ricevuto dal (grande capo) Bush. Egli affermò ufficialmente: “Italia ed Europa vogliono assumersi le responsabilità di mantenere la pace e di promuovere la democrazia”.

Posto che la pace non si mantiene con azioni armate a difesa di interessi economici (ENI o similari, peraltro svenduti…) e geopolitici (controllo del medio oriente + Irak + Afghanistan + questione Iran…..) in netto contrasto peraltro non solo con quei paesi, ma anche con la Cina e la Russia (immagino colpevoli di avere i LORO interessi), vediamo di approfondire il senso di queste affermazioni apodittiche. Intanto ci si dovrebbe dimostrare che l’Europa (egli parla volutamente in generale in modo da accrescere la “geometrica potenza” delle cosine che dice) sia in tutti i suoi membri, interessata o stia partecipando alle missioni di pace o di “costruzione della democrazia”. In secondo luogo l’assunzione di responsabilità.

La mia domanda è: quando mai l’Italia si è mai presa la responsabilità – sul piano della pace e su quello della democrazia – per ciò che ha fatto o affermato? Se si fosse presa qualche responsabilità non sarebbe ancora a tirare il carro degli interventi militari in quei paesi ( e perché non parlare anche dei ragazzi italiani che vi si arruolano per guadagnare qualcosa e magari vi perdono la vita), visto che le stragi continuano, soprattutto quelle di civili e la massima espressione della democrazia è la nostra che non quaglia in nulla con quella ideale. Che poi si faccia parte di una alleanza militare a carattere imperiale e si sia sotto la stretta e ricattatoria supervisione statunitense, è un “dettaglio” che un uomo coerente e appartenente ad una “grande storia democratica” ometterà sempre di dire.

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