Continuità strutturale e discontinuità ideologica. In memoria di Licia Chersovani.

Comunismo
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Lei, signor Beale, è un vecchio che pensa in termini di “nazioni” e di “popoli”… Non vi sono nazioni, non vi sono popoli, non vi sono russi, non vi sono arabi, non vi sono Terzi Mondi non c’è nessun Ovest. Esiste soltanto un Unico e Solo Sistema dei Sistemi: uno, vasto e immane. Interdipendente intrecciato, multivariato, multinazionale, dominio dei dollari: petroldollari, elettrodollari, multidollari, sterline, yen, deutchmark, rubli! È il Sistema Internazionale Valutario che determina la totalità della vita su questo pianeta. Questo è l’ordine delle cose, oggi.

Dal Film “Quinto Potere” di Sidney Lumet.

Ci sono folle e folle. Ci sono le folle osannanti il capo, pronte a fare di tutto con l’alibi di avere ricevuto un ordine o di non essere state fermate per tempo e ci sono le folle che marciano per chiedere pane e lavoro e vengono disperse a fucilate. Le distinzioni sono d’obbligo. Il nostro paese ne sa qualcosa. Ieri ho incontrato la signora Licia per un caffè. È una signora anziana, ma molto lucida. Persona che ha vissuto il fascismo e, a Trieste, l’occupazione nazista (settembre’43-aprile ’45) con tutte le misure eccezionali del caso. Misure eccezionali già operative dall’aprile 1942, a causa della particolare condizione sociale e nazionale del territorio (1). Misure eccezionali create dal fascismo e rese pienamente efficienti, come nella miglior tradizione teutonica, dai successivi dominatori. Molti degli amici della signora Licia caddero in quel periodo, senza nemmeno aver avuto il tempo di combattere: semplicemente fatti sparire alla Risiera – campo di concentramento e sterminio creato dai nazisti con l’appoggio dei fascisti a Trieste – o uccisi per strada.

Visse pure il periodo stalinista, con le rigidità, l’impossibilità della critica, la fortissima contrapposizione politica. Stalinismo che a Trieste, si schierò CONTRO Tito, reo di insubordinazione al padre di tutti gli operai moscovita, in una politica che ricalcava, per molti aspetti, l’antislavismo fascista. (2). Il discorso scivola su Grillo. “Le folle mi fanno più paura del “Palazzo””. E continua: “Quando vedo tutta questa gente che pende dalle labbra del capo, e che spinge il capo a proseguire, non posso fare a meno di riandare, con la mente, alle folle che vedemmo noi giovani di 70 e più anni fa, gridare, seguire altri capi, certamente – a conti fatti – più pericolosi. Ma tempo al tempo: ci siamo dimenticati che Mussolini era un socialista e che quello che dominava in Germania era un NAZIONAL-SOCIALISMO? Ambiguità che creò qualche equivoco anche fra le masse più politicizzate. E non dimentichiamo che attraverso di loro si espressero anche delle forti componenti sociali, che potremmo definire “di sinistra””.

In Germania, infatti, aggiungo io, il regime assunse alcuni aspetti da “regime operaio“. La politica di allettamento degli strati operai fu sottile e progressiva. Fino al punto che le razzie della Wehrmacht o delle SS nell’Europa occupata servirono a costruire un più forte Stato Sociale in Germania. Dai gioielli alla mobilia, dagli immobili alla moneta sonante, tutto fu riciclato ad uso e consumo del popolo tedesco che doveva farsi carico della rinascita della nazione prima e dello sforzo bellico poi.

Le briglie sciolte della follia che abbiamo veduto allora pervadere l’Europa, per poi riproporre l’ordine, magari ammantato di tradizione. Una tradizione che servì alla modernizzazione e alla competizione economica. Il competitore da battere era proprio l’America, il paese più avanzato dell’epoca.

Allo slogan, io e la signora Licia preferiamo l’approfondimento. All’antipolitica preferiamo la cultura, ovvero le relazioni sociali fra le persone, con le loro storie impresse nell’anima.

