Dossier. Storia del PCI,la discussione sulla tattica, la pregiudiziale di Bombacci.

Nicola Bombacci
Nicola Bombacci

Nella seduta pomeridiana del giorno 24, finita la lettura della relazione del delegato del Partito comunista di Germania, sulla situazione tedesca, si inizia la discussione generale sulla tattica del partito.

Ha la parola per primo il compagno on. Nicola Bombacci, membro del C. C.

Egli premette di avere rilevato dai lavori della Commissione e dai precedenti lavori del Congresso che non esiste in seno al Partito un dissenso profondo di dottrina, ma esiste un dissenso sopra una questione di tattica contingente. Quest’ultimo dissenso egli crede necessario venga chiarito. Si duole subito che i Congressi federali non siano stati informati in modo più ampio delle discussioni sul fronte unico che hanno avuto luogo non solo in seno ai nostri organismi direttivi, ma in seno agli organismi direttivi dell’Internazionale Comunista e tra essi ed il nostro Partito. Esiste infatti un elemento che vizia tutta la discussione che il Congresso dovrà fare sull’argomento della tattica, ed è il dissenso manifestatosi in proposito tra il Partito Comunista d’Italia e l’Internazionale. Perciò il compagno Bombacci crede necessario presentare, quasi in linea pregiudiziale, la proposta che le tesi sulla tattica vengano rinviate alle sezioni per una nuova discussione in base alle informazioni che attualmente si hanno sopra i lavori del Comitato Esecutivo allargato di Mosca, sopra il contrasto manifestatosi in queste riunioni e sugli esiti delle medesime. Non si tratta dunque, e non si tratta solamente, di discutere ed approvare in questo Congresso i principi direttivi tattici del nostro Partito. Le tesi che il C. E. presenta hanno carattere internazionale.

Le sezioni – prosegue l’oratore – non hanno discusso nello spirito che ora domina nel Congresso, perché non sapevano di dover esaminare un dissidio di carattere internazionale. Occorre che questo esame sia fatto e che i compagni di tutto il Partito siano messi al corrente della situazione.

Riconosco che Bordiga ha ammesso il contrasto tra le sue tesi, le tesi del terzo Congresso dell’Internazionale e quelle elaborate dall’Internazionale stessa sulla questione del fronte unico. Riconosco pure che non si tratta di un dissenso di ordine pratico ma unicamente di un dissenso teorico poiché nella pratica vi è la disciplina internazionale che ci salva, ma ciò nonostante il dissenso deve essere portato davanti alle masse. In questo modo noi otteniamo che i nostri compagni i quali andranno a Mosca a sostenere nel quarto Congresso dell’Internazionale i principi espressi in queste tesi portino effettivamente come contributo ai dibattiti il pensiero del nostro Partito.

Per la rivoluzione russa

Il compagno Bombacci conclude questa parte della sua esposizione chiedendo che il Congresso voglia prendere in considerazione la sua pregiudiziale, e passa quindi ad esaminare il contenuto della tesi sulla tattica, specialmente per quanto riguarda la questione del fronte unico. E’ convinto che l’errore fondamentale delle tesi consista in una non adeguata considerazione della realtà alla quale oggi i comunisti debbono tener fisso lo sguardo? E’ la rivoluzione russa. Le tesi del terzo congresso contengono un punto nel quale si afferma che tutti i partiti devono impegnarsi a difendere ed a sostenere le conquiste della rivoluzione realizzate dalla rivoluzione degli operai e dei contadini russi. Ma come si può effettuare questa difesa? Come difenderemo la rivoluzione russa nelle condizioni attuali dopo la caduta dell’ondata rivoluzionaria del 1919 e del 1920? La domanda si pone in modo concreto per tutti i partiti ed anche nelle nostre tesi si deve tener conto di essa e si deve dire chiaramente in qual modo, dato il nostro dissenso sopra la nuova tattica che l’Internazionale vuole adottare, noi crediamo di poter compiere la difesa della Russia.

    Ramazzotti – La difenderemo con la nostra disciplina!

    Bombacci – Non si tratta solo di questo, ma si tratta di unità di pensiero.

La disciplina è una macchina e se noi dobbiamo diventare un esercito disciplinato è inutile presentare e discutere delle tesi contrastanti. La realtà deve essere accettata da noi non per atto di disciplina, ma per libera volontà. Ora la realtà è la rivoluzione russa, la quale è un avvenimento tale che non permette di fare delle lunghe discussioni di carattere teorico, ma richiede di essere pronti a compiere un’azione di difesa mutando se è necessario di mese in mese la propria linea tattica.

Riserve sul fronte unico

Ma sopra un altro punto io dissento ancora dalle tesi di Bordiga e Terracini, e cioè per quanto riguarda la concezione e la attuazione del fronte unico politico. Nelle tesi si parla di fronte unico sindacale e si esclude il  fronte unico politico. Vi è in ciò una ipocrisia ed una contraddizione. Io non faccio colpa a Bordiga di essere un sindacalista né credo che egli ritenga che si debba dare al Sindacato la direzione di tutto il movimento proletario, ma la sua concezione del fronte unico sindacale è un’astrazione. Se noi diciamo che nei sindacati si debbono portare ed applicare le direttive del Partito vuol dire che in essi noi portiamo la lotta politica. Questo fanno continuamente i nostri gruppi comunisti in tutti gli organismi economici. Ora perché ci si è rifiutato di farlo quando si è trattato di venire ad accordi con altri partiti per costruire l’Alleanza del Lavoro? Se un nostro compagno può recarsi a sostenere le nostre direttive nei comitati dell’Alleanza del Lavoro, come segretario di una organizzazione economica, perché egli non potrebbe fare lo stesso come segretario di una organizzazione politica? In questo senso io affermo che le tesi sono viziate di ipocrisia.

Proseguendo nella sua critica per l’atteggiamento tenuto dal Partito in occasione della costituzione dell’Alleanza del Lavoro, l’oratore sostiene che questo atteggiamento è conforme al pensiero personale di Bordiga, il quale allo stesso modo che era antiparlamentarista perché riteneva necessario di agire sul Parlamento rimanendovi al di fuori, ma non entrando in esso, così ora vuole agire sulle masse rimanendo al di fuori degli organismi che ne dirigono l’azione.

Repossi – Ma non parlare solo a Bordiga, parla a tutti noi.

Voci: Bordiga oggi non è più astensionista!

Bombacci si occupa ancora dell’Alleanza del Lavoro, dicendo che dopo aver fatto noi per primi la propaganda per il fronte unico, non ci troviamo a far parte del primo organismo in cui si è cercato di realizzare il fronte unico stesso.

Ramazzotti – Ma noi ci siamo!

Bombacci – Non equivochiamo. Io parlo del fronte unico politico e cito altri casi. A Roma quando il proletariato ha lottato contro l’invasione dei fascisti noi non siamo entrati a far parte del Comitato che dirigeva l’azione e questo ha nuociuto al nostro partito di fronte alle masse, le quali, in genere, non si sono chieste se in realtà noi non avessimo partecipato all’azione, ma hanno badato alle apparenze. Sono forse piccolezze per voi che siete tutti intellettuali, ma non sono piccolezze per la massa.

La realtà è che nel fronte unico politico noi ci siamo, ma vogliamo far credere una cosa diversa dalla realtà, e questo si risolve in un nostro danno perché in tal modo ci è ostacolata la conquista delle masse. L’oratore crede che il fronte unico debba essere accettato da noi anche sul terreno politico. Avviandosi a concludere, dopo aver rilevato che quello del fronte unico è il solo punto sul quale sarà necessario discutere esamina quale è la situazione attuale italiana, soprattutto dopo i nuovi atteggiamenti del Partito socialista, delle correnti che esistono in esso e della Confederazione Generale del Lavoro. Egli ritiene che il dissenso tra la Confederazione ed il Partito sia un nuovo tentativo di ingannare le masse per far credere ad esse che nel Partito socialista esistano ancora degli uomini che vogliono condurre ad una lotta rivoluzionaria: ma questi stessi uomini mentre prendono degli atteggiamenti di equivoca intransigenza tendono di nascosto la mano ai d’Aragona ed ai Modigliani, i quali si preparano a collaborare coi politicanti che costituiranno il governo antiproletario.

    In questa situazione è necessario che il nostro partito si ponga chiaramente il problema della conquista delle masse, e se per conquistare le masse è necessario fare il fronte unico politico, lo si faccia. Rivolto a Bordiga, l’oratore lo invita a convincersi di questa necessità contingente. Come egli ha fatto una volta sacrificio delle sue convinzioni personali andando a Mosca e ritornando a Livorno, così ora faccia un altro sacrificio per la rivoluzione russa e per la rivoluzione mondiale, la quale sarà guidata dal Partito comunista e dall’Internazionale comunista o non sarà.

La pregiudiziale ritirata

Bordiga, senza entrare nel merito delle questioni sollevate da Bombacci, crede però che l’ordine del giorno da lui presentato non possa essere preso  in considerazione, perché la questione dei rapporti tra il Partito e la Internazionale è già stata risolta dal Congresso con una mozione approvata per acclamazione. E’ inoltre errato il dire che le Sezioni non siano state informate del carattere internazionale e non esclusivamente nazionale delle tesi sulla tattica, perché fin dal 13 agosto dello scorso anno nel primo comunicato relativo alla convocazione del nostro Congresso, si diceva chiaramente che esso avrebbe dovuto elaborare delle tesi tattiche da presentarsi alla discussione del quarto Congresso  dell’Internazionale comunista. E’ necessario che il Congresso addivenga ad un voto perché si sappia se le tesi rappresentino il pensiero della schiacciante maggioranza del partito, come il C. E. ritiene e come hanno detto a Mosca i compagni Roberto e Terracini. La questione pratica e di disciplina verrà risolta in seguito. La pregiudiziale di Bombacci  è quindi già di per se caduta, il compagno Bordiga invita il Congresso a non prenderla in considerazione.

    Ciappini, di Forlì, afferma che nel Congresso della sua federazione la questione dei dissensi tra l’esecutivo e l’Internazionale e la sezione italiana, non è stata prospettata e discussa.

    Morabito, di Reggio Calabria, dice di essere favorevole alla pregiudiziale Bombacci.

    Terracini, avendo preso parte al Congresso di Forlì come delegato dell’esecutivo, afferma di avere in quel Congresso esposto con la maggior ampiezza il contenuto delle tesi e messo in rilievo il dissenso per la questione del fronte unico.

    Pozzoli, è contrario alla pregiudiziale Bombacci e crede che le tesi debbano essere discusse e che si deve venire ad un voto su di esse, onde si sappia quale è il pensiero del partito, e se in esso esiste un’opposizione.

    Tanassi – E’ esagerato venir a dire al Congresso che le Sezioni non erano al giorno del dissidio tra noi e l’Internazionale. Esso era già risultato  fin dai resoconti del terzo Congresso.

Si approva la chiusura della discussione sulla pregiudiziale Bombacci.

    Ferrari, richiama l’attenzione dei compagni sopra un fatto di ordine cronologico, e cioè che la vera natura del contrasto sulla questione del fronte unico è stata conosciuta troppo tardi perché le Sezioni abbiano potuto discuterle a fondo. Nessuno inoltre pensava che l’Internazionale potesse adottare una tattica nella quale si prevede anche l’appoggio ad un governo operaio-parlamentare. Crede che si debba mantenere ferma la mozione di disciplina ma riprendere la discussione.

    Bombacci ritira il suo ordine del giorno pregiudiziale riservandosi di presentarlo nuovamente quando si dovrà venire al voto sulle tesi.

    Bordiga insiste nell’affermare che la discussione sulle tesi deve essere chiusa da un voto. Si deve votare per sincerità e per chiarezza. La disciplina non sarà violata da questo voto. Il Congresso è una parentesi di discussione la quale rappresenta il contributo che la Sezione italiana porta alla elaborazione della tattica dell’Internazionale Comunista. In seguito il partito ritornerà ad essere nella sua pratica agli ordini dell’Internazionale.

    Bavassano, di Torino, vuole sapere se il compagno Bombacci ha approvato in sede di C. C. le tesi sulla tattica alle quali ora fa opposizione. Questa richiesta di Bavassano suscita in tutto il Congresso commenti e discussioni animatissime, sedate con energia dal Presidente, il quale da la parola al compagno on. Graziadei.

Il discorso di Graziadei

    Graziadei – Poiché mentre egli sale alla tribuna continuano le discussioni tra i congressisti, li invita ad essere meno. . . italiani che possano per continuare a dar prova di serietà.

    Per cercar di dimostrare come sia possibile giungere ad un voto di merito che concili la disciplina internazionale con la convinzione della bontà intrinseca delle tesi di Mosca intorno al fronte unico, e che nello stesso tempo avverta la Terza Internazionale della inopportunità di una troppo brusca applicazione in Italia della tattica del fronte unico anche politico, legge subito l’ordine del giorno che riassume il suo pensiero.

    L’ordine del giorno dice:

    Il Congresso, dopo ampio esame delle tesi sulla tattica proposte dal C. C. del Partito e di quelle votate nel III Congresso della Internazionale Com. e nelle recenti riunioni dell’Esecutivo allargato della Internazionale stessa; mentre approva i principi informatori del fronte unico sindacale e plaude al C. C. che per primo ne ha lanciato in Italia la parola d’ordine; dà mandato al nuovo C. C. del Partito affinché, d’accordo coll’Esecutivo dell’Internazionale Com. riesamini e definisca specialmente le formulazioni relative al processo di reclutamento nel Partito di nuove forze, e alla eventuale estensione del fronte unico anche ai rapporti fra Partiti di masse operaie e contadine, in modo da coordinare le tesi della Internazionale comunista colle esigenze inerenti alla situazione italiana ed alla recente costituzione del Partito comunista d’Italia

– Graziadei.

    Iniziando la esposizione dei concetti riassunti in questo ordine del giorno, il compagno Graziadei afferma che le tesi sul fronte unico, anche politico, approvate dalla III Internazionale possono essere di difficile applicazione per un partito come il nostro, data la sua recente costituzione e dato soprattutto il modo come questa costituzione ha avuta luogo. Una delle correnti fondamentali che hanno contribuito alla formazione del partito comunista d’Italia è stata la frazione antiparlamentarista, la quale rappresentava già prima una continuità di pensiero e di critica marxista anche nel senso del vecchio partito socialista italiano. Di questa frazione però rimane ancor oggi una parte della mentalità ristretta. Bisogna tenere conto di questo fatto e tenere conto del fatto che noi abbiamo un anno solo di vita come partito a sé, e non abbiamo ancora esaurito il lavoro di differenziazione, che è necessario per darci non solo una fisionomia nostra ma una omogeneità ed un inquadramento capaci di resistere ad ogni evenienza. E’ certo che le masse nel momento attuale non sono ancora capaci tutte di distinguere precisamente un socialista da un comunista. E’ opportuno che in una simile situazione il nostro partito applichi subito e completamente una tattica la quale porterebbe ad ostacolare il necessario processo di differenziazione.

Elasticità di tattica

    Il nostro partito si è costituito nel periodo dell’inizio della reazione ed il primo anno della sua attività ha coinciso con la massima ritirata delle forze proletarie. Oggi vi sono dei segni dai quali appare che il periodo di questa massima ritirata è prossimo a finire. Si accenna anzi ad una ripresa. Di questo fatto bisogna tener conto nel discutere della tattica del partito. La tattica da applicarsi in un periodo di depressione, nel quale non ci si può proporre altro compito che quello di raccogliere e mantenere intatta la maggior quantità di energia rivoluzionaria, non è eguale a quella di chi riprende l’assalto in piena forza.

    Le tesi che il Comitato esecutivo presenta all’approvazione del congresso escludono invece la elasticità che sarebbe necessaria per adattarsi alla nuova situazione che si sta maturando. Vi è in esse qualcosa di troppo assoluto che pare voglia chiudere la via alla storia e precludere ogni possibilità di nuovi atteggiamenti tattici che le circostanze invece ci potrebbero costringere a prendere domani.

    Precisando afferma che il suo dissenso in particolar modo sopra due punti.

Anzitutto esso riguarda un’affermazione contenuta nella tesi nona e relativa al modo di reclutamento di eventuali nuove forze nel nostro partito, provenienti da altri Partiti. Inoltre egli è in dissenso con le tesi 48 e seguenti, perché ritiene che non si possa escludere in linea assoluta in Italia di fare un fronte unico anche tra i partiti che abbracciano masse di operai e contadini.

    Sviluppando il primo punto il compagno Graziadei afferma, in contrasto con la tesi nove, che egli ritiene ancora possibile il distacco dal partito socialista di interi gruppi organizzati. Il nostro partito deve tenere presente questa possibilità. Se questo fatto si verificasse, i gruppi i quali si staccheranno dal partito socialista non potranno certamente essere trattati da noi come se fossero venuti con noi al congresso di Livorno. Occorrerà però tenere nei loro confronti un atteggiamento conciliante che faciliti il loro ritorno nelle file dell’Internazionale comunista. L’ipotesi prospettata nelle tesi e cioè che questo fatto non sia augurabile e non debba al caso verificarsi che attraverso domande individuali, è eccessivamente pessimista e mancante di tatto.

    Il secondo punto che è necessario discutere è quello del fronte unico sindacale e della sua eventuale e graduale trasformazione di un fronte unico basato anche sopra rapporti ed alleanze di partiti di masse.

    Io comprendo, dice l’oratore, le preoccupazioni che si hanno per l’omogeneità e l’indipendenza del nostro partito, ma su questo punto non vi è nessun dissenso tra noi. Se vi fosse qualcheduno che in nome del fronte unico, credesse possibile rinunciare all’omogeneità ed alla autonomia del partito comunista, egli dimostrerebbe con ciò di non essere più un comunista.

Come conquistare le masse?

    Ma perché si è costituito il partito comunista? Per rendere possibile ad esso, che sarà la guida della rivoluzione, di conquistare le masse agli insegnamenti delle nuove esperienze storiche. La costituzione del partito comunista è quindi una premessa indispensabile alla tattica del fronte unico. A questo proposito l’oratore ricorda che anche il partito. Soc. con la sua costituzione ruppe un fronte unico che allora esisteva, il fronte unico delle masse operaie le quali seguivano la parola d’ordine della democrazia cavallottiana ed erano inquadrate negli organismi creati dalla democrazia stessa. Ma la rottura di quel fronte unico, diffondendo nelle masse operaie concezioni più moderne, chiamandole alla lotta di classe e precisando i fini che questa lotta doveva raggiungere, rese possibile la creazione di un più largo fronte unico delle masse stesse, la costituzione di nuovi organismi di carattere economico e politico, ai quali aderirono le masse che mai avrebbero potuto essere inquadrate dal fronte unico della democrazia. Lo stesso deve avvenire oggi. Il Partito Comunista deve andare alle masse e deve creare un nuovo fronte unico più largo e sincero, ed armato di nuove concezioni e di nuove armi perché questa è la sua specifica funzione.

    Se ciò è vero come è possibile al partito comunista la conquista delle masse? Una parte di esse ma una parte minima, viene reclutata direttamente ed assorbita nei quadri del nuovo partito. Ma la grande maggioranza rimane nell’orbita dei vecchi organismi sindacali politici, contro i quali noi ci siamo costituiti e ai quali è rivolta la nostra critica. Queste masse in un periodo di rivoluzione, in un periodo di fermento, mentre hanno luogo comizi, ed agitazioni continue, possono facilmente essere conquistate dall’esterno facendo giungere ad esse la voce del nostro partito. Ma in un periodo di depressione questa conquista dall’esterno non è più possibile, o almeno è troppo lenta. Non si deve quindi escludere la eventualità dei contatti con le organizzazioni ed anche con gli uomini degli altri partiti di masse, per meglio penetrare in mezzo ad esse.

    Che cosa è che costituisce oggi malgrado tutto, la forza dei socialdemocratici? I socialdemocratici sono forti perché dalle lotta degli anni passati è risultato che le difficoltà della rivoluzione erano molto più grandi di quanto non si credesse da troppi. In proporzione a queste difficoltà è aumentato il prestigio dei capi socialdemocratici i quali ora si servono di esse, per dire alle masse che se avessero seguito i comunisti, il disastro le attendeva. Bisogna spezzare questo prestigio e ciò si può ottenere unicamente combattendo il giuoco dei capi socialdemocratici. Ora quando si tratta dei grandi problemi della rivoluzione, le differenze tra noi ed essi sono chiare e facili a percepirsi. Sarebbe ridicolo che noi proponessimo ai socialdemocratici di fare la rivoluzione, e d’altronde sarebbe assai facile a noi smascherarli quando questo massimo problema si presentasse nella realtà della storia. Ma oggi che si tratta di difendere, giorno per giorno, le conquiste immediate degli operai e dei contadini, noi dobbiamo invitare i capi socialdemocratici all’azione su questo terreno ed essi non potranno rifiutarsi, perché altrimenti le masse li abbandonerebbero. Quando noi però li avevamo costretti a seguirci su questo terreno non ci sarà difficile trovare nell’azione quotidiana gli argomenti per meglio smascherarli e per ottenere quindi che anche prima del supremo momento rivoluzionario le masse siano sotto una più diretta e completa influenza del Partito comunista.

Diventare partito di azione

    Questa tattica inoltre permetterà al nostro partito di non limitarsi ad essere un partito di propaganda ma di diventare un partito di azione. La cosa più urgente nel momento attuale è di ridare alle masse il movimento di contrattacco in modo da accelerare lo sviluppo della nuova ondata rivoluzionaria.

    A questo scopo può servire, in determinate circostanze, la parola d’ordine del fronte unico, nel senso come viene intesa dalla Terza Internazionale.

    Il nostro partito si è già servito di questa parola d’ordine e ne ha tratto risultati considerevoli. Bisogna anche riconoscere che a noi spetta il merito di aver per primi lanciata questa parola sul terreno sindacale in un modo che costituisce un fatto nuovo nella storia del movimento rivoluzionario italiano. Ma è possibile mantenere il fronte unico sul terreno puramente sindacale? E’ questo il punto nel quale le tesi Bordiga peccano di astrattezza perché fanno del fronte unico sindacale uno schema teorico ed assoluto, al quale non si prevedono possibile deroghe. Ci troviamo invece in un campo mutevole, dove non si può fare nessuna affermazione assoluta. La stessa parola d’ordine che il nostro partito ha lanciato fin dal primo momento della costituzione per mantenere l’unita del movimento sindacale non ha un valore assoluto. In Francia ad esempio la scissione nei sindacati è stata per i comunisti il mezzo onde sottrarre molta parte delle masse all’influsso dei capi traditori. I nostri compagni francesi sono riusciti a conquistare la maggioranza ed allora non hanno più avuto paura della scissione ed hanno fatto bene.

    Quando vi è la maggioranza si possono anche fare le scissioni. Ma la situazione dei francesi ora è questa, che data l’esistenza di Due Confederazioni generali del lavoro, la tattica del fronte unico sindacale acquista un aspetto analogo a quello che avrebbe per noi ora la tattica del fronte unico politico. Una situazione simile può anche prodursi in Italia. Ricordiamo che i nostri peggiori nemici non sono attorno a Serrati, ma sono alla testa delle Confederazioni del lavoro e che può darsi venga forse un giorno nel quale essi ci imporranno di uscire dalla Confederazione e di costituire una nuova organizzazione sindacale. Allora anche per noi le differenze tra fronte unico sindacale e fronte unico politico tenderanno a scomparire. Ma senza aspettare quel momento anche oggi, se siamo marxisti e badiamo non alle ideologie ma alle forze reali, vi è una situazione di questo genere rispetto alle organizzazioni bianche con le quali è pure prevedibile che noi dobbiamo proporre di fare un fronte unico sindacale. Ma se è possibile questa previsione nel campo sindacale essa lo è ancora di più nel campo politico. Non bisogna quindi precludersi nessuna via. E’ naturale che un partito come il nostro preferisca oggi di limitare la sua propaganda per il fronte unico al terreno sindacale, dove gli equivoci e le confusioni sono meno possibili. Bisogna però che noi manteniamo alle nostre affermazioni teoriche un carattere che non escluda un diverso atteggiamento per l’avvenire.

Previsioni e possibilità

    Io rilevo inoltre nelle tesi un assolutismo di ipotesi storiche. Si prevede in esse la possibilità di un accordo tra i socialdemocratici e la sinistra borghese e può darsi che ciò avvenga. Ma è possibile anche una soluzione diversa. La sinistra borghese oggi non ha più dietro a sé delle masse, mentre esiste invece un partito popolare, il quale è obbligato a basarsi sopra larghi strati di masse lavoratrici e che può essere costretto, per le stesse necessità della sua organizzazione, a prendere un atteggiamento che lo avvicinerebbe ai socialdemocratici. Si disegna dunque la possibilità di accordi, non più fra socialdemocratici e vecchia democrazia, ma fra quelli ed i popolari. Ma se avessero luogo degli accordi di questo genere è certo che il partito socialista si scinderebbe. Ecco quindi possibilità che noi dobbiamo tener presenti nel definire la nostra tattica.

    A sostegno delle sue argomentazioni il compagno Graziadei cita a questo punto un passo del Manifesto dei Comunisti nel quale Carlo Marx afferma che i comunisti debbono appoggiare questo o quel partito politico allo scopo di poter ottenere il raggiungimento di certi obbiettivi immediati.

    Prova ne sia che i socialdemocratici non vogliono sentirne parlare e si adattano ad esso soltanto dietro la spinta della nostra polemica. Certamente l’applicazione di questa tattica sul terreno politico porterà con sé molte difficoltà ma sono le difficoltà inerenti la vita stessa.

    L’oratore esamina ancora brevemente l’operato del nostro partito per quanto riguarda l’Alleanza del Lavoro e rileva che la tattica da noi seguita in questa occasione ha effettivamente dimostrato l’esattezza del pericolo messo in luce dal compagno Kolarof, e cioè che il fronte unico limitato al terreno sindacale possa diminuire tra le masse il prestigio e l’importanza del partito politico. Egli rileva quindi l’enorme successo avuto tra le masse contadine della Valle Padana dal patto di Cremona tra socialisti e popolari e afferma che, quantunque quel patto sia da un punto di vista teorico criticabile, esso ha costituito l’elemento determinante di una nuova situazione, appunto perché ha scosso le masse dal loro torpore. E’ necessario che noi pure ci rendiamo conto della possibilità che nell’avvenire sia reso necessario, allo stesso scopo di far rientrare le masse nel giuoco delle forze politiche iniziali, di abbandonare la rigida linea tattica fissata dalle tesi praticando invece il principio del fronte unico anche politico. D’altra parte bisogna evitare di isolarsi in un momento in cui ci si trova di fronte ad una situazione politica che è ricca di sviluppi. Bisogna ricordare che l’isolamento è la cosa più dannosa per un partito di masse, e ricordare pure che il partito comunista è un partito di esperimentalismo marxista il quale non teme le esperienze di lotta e di azione, essendo anzi convinto che esse sole servono ad affinare le sue capacità.

Elevato e vivace dibattito

    La seduta pomeridiana è aperta alle ore 15 dal compagno Roberto.

                         Il compagno Angelo Tasca

    Tasca ritiene necessario un attento esame della situazione italiana poiché le tesi del Comitato esecutivo presenta, risentono soprattutto di preoccupazioni particolari a questa situazione. Ritiene però che esse siano in parte incomplete e non accettabili in tutte le loro particolarità.

    Anzitutto non crede che si possa escludere le eventualità di una nuova scissione nel Partito socialista italiano poiché se dal congresso di Livorno in poi abbiamo percorso tutto il nostro cammino, il Partito Socialista non ha fatto altrettanto. E noi d’altra parte non abbiamo raccolto dalla scissione  tutti i frutti che ce ne aspettavano. Non bisogna rimpicciolire il problema.

  La scissione di Livorno è stata una scissione di carattere interno e non ha avuto nelle masse quella immediata rispondenza che avrebbe potuto avere. Tra i riformisti e gli ex massimalisti si è costituito un blocco per opporsi alla nostra influenza tra le masse e nelle organizzazioni, e, benché le masse a questo blocco siano rimaste estranee, esso è servito ad impedire che il processo di differenziazione iniziato a Livorno abbia raggiunto i margini della sua attuabilità. Pur essendo convinto di ciò il compagno Tasca è daccordo con Bordiga nel ritenere che non si debbano costituire dei nuclei in seno al Partito socialista italiano. Noi dobbiamo cercare di accelerare una crisi interna operando dall’esterno, ma bisogna però tener presente che qualsiasi crisi può ancora mettere capo ad una scissione profonda. Approva quanto è detto nelle tesi sulla necessità di una aspra polemica contro i capi del Partito Socialista, ritenendo che questa polemica è un elemento essenziale per ottenere la separazione degli elementi incerti dai controrivoluzionari qualificati.

    Passando a esaminare la questione del fronte unico ritiene che tanto l’Esecutivo italiano quanto quello di Mosca si lasciano influenzare dall’esame di una particolare situazione e cioè di quella italiana da una parte e di quella tedesca dall’altra. Ritiene che il problema del fronte unico sindacale è un problema reale e di attualità storica, mentre è un problema astratto quello della partecipazione al governo con i socialdemocratici.

    Il primo problema costituisce il centro del nostro congresso soprattutto dopo la costituzione dell’Alleanza del Lavoro: ma se noi ci attardassimo invece a discutere quale deve essere la nostra linea di azione presentandosi la eventualità di un fronte unico dei partiti politici, perderemmo il tempo a discutere del modo di costituire un edificio senza badare al modo con cui si stanno gettando le fondamenta di esso. Il fronte unico sindacale quale è stato concepito ed attuato dal C. C. esattamente agli scopi che si propongono di raggiungere i compagni dell’Internazionale. Se il fronte unico invece si spostasse sul terreno politico , esso invece di servire alla conquista delle masse sarebbe condannato ad intisichire tra le polemiche personali.

    L’oratore si chiede quindi che cosa potrà avvenire del Partito socialista italiano durante questo processo di sviluppo del fronte unico. Prevede che esso potrà dissolversi per una acutizzazione della sua crisi interna ma non esclude la possibilità che i capi del partito socialista possano ritornare alla propaganda demagogica rivoluzionaria ed allora noi ci troveremmo di fronte ad una situazione che non elimineremmo, ignorandola. Insieme sull’affermazione della necessità di mantenere il nostro organismo indipendente, autonomo ed omogeneo. Credo però che dalle tesi e dalla situazione che si è determinata nel congresso risulti il pericolo che i nuovi organismi dirigenti del nostro partito non si gettino fini in fondo e senza riserva nella campagna per il fronte unico come si dovrà fare quando si riterrà necessario.  Quando all’argomento dell’aiuto che bisogna dare alla Rivoluzione russa crede che nessuno mai abbia pensato che la tattica della Terza Internazionale sia determinata da meschine considerazioni inerenti alla situazione russa.

    Non si può fare distinzione tra lo Stato russo e la Terza Internazionale.

  La conquista del potere da parte degli operai e dei contadini russi è stata una vittoria dell’Internazionale comunista. Quando però si apre una breccia nel sistema sociale capitalistico è necessario che in essa riescano a passare tutte le forze che sono capaci di lavorare per la costruzione di un nuovo ordine sociale perché se ciò non avviene saranno condannate a deperire e ad esaurirsi anche gli eroici compagni che per primi hanno saputo riportare la vittoria. Si è accennato ad una seconda marea rivoluzionaria la quale sta sorgendo attualmente. Ora è evidente che anche questa marea può darsi che cada al di qua della breccia che è stata aperta dalla rivoluzione russa ed è pure evidente che in considerazione di questa eventualità è necessario ridurre la nostra mentalità teorica e forse anche la nostra rigidezza dottrinaria per tener conto della falce inesorabile del tempo. Si tratta di trovare le forme pratiche che dovrà prendere l’azione del nostro partito per soddisfare alla necessità di dare a questa ondata rivoluzionaria la guida che occorre.

I dubbi di Sanna

    Sanna, crede opportuno farsi eco di uno stato d’animo che si è diffuso tra i compagni in seguito alla discussioni del congresso. Che cosa diranno i compagni d’Italia quando sulla questione del fronte unico si troveranno di fronte a due pensieri distinti: uno del C. E. italiano ed uno della Internazionale comunista. Sorgerà un problema di coscienza il quale si ripercuoterà sulla azione e sulla condotta pratica di partito. Egli si chiede quindi se è realmente necessario che sia(. . . ?) il pensiero del Partito comunista d’Italia secondo la linea delle tesi del C. E. E’ il congresso una assemblea di studiosi? Ed è necessario giungere alla fissazione di questo duplice pensiero sopra una questione così importante ? Questo stato di imbarazzo è rafforzato dal fatto che per ciò che riguarda il fronte unico le tesi presentate al congresso sono viziate da un errore iniziale, dall’errore cioè di ritenere certa la insurrezione del proletariato ed immancabile ritorno dell’ondata rivoluzionaria. Questo invece non è per nulla certo è si deve anche prospettare l’altra eventualità che ancora una volta la classe operaia non sappia cogliere il momento di fare la rivoluzione. Se esistesse la certezza della insurrezione operaia la linea ideale delle tesi del Partito comunista d’Italia non sarebbe criticabile. Ma poiché questa certezza non esiste, noi dobbiamo intervenire nel processo oggettivo della rivoluzione per farlo diventare processo soggettivo di formazione di una nuova coscienza rivoluzionaria tra le masse.

    Si presenta quindi il problema di arrivare alle masse ed il modo di conquistarle staccandole dai cattivi pastori, cosa che i comunisti ancora non sono riusciti a fare. Per ottenere il risultato che noi ci proponiamo è forse necessario avere dei rapporti con le altre organizzazioni politiche e con i loro capi. Oltre alla accettazione della disciplina di fatto, incondizionata, è forse necessario che si giunga fino all’ultima conseguenza: di togliere dalle tesi tutte le affermazioni relative al fronte unico che sono in contrasto col pensiero dell’Internazionale comunista.

    Dopo breve discussione viene approvata la chiusura.

    Bernamonti ha avuto dalla Federazione di Cremona il mandato di votare per le tesi; però dopo avere ascoltato la discussione è favorevole all’ordine del giorno Graziadei. Crede che l’opposizione al fronte unico sia di natura sentimentale. In pratica aderendo ai Comitati per l’Alleanza del Lavoro, lo si è già attuato. Crede che la tattica del fronte unico permetterà di smascherare i social-traditori.

    Mauriello, crede che la questione principale è il vedere se siamo noi o se è il C. E. della Terza Internazionale che si è allontanato dalle tesi del terzo Congresso. Afferma che il nostro partito si è mantenuto sulla linea di quelle tesi le quali sostenevano la necessità di andare alle masse, ma non quella di accostarsi ai politicanti che dirigono i partiti avversari.

Terracini per le tesi

    Terracini – Ai compagni i quali hanno affermato che dalla discussione è emerso il atto nuovo di un contrasto con le tesi di Mosca, fa rilevare che quello che era necessario risolvere in seguito a esso è già stato risolto con la mozione di disciplina acclamata nella seduta di ieri. Occorre quindi discutere del merito delle tesi lasciando da parte ogni altra considerazione.

    Sul merito delle tesi l’opposizione principale è venuta dal compagno Presutti, il quale le ha criticate per il loro contenuto e di carattere non esclusivamente nazionale. Bisognerà però tenere  presente che Sezioni della Internazionale hanno il dovere di collaborare alla creazione della sua politica. A questa collaborazione tutti ormai riconoscono che il Partito comunista d’Italia ha largamente contribuito, ed in ciò sta la sua forza. Le nostre tesi tengono a fissare alcune norme generali, le quali debbono rimanere immutabili nonostante la pieghevolezza che deve essere propria della tattica dei marxisti. Vi sono dei principi direttivi che debbono rimanere fissi anche oggi che l’azione delle masse accenna a risorgere e noi abbiamo voluto fissare questi principi. Il Partito comunista d’Italia è stato il primo a lanciare la parola d’ordine per la conquista delle masse e nell’applicarle ha operato in modo che i compagni di Mosca hanno ritenuto esemplare. Se la nostra pratica è buona, sarà dunque sbagliato il pensiero dal quale noi l’abbiamo derivata?

    Il Partito comunista d’Italia dunque è andato alle masse: vi è solo Bombacci, il quale pensa il contrario, essendo convinto che l’azione per la conquista delle masse che noi abbiamo non ha avuto successo mentre hanno arriso in quest’ultimo periodo di vita politica i successi al partito di Serrati. Per fortuna però Bombacci è solo a credere a questo. Noi siamo andati alle masse con la tattica del fronte unico sindacale, ma è assurdo farci l’accusa di sindacalismo. Noi non crediamo che la lotta sindacale sia l’unica che può servire per la liberazione delle masse: crediamo invece che la base sindacale ci abbia fornito il mezzo per compiere nel miglior modo possibile e con minor numero di sforzi alla conquista delle masse stesse.

    Non è vero che noi rifugiamo per motivi sentimentali dal contatto coi capi avversari. Noi non abbiamo mai sollevato tale argomento.

    Venendo a parlare della situazione italiana odierna, l’oratore ha osservato come oggi sia la stessa Confederazione Generale del Lavoro stia per trattare della questione politica della collaborazione, mentre i Partito socialista pensa alla convocazione di un nuovo Congresso. Si delinea così una situazione  che è a noi molto favorevole. Dobbiamo noi in questa situazione fare il fronte unico politico col Partito socialista mettendoci al livello dei massimalisti serratiani, proprio nel momento in cui la crisi del Partito socialista pare stia per risolversi? Se noi lanciassimo ora la parola d’ordine del Governo operaio ci troveremmo nella strana situazione di avere favorevoli la destra socialista e di metterci contro quell’ala sinistra che ci si dice che noi dobbiamo conquistare. Quanto al Partito popolare, di cui ha parlato il compagno Graziadei esso per noi è ancora un partito borghese e non sappiamo se nella situazione attuale ci convenga accelerarla alleanza tra esso ed i socialisti. Dopo avere brevemente accennato alla questione sindacale francese, Terracini conclude chiedendo se il Partito Comunista d’Italia può oggi modificare la linea della sua azione rinunciando a raccogliere i frutti delle premesse poste attraverso ad un anno di lotta e di elaborazione di principi.

    Zinnari, presenta un ordine del giorno nel quale deplora il fatto che la corrente di opposizione che è apparsa in Questo Congresso non si sia delineata prima di esso durante le discussioni preparatorie ed afferma che questo fatto è contrario ai sistemi organizzativi ed ai princìpi di disciplina che devono reggere il Partito comunista Zinnari chiede che si dica francamente in quale modo si ritiene debba essere attuato il fronte unico.

    Ramazzotti, Afferma che il vero fronte unico proletario è il fronte unico sindacale. Il fronte unico politico è un piano che non corrisponde alla realtà. Si spera di riuscire con esso a smascherare i capi socialdemocratici, ma le situazioni rivoluzionarie non si producono con dei gesti di questo genere perché derivano da uno sviluppo di forze reali. Spiega come l’opposizione dei compagni Presutti e Bombacci ha preso una forma che si è precisata soltanto durante le discussioni della Commissione per la tattica.

Una dichiarazione di Gennari

Gennari, si dichiara completamente d’accordo con le tesi presentate da  Bordiga e da Terracini. L’opposizione che si è manifestata al Congresso è la conseguenza di uno stato d’animo determinato dal dubbio che il conflitto coll’Internazionale sia profondo. Ciò non è. Le nostre tesi sono conformi con quelle del Terzo Congresso. Polemizza in seguito con le affermazioni fatte dal compagno Graziadei dicendo che il suo ordine del giorno si presenta come un ricordo della frazione circolare di Livorno. Ritiene in seguito di dover precisare il contenuto pratico della tattica del fronte unico la quale dovrebbe arrivare fino ad accordi sul terreno parlamentare per la costituzione di un Governo operaio. Ora un simile atteggiamento può forse essere buono in Germania ove un Governo operaio non potrà mai essere realizzato perché i socialdemocratici si sono rifiutati di fare il fronte unico con gli altri partiti proletari; ma da noi non è nemmeno attuabile e darebbe agio alla parte peggiore del Partito socialista di giuocare sull’equivoco per gettare tra le masse la confusione. Bisogna che noi esaminiamo quali sono le conseguenze che potranno derivare dalla tattica del fronte unico e ci chiediamo se esse non verrebbero ad annullare il lavoro che il nostro Partito ha compiuto nel primo anno della sua esistenza. Lo stesso C. E. di Mosca riconosce del resto che la tattica da esso approvata non deve trovare applicazioni subito in tutti i Paesi e sarà quindi facile, dopo il voto del nostro Congresso, trovare con l’Internazionale una linea di accordo, mentre se non si venisse ad una deliberazione ci troveremmo trascinati sopra una via pericolosa per colpa di chi non ha sentito il dovere di farsi una idea e di assumere una responsabilità.

    Cornelli è favorevole all’ordine di idee esposte dal compagno Graziadei e ne spiega le ragioni criticando gli atteggiamenti assunti dal nostro Partito nella questione dei rapporti con il Partito socialista, degli Arditi del popolo e della Alleanza del Lavoro.

Il compagno Gramsci

Gramsci dichiara di essere d’accordo con le tesi presentate dai compagni Bordiga e Terracini e vuole prospettare al Congresso un problema.

    Se il Congresso del Partito comunista accetterà delle formule generiche contrastanti con le tesi presentate dall’Esecutivo, e nelle quali si ammetta la possibilità del fronte unico politico, si farà credere che il nostro pensiero sia concorde con quello largamente diffuso tra le masse, secondo il quale il fronte unico sarebbe un fronte unico esteso anche al Partito popolare. Sarebbe opportuno che si discutesse sopra questo punto. Io sono persuaso che non solo il Partito popolare ma anche una parte del Partito socialista deve essere esclusa dal fronte unico proletario secondo la concezione delle tesi approvate dal C. E. allargato perché fare un accordo con essi vorrebbe dire fare un accordo con la borghesia. Il Partito popolare si appoggia essenzialmente sopra la classe dei contadini. Ora è vero che i contadini sono disposti ad entrare in lotta contro lo Stato, ma essi vogliono lottare per difendere le loro proprietà, non già per difendere il loro salario o l’orario di lavoro. La lotta che essi conducono si ispira a dei motivi che rientrano nell’ambito del Codice civile borghese.

    Noi confondiamo troppo spesso gli operai con i contadini. Essi sono due classi diverse. Il Partito socialista si basava su tutte e due queste classi, e da ciò deriva il fatto che in esso vi erano due anime. La classe degli operai e quella dei contadini possono venire ad accordi in una forma organica quale viene proposta dal Partito comunista nelle sue tesi sulla questione agraria, ma non si deve credere che i contadini possano diventare dei comunisti. Il Partito comunista deve mantenere la sua fisionomia di partito operaio il quale ha dei centri di azione nelle campagne.

    Bisogna poi tener presente la situazione politica italiana. Nella Germania il movimento che porta alla costituzione di un governo socialdemocratico è basato sopra le masse operaie e la tattica del fronte unico non ha valore se non per i paesi industriali dove gli operai arretrati possono sperare di poter esercitare un’azione di difesa attraverso la conquista di una maggioranza parlamentare. Da noi la situazione è diversa: se noi lanciassimo la parola d’ordine del Governo operaio e cercassimo di attuarlo, torneremmo all’equivoco socialista, Quando quel partito era condannato all’inattività perché non sapeva decidersi ad essere o solamente un partito di operai o solamente un partito di contadini. Se noi lanciassimo la parola d’ordine del fronte unico politico, avremmo contro di noi la frazione sinistra del Partito socialista, quella dei maffisti che si basano sulle grandi città dove esiste un proletariato industriale e sulle regioni dove prevale la categoria degli operai agricoli. E’ quindi necessario che il Congresso non faccia delle affermazioni generiche le quali potrebbero provocare degli equivoci gravissimi. Data la oscura situazione e data la scarsa cultura politica del nostro Paese. Il fronte unico sindacale invece un fine che è pregiudiziale per la lotta politica in Italia.

     Alcuni oratori hanno affermato che la classe operaia è diventata riformista. Contro questa affermazione ritengo necessario di protestare. Gli operai oggi sono dispersi, privi di capi, privi di una organizzazione che permetta loro di far valere le loro forze; essi sono quindi opportunisti per necessità ed il problema che si presenta al Partito comunista è quello di ridare alla classe operaia una organizzazione nella quale si ricostituiscano le sue forze. Questa organizzazione risulta da un assieme di fatti e di legami che sono andati distrutti e che i comunisti debbono creare nuovamente.

    Per l’asprezza delle polemiche contro i socialisti, ritengo pure necessario di fare una dichiarazione poiché sono uno dei responsabili di essa. Io credevo che il condurre una così aspra polemica contro i capi socialdemocratici fosse una cosa necessaria nell’interesse stesso della classe operaia. Nel momento in cui la reazione si abbatteva sopra gli operai distruggendo tutte le loro speranze, bisognava almeno riuscire a persuadere le masse che la colpa della disfatta non era loro, affinché esse non perdessero la fiducia in se stesse. E questo si doveva fare soprattutto nelle grandi città dove si può avere una visione completa di quelli che sono i bisogni degli operai. Non è vero poi che le masse abbiano abbandonato il Partito comunista. Esse sono per il Partito comunista e sanno che solamente i comunisti le sapranno guidare. Il nostro Partito ha conquistato solidamente nella loro coscienza le sue posizioni. Il problema che si presenta è invece quello di ricostituire l’organizzazione attraverso la quale la massa ritorni ad essere una forza dominante della situazione.

    Roberto, ha la parola il compagno Kolarof, delegato dell’Internazionale comunista, il quale desidera rispondere ad alcuni dei presenti oratori.

Replica di Kolarof

Il compagno Kolarof sale alla tribuna ed il Congresso gli rivolge una nuova entusiastica ovazione. I congressisti applaudono in piedi al grido di: “Viva l’Internazionale Comunista!”.

    Il compagno Kolarov rileva la confusione che esiste ancora, pur dopo la discussione che si è fatta nel Congresso. Ciò dipende dal fatto che la questione non è ancora stata esaminata in tutta la sua ampiezza. E’ quindi stata salutare la mozione fatta da Bordiga al principio della discussione ed acclamata dal Congresso. Qualsiasi voto il Congresso voglia emettere, esso avrà solo importanza dichiarativa perché la regola di condotta del Partito sarà fissata dall’Internazionale Comunista.

    Fatta questa premessa il compagno Kolarof fornisce delle spiegazioni sulla maniera di applicare praticamente la tattica del fronte unico politico. Non si tratta di fare delle liste elettorali comuni ad altri partiti, poiché il Partito comunista deve mantenere intatta la propria personalità. Non si tratta nemmeno di un’azione esclusivamente parlamentare perché l’azione parlamentare deve essere sempre considerata come una delle forme di lotta della classe operaia, forme di lotta che si devono inquadrare insieme a tutte le altre. Non è vero poi che la parola d’ordine del fronte unico politico metterebbe i comunisti in contrasto con la sinistra socialista e d’accordo con la destra. Il Partito comunista deve opporre al programma della collaborazione coi partiti borghesi la parola d’ordine della collaborazione tra le diverse fazioni della classe operaia, e se esso svilupperà una azione in questo senso non si troverà d’accordo con i riformisti che sono nel Partito socialista. Quanto al Governo operaio spiega che è un mezzo per preparare l’avvento. Chiarisce in proposito la situazione della Turingia. Crede che anche in Italia se il Partito comunista lanciasse questa parola d’ordine avrebbe risultati buoni e non favorirebbe le tendenze collaborazioniste. Quanto alla applicabilità fa rilevare che le tesi sul fronte unico sono state approvate dai rappresentanti dei partiti comunisti di paesi dove le condizioni politiche son ben diverse da quelle tedesche. Si tratta solo di trovare il modo della loro applicazione.

    Il discorso di Kolarov viene tradotto dal compagno Peluso.

    In seguito il compagno Graziadei fa una breve dichiarazione per precisare il valore del suo ordine del giorno.

    Presutti come relatore della minoranza riassume i motivi della sua opposizione e presenta il seguente ordine del giorno:

    Il Congresso:

  Dopo ampio esame sulle tesi, sulla tattica proposte dal C. C. del Partito, respinge le tesi apportando queste modificazioni alle direttive tattiche seguite fin d’ora dall’Internazionale Comunista, approva gli emendamenti proposti dalla relazione della minoranza della Commissione ristretta e che inseriti nel complesso delle tesi ne modificano sostanzialmente lo spirito e le uniformano alle direttive stesse delI’Internazionale Comunista.

                                                     Smeraldo Presutti

    Da ultimo per rispondere ha la parola il compagno Amadeo Bordiga.

La replica di Bordiga

Bordiga – I relatori ed il C. E. invitano il Congresso a pronunciarsi decisamente pro o contro le tesi in discussione: o votare per esse, o votare apertamente contro di esse. Relatori e C. E. considereranno come voto contrario alle tesi anche quello dato ad uno degli ordini del giorno che rispecchiano l’atteggiamento abbastanza incerto che alcuni degli oppositori alle tesi hanno preso durante la discussione. Bisogna guardarsi dal dubbio, che non è mai fattore di utile critica. La critica marxista, mentre demolisce, conserva nitida e sicura sagoma ricostruttrice.

Brutale sincerità

    Conservarsi invece su posizioni di incertezza, significa lasciare aperta la via dell’opportunismo. A questo atteggiamento ed a questo pericolo noi dubitiamo nemmeno un istante nel contrapporre la più brutale sincerità.

    Ed addentriamoci nell’esame delle critiche che sono state mosse alle nostre tesi.

    Si dice: Le vostre tesi rispecchiano la tattica che ultimamente il P. C. d’Italia ha finora seguito: poiché noi, fatta eccezione di alcuni particolari, approviamo l’una, potremmo accettare l’altra. Ma le tesi in discussione tracciano limiti ed indicano vie non solo riferendosi alla situazione italiana, ma coinvolgendo tutta quanta la valutazione del movimento comunista internazionale; esse partendo dall’esame di una situazione, condannano quella tattica che pur sarebbe necessario attuare di fronte a situazioni diverse.

    Anzitutto ciò non è vero. Basta dare una scorsa alle tesi per constatare che il variare delle situazioni è a grandi linee previsto e così pure è prevista la necessità per il P. C. di mutare il suo atteggiamento di fronte ad esse. Ad esempio nei punti 31 e 32 le tesi si riferiscono alla possibilità  di esistenza di un Governo socialdemocratico, come pure al determinarsi di una situazione di disgregamento dell’apparato statale: indicando quale dovrà essere l’atteggiamento del P. C. in simili casi.

    Non è del resto presumibile che si possano prevedere in anticipo e contenere nei ristretti limiti delle tesi tutte le situazioni esistenti attualmente nei vari paesi e tutte quelle che in seguito potranno succedersi.

    Per compilare queste tesi noi abbiamo tenuto soprattutto conto delle esperienze che ci provengono dall’essere stati per un anno alla dirigenza del movimento comunista d’Italia: anzi è chiaro che un anno fa i relatori non avrebbero saputo compilare le tesi così come oggi hanno fatto. Non può un singolo, parta egli da un presupposto giusto od infondato, compilare le tesi che debbono regolare la tattica del P. C. : lo può la somma delle esperienze di tutti i compagni collaboranti così in un Congresso come attraverso i necessari contatti della vita quotidiana.

    Ed è per questo che le nostre tesi non solo sono necessarie alla vita del  P. C. d’Italia, ma a quella dell’Internazionale. Lo abbiamo già detto altra volta: esse sono il nostro contributo all’opera grande che solo gli sforzi di tutti i comunisti del mondo, e le libere discussioni, e l’assommarsi delle esperienze, potrà condurre a termine. Per questo noi non solo qui difendiamo le nostre tesi; con pari passione e calore, noi le difenderemo nell’Internazionale. Sicuri di compiere il nostro dovere di comunisti, noi le difenderemo strenuamente. Sempre pronti ad accettare disciplinati le decisioni dei supremi consessi dell’ITC. , noi difenderemo fino all’ultimo il nostro modo di giudicare sulle vie migliori che il P. C. deve seguire: né ci fermerà alcuna ipocrita preoccupazione, ne i tentennamenti di qualcuno.

    Ed ora trattiamo la quistione della frazione di sinistra del P. S. I. . E’ vero: noi abbiamo detto: la esistenza di una sinistra nei partiti socialdemocratici è un coefficiente per la turlupinatura del proletariato a vantaggio della destra.

    Ci si è obbiettato: nella frazione Maffi del P. S. I. esistono elementi che noi dobbiamo attirare nella nostra orbita. Qui bisogna porre bene in chiaro i termini del problema. O si tratta di dover accettare nel nostro partito i singoli elementi che, provenienti dal P. S. I. , chiedano di venire a noi; o si tratta di accettare il passaggio in blocco di una intera frazione; o si tratta di affidare a questa ultima il compito di restare nel partito avversario a scopo di propaganda e di proselitismo. Nelle tesi è nettamente esclusa la possibilità del passaggio in blocco, che esso inserirebbe nel P. C. un insieme di elementi il cui inquadramento e la cui assimilazione nel nostro Partito sarebbe difficile, quindi dannosa. Le porte del nostro Partito sono aperte a tutti gli operai che provenienti da qualsiasi altra organizzazione facciano individuale e spontanea domanda di ammissione; le porte del nostro Partito debbono restare chiuse, quando d’inani ad esse, riluttante ed incerta, si presenti una parte più o meno notevole di altro organismo politico organizzato su scala nazionale, un gruppo di dissidenti con altra parte di questo organismo nostro avversario: accettando in blocco l’ammissione di quel gruppo noi vieteremmo di controllare gli elementi, contravvenendo ai principi fondamentali che presiedono alle norme costitutive ed organizzative del nostro Partito.

    Ora si presenta l’obbiezione di coloro che diversamente da noi, interpretano la situazione attuale in cui si trovano tutti o parte dei partiti dell’I.C. , per quel che concerne i compiti che ad essi spettano.

   E’ indiscutibile che in tal campo noi ci troviamo esattissimamente sulla piattaforma stabilita dal II e III Congresso della Internazionale Comunista. Il compagno Kolarov rappresentante dell’I.C. , ha per primo riconosciuto la fondatezza di questa nostra asserzione.

Fronte unico

    Premesso quindi che nelle linee generali non è permesso parlare di alcun disaccordo, noi dobbiamo qui contestare la esattezza di un teorema formulato da alcuni compagni: “La conquista delle masse da parte del P. C. si traduce in un fronte unico politico con la partecipazione del P. C. “.

    I sostenitori di questa tesi premettono alla loro dimostrazione la constatazione che le masse oggi in tutto il mondo, sotto la pressione dell’offensiva capitalista, si portano sempre più verso sinistra, costrette a reintensificare la loro azione rivoluzionaria, sia pure a scopo e con carattere per ora quasi esclusivamente difensivo. Questa situazione che differisce da quella determinatasi e sviluppatasi nell’intervallo tra II e III Congresso dell’I.C. dovrebbe condurci oggi a prendere atteggiamenti diversi da quelli precedentemente sostenuti.

    Fin qui disaccordo fra noi ed i sostenitori dell’opposta tesi non esiste. Noi concordiamo nel constatare la esistenza di questa ondata proletaria che si sposta verso sinistra, quindi verso l’azione.

    Ma non è possibile negare che azione del proletariato non significa vittoria del proletariato.

    E’ certo che noi possiamo trascurare, anzi è certo che dobbiamo intensamente occuparci per far si che le energie contenute in questa onda non si disperdano invano. Ma dobbiamo obiettare ai sostenitori del fronte unico politico che nella loro tesi si contiene una enorme contraddizione. Essi vengono ad affermare che il P. C. nelle ore in cui il proletariato rincula dalle sue posizioni di combattimento verso le altre che potrebbero anche disperdersi nelle incertezze della rotta e della capitolazione, in questi casi il P. C. debba isolarsi e sostenere da solo una posizione tanto difficile. Al contrario quando il morale delle masse lavoratrici tende a sollevarsi, ed il proletariato cerca un punto di appoggio su cui far leva per sviluppare interiormente la sua azione rivoluzionaria: In questi casi il P. C. presentandosi alle masse come sostenitore di una coalizione di partiti e di movimenti già aspramente contrastati, dovrebbe dare alle masse trepidanti la sensazione di trovarsi in un periodo in cui la difesa sia urgente. Che forse questo fatto può non essere considerato come un elemento atto a smorzare anziché rinfocolare le possibilità rivoluzionarie che la situazione presenta?

Teoria e pratica

    C’è chi ha voluto accusarci di essere eccessivamente teorici, e di esprimerci in forma troppo poco accessibile nei nostri giornali e nelle nostre riviste. Il diavolo ci fulmini se non è vero che noi siamo convinti che le masse ci giudicano assai più da ciò che noi facciamo anziché da ciò che noi diciamo e scriviamo. Siano pure complessi ed intricati i lunghi periodi contenuti nelle nostre tesi: ma siano chiari i nostri atti. Le masse non leggono le tesi, ma giudicano semplicemente ciò che noi facciamo.

    Clara Zetkin ha detto che anche fra sei mesi potrebbe presentarsi una situazione tale da consentire un vittorioso sbocco rivoluzionario dell’azione del proletariato. Ebbene, in sei mesi gli operai analfabeti non possono imparare a leggere le nostre tesi e seguire così le nostre sottili polemiche: ma in sei mesi la nostra invocazione apparentemente disperata al fronte unico politico, può demoralizzare le masse e disperdere le possibilità di vittoria.

    Un compagno ha affermato al Congresso che le nostre masse oggi sono riformiste. Questo non è vero! La disunione delle varie parti del proletariato ha impedito finora il concretarsi dell’ondata di contrattacco contro la imperversante azione borghese; coloro che da questa disunione sono beneficiati, son precisamente i socialdemocratici cointeressati così al perpetuarsi di questa disunione; le masse seguono ancora i socialdemocratici perché non ancora hanno acquistato nei loro strati profondi coscienza esatta della direzione verso cui i loro sforzi debbono tendere; il Partito Comunista nel chiamare le masse a raccolta nel fronte unico sindacale e rivoluzionario esplica esattamente la sua funzione di partito politico di classe, partito unitario tendente verso unica direzione: oggi si tratta di far convergere in questa direzione l’attività rivoluzionaria delle masse, che già sentono indistintamente il bisogno di agire in tal senso, e ne danno le prove.

    La lotta per l’unità proletaria deve essere quindi fatta nella stessa misura e con la stessa decisione con cui si combatte la politica dei riformisti.

    Se è vero quindi che la situazione cambia – e noi siamo convinti che è vero – noi dobbiamo lavorare alla costituzione ed al consolidarsi del fronte unico proletario: e dobbiamo anche prepararci al capovolgimento della situazione, nel cui sbocco rivoluzionario sta il fine ultimo cui il fronte unico si propone di pervenire. Coefficiente primo di questa preparazione è la conservazione dell’unità e dell’inquadramento indipendente del P. C.

    Già altra volta in questo Congresso abbiamo accennato a questo argomento; ad esso ci sono state obiettate quasi esclusivamente delle frasi, non dei solidi argomenti.

    Siamo tutti d’accordo nel convenire sulla necessità del fronte unico delle organizzazioni operaie. Ma i nostri oppositori ci domandano: perché fronte unico delle organizzazioni, si: fronte unico dei partiti politici no?

    Per rispondere esaurientemente dobbiamo porci questo altro quesito: in quali condizioni il proletariato perviene alle sue supreme battaglie? E la risposta è questa: in quell’ora i sindacati sono uniti in un blocco solo ed alla testa del movimento rivoluzionario sta un solo partito, Il Partito Comunista.

    E’ quindi logico confrontare fin da oggi sindacato a sindacato, lavoratori di una città a lavoratori di un’altra città: nessuna possibilità di confronto è possibile fra Partito comunista e Partito socialista. Ecco la ragione per cui, mentre siamo fautori del fronte unico sindacale, combattiamo il fronte unico politico.

    Il Partito comunista sta alla rivoluzione come il Partito socialista alla controrivoluzione.

Nessun sentimentalismo

    Non, quindi, alcun sentimentalismo ci spinge a rifiutarci di stringere la mano ai capi socialdemocratici. Siamo disposti a sedere, presso lo stesso tavolo, con chiunque: nelle organizzazioni sindacali. E se, sul terreno politico, ci rifiutiamo di stringere la mano a Noske e Scheidemann, noi rifiutiamo di stringere queste mani non perché esse sono bagnate del sangue di Rosa Luxemburg e Carlo Liebknecht, ma perché sappiamo che se queste mani non fossero già state strette da comunisti, subito dopo la guerra, assai probabilmente in Germania il movimento rivoluzionario del proletariato avrebbe già avuto il suo sbocco vittorioso.

    Ci si obietta ancora: il fronte unico non esclude la lotta ai riformisti. Si aggiunge: se essi rifiuteranno di partecipare al fronte unico, noi potremmo fare di questo loro rifiuto un’arma efficacissima per combatterli.

    Qui, cari compagni, non si parla più di noi il teorico, intorno alla astrusa forma delle cui dissertazioni tante critiche vengono mosse da qualcuno. Qui parlano gli organizzatori, coloro che quotidianamente si trovano a contatto con le masse e ne conoscono così i bisogni come la psicologia. Essi parlano con chiarezza e semplicità, per dirci che queste sottili distinzioni non possono avere presa sull’animo dei lavoratori i quali quando vengono a conoscenza di un nostro atteggiamento non si affrettano a leggere il commento e le spiegazioni che di esso noi diamo nei Congressi, nei giornali, nelle riviste nostre ecc. . I lavoratori, già l’abbiamo detto, ci giudicano da ciò che facciamo. Ed abbiamo anche detto che farsi fautori di un fronte unico politico significherebbe demoralizzare le masse: le quali nel nostro gesto non potrebbero vedere altro che un disperato grido di soccorso.

    Ed ora, dove è nel fronte unico politico la continuità di organizzazione dei battaglioni rivoluzionari, in modo omogeneo ed indipendente? Nel fronte unico politico la nostra unità si deformerebbe e si disperderebbe nella disciplina organizzativa di un organismo eterogeneo nelle sue parti. Per questo noi diciamo: fronte unico sindacale, si; fronte unico politico, no.

                                                           Il “Governo operaio”

    E soprattutto domandiamo ai nostri oppositori se si vuole l’alleanza con i socialdemocratici per fare ciò che essi non sanno, possono vogliono fare: oppure per chiedere loro ciò che essi non sanno, non possono e non vogliono fare. Su questo punto i compagni nostri oppositori si sono espressi con sufficiente chiarezza.

    Vogliamo sapere se si pretende che noi diciamo ai socialdemocratici di essere pronti a collaborare con essi anche in Parlamento, anche in quel Governo che è stato definito operaio.

    Che questo ci si chiedesse, se ci si chiedesse cioè di tracciare a nome del Partito comunista un progetto di Governo operaio cui dovrebbero partecipare esclusivamente comunisti e socialisti, se ci si chiedesse di presentare alle masse questo Governo quale “Governo anti-borghese”, se questo ci si chiedesse, noi risponderemmo – prendendo tutta quanta la responsabilità della nostra risposta – che tale atteggiamento si oppone chiaramente a tutti e quanti i principi fondamentali del Comunismo. Perché se noi accettassimo questa formula politica, verremmo a lacerare la nostra bandiera sulla quale è scritto: “Non esiste Governo proletario che non sia costituito sulla base della vittoria rivoluzionaria del proletariato”.

    Fronte unico di tutti i lavoratori per la lotta rivoluzionaria, si. Ma esiste anche un solo elemento che induca a credere ad una benché minima efficienza rivoluzionaria di un Governo operaio cosiddetto anti-borghese? Tutta quanta l’esperienza della fogna parlamentare accresce la nostra ripugnanza verso di essa, che non altro è fuorché l’inganno liberalesco della reazione.

    Un esperimento di contatto tra i dirigenti di partiti politici è del resto già stato fatto, poco dopo la costituzione del nostro Partito, e dietro iniziativa del Sindacato Ferrovieri. Siamo andati allora a quel Convegno a sostenere i principi secondo i quali crediamo debba essere condotta la lotta contro il fascismo e abbiamo reso pubblico il risultato negativo degli sforzi fatti per far accettare questi principi. Tutto ciò non ci ha fatto fare nessun passo innanzi. Ed è giusto, poiché non si può capovolgere una situazione di fatto che ha profonde radici nella realtà, con l’adozione di un escamotage a scopo di polemica, ma solo con una continua azione di sgretolamento del blocco dei nostri nemici.

    Il problema è di parlare alle masse e per risolverlo a che serve andare a parlare con i capi? Di quali mezzi nuovi potremo servirci dopo aver parlato con i capi? Della polemica scritta e dei comizi, ma nella stessa misura di ora e con lo stesso risultato.

    Noi crediamo invece che la parola del Partito comunista deve essere portata tra le masse andando in quei Sindacati dai quali ci siamo rifiutati e sempre ci rifiuteremo di uscire perché siamo convinti che essi rappresentano la casa e il luogo naturale di raccoglimento degli operai.

Anche nei sindacati bianchi

    L’argomento do Graziadei per i Sindacati bianchi ha certo valore, e sarà bene ricordare che se vogliamo trascinare i lavoratori che ne fanno parte bisogna estendere anche a questi Sindacati la nostra opera di azione.

    I compagni delle zone agricole del settentrione ci possono del resto informare della costituzione in seno ai Sindacati bianchi di gruppi i quali non sono già nelle nostre direttive, ma tendono a lottare contro la reazione fascista con i mezzi dell’azione diretta e questo movimento noi dobbiamo cercare di incanalare sulle nostre direttive anziché lasciarlo perdere dietro la prospettiva di equivoci accordi elettorali del tipo del patto di Cremona Anche nel caso della organizzazione magistrale noi non siamo alieni dal sostenere che si debba rientrare, per mantenere l’unità organizzativa, nella “Unione Magistrale”.

    Queste nostre concezioni si fondano sulla convinzione che il Sindacato è base della unità della classe operaia. Ciò non vuol dire che escludiamo o mettiamo in secondo ordine il Partito ed è stolto accusarci di sindacalismo.

    Vogliamo mantenere l’unità sindacale anche perché sappiamo che il sindacato sopravviverà alla rivoluzione e avrà anche dopo di essa dei gravi compiti da assolvere, ma non crediamo si debba proiettare nel campo politico il metodo della unità sindacale se si vogliono mantenere quelle posizioni, quella personalità autonoma e quel metodo che devono guidarci alla vittoria.

    Il Partito verrà invece diminuito nella considerazione delle masse se lo si porrà al livello degli altri applicando la tattica del fronte unico.

L’Alleanza del lavoro

    Quanto l’Alleanza del Lavoro, una nostra partecipazione al Convegno preliminare non sarebbe servita a garantirci quella rappresentanza che poi abbiamo chiesto e avrebbe forse ottenuto l’unico risultato di farci apparire come i responsabili del fallimento dell’accordo.

    Alle proposte della Internazionale comunista noi rispondiamo dunque che obbediremo, ma chiediamo che ci si dica chiaramente quanto si deve fare, tenendo presenti le riserve che non solo noi, ma anche dei compagni proponitori hanno fatto alla immediata applicazione nel nostro paese della tattica approvata a Mosca. Chiediamo inoltre che si lasci che la tattica del fronte unico venga meglio elaborata in seno all’Internazionale stessa. Posta così la questione, i dubbi e i casi di coscienza debbono scomparire e poiché l’opposizione non si è manifestata prima del Congresso, si potrebbe anche crederla determinata da altre considerazioni la cui opportunità non voglio esaminare.

Russia e Marxismo

Compagni! Al Congresso di Livorno concludendo il discorso fatto a nome vostro nell’atto di separarci da coloro che speravano non fosse riservato al nostro Partito altro avvenire che di contrasti e di esaurimento, io dicevo che noi avevamo due motivi i quali ci inducevano a guardare con piena fiducia all’avvenire del nostro movimento. Il primo motivo era la nostra unione con l’internazionale comunista e con la Rivoluzione russa, il secondo era il pensiero ed il metodo marxista che guidava la nostra azione.

Questi due motivi sono validi oggi più che mai. Non è vero che la nostra esperienza sia d’un anno solo. Essa risale agli anni nei quali è maturata la crisi in seno alla seconda Internazionale e al Partito socialista. Già durante gli anni più bui della guerra noi guardavamo alla Rivoluzione russa come alla prima tappa della storia proletaria.

Se ora discutiamo la tattica che ci conviene seguire nell’interesse stesso della Rivoluzione russa mondiale. Non discutiamo e approviamo incondizionatamente la politica dello Stato russo, crediamo che esso faccia bene a seguire la nuova tattica cui le circostanze lo costringono. Quando i suoi rappresentanti verranno a Genova, a discutere con gli uomini di Stato borghesi noi plaudiremo, e se sarà necessario offriremo i petti dei comunisti italiani per la difesa dei russi che verranno a Genova.

Quanto alla dottrina marxista il nostro movimento può vantare a questo proposito una magnifica continuità. Essa ci ha indicato la strada fino ad oggi e ci guiderà per l’avvenire. Tanto se la via della redenzione proletaria debba condurci al sacrificio come se essa ci porti alla vittoria, sia nella falange dei trionfatori che nell’ultimo manipolo di lottatori disperati, noi siamo sicuri che ci troveremo a sostenere  i principi che sino ad ora ci hanno segnato la via.

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