Grillo dice, osserva, naviga sulla superficie delle cose, dei fenomeni. Ma omette, abilmente, altre cose, non portando fino in fondo le sue denunce, perché sarebbe veramente troppo rischioso. Egli non infrange alcun codice civile o penale, non sconvolge le ipocrite coscienze di nessuno. In fondo, rimane nei ranghi. E rimesta. È “antipolitico” come nelle migliori tradizioni del populismo di destra, ma cerca uno spazio attraverso la politica. Dice le cose più semplici e propone delle ricette minimali, tutto sommato. Che inevitabilmente andranno a rafforzare il sistema di potere. Che nessuno mette in dubbio. Uno dei problemi delle folle aizzate con questi metodi è quello di poter essere facilmente strumentalizzabili da chi il potere vero ce l’ha. Non a caso, in molti si stanno interessando al fenomeno Grillo. E guarda caso, da parti opposte. Il fenomeno è trasversale, buono per tutte le stazioni, si sta lavorando in modo che ritorni utile a tutti, e questa responsabilità, sia chiaro, ricadrà totalmente sulle spalle di Grillo. Non solo per tutte le degenerazioni che vi potranno essere, ma anche perché potrà divenire un capro espiatorio, nel momento in cui il suo “servizio” sarà ritenuto ormai obsoleto ed il testimone verrà passato ad un altro.

Le ideologie passano, le strutture sociali anche, ma in termini temporali molto più lenti, in termini di secoli e talvolta anche più. In questo senso, al vorticoso rinnovarsi delle ideologie negli aspetti superficiali, non segue un rinnovamento nei rapporti sociali fra le persone, che rimangono costrette in ruoli, ambiti, in rapporti di produzione sempre classisti, perciò iniqui. Il capitalismo non è equilibrio, non è giustizia sociale. La proprietà privata si fonda, appunto, su una spoliazione, sul togliere a qualcuno, sul privarlo di una cosa desiderata. Il capitalismo non è fratellanza, non è solidarietà. Al contrario: è spoliazione, inimicizia (3), atomizzazione della società, gerarchia sociale. È contraddizione estrema tra produzione della ricchezza e sua appropriazione. Laddove, se sei una merce, perché tale sei come lavoratore che vende la propria necessità a lavorare sul “mercato del lavoro” – versione umanizzata del “mercato delle vacche” – non vali altro che come merce.

Distruttore di ogni valore morale, il capitalismo. Convitato di pietra di ogni crisi sociale, sopravvive a se stesso, diventa unico limite di se stesso, per la mancanza di alternative concrete ed immediatamente applicabili. (4)

Nel momento in cui si dichiara la fine della lotta di classe, ad uso e consumo dei soli subalterni, sigillo apposto alla loro definitiva emarginazione dal gioco sociale, chi detiene il vero potere che non è politico, ma economico (5) e risiede nel possesso dei mezzi di produzione, scatena delle offensive per salvare il proprio essere classe sociale dominante, di cui noi tutti oggi cominciamo a vedere gli effetti. Li vediamo nell’impoverimento graduale, ma complessivo, che colpisce non solo le classi sociali svantaggiate, ma anche il famoso ceto medio, sempre meno medio e sempre più basso. È proprio il ceto medio ad essere presente nelle manifestazioni di piazza, secondo tradizione. Lo stesso ceto medio impaurito per il proprio status sociale che fu lo strumento per l’instaurazione di regimi fascisti nel passato. Nella totale impreparazione generale a coglierne il pericolo.

Vediamo il degrado sociale e quello culturale del nostro paese (ma non solo) che giocano un ruolo di rafforzamento del potere. Un uomo che non conosce, che non sa, che non si pone i problemi, e che comunque ne viene tenuto all’oscuro è un ottimo cittadino, infatti. Una pedina potenzialmente manovrabile dal potere. Lo stesso potere in grado di armare i novelli “Freikorps” di tristissima memoria. Lo stesso potere che lo blandisce dicendogli che sono “gli extracomunitari” a rappresentare il suo problema mentre analisi su analisi – non solo marxiste o dell’area libertaria – sono sempre state sufficientemente esaustive sul fatto che la disoccupazione è congenita al capitalismo. Già 150 anni fa si parlava dell'”esercito industriale di riserva“. Di questo, l’uomo della strada è, nel 90% dei casi, all’oscuro.

La convergenza degli interessi di classe così ben espressi nelle ultime relazioni del Governatore della Banca d’Italia trova sponde politiche ogni dove. Oltre alle apparenti distinzioni, alle dissimulazioni di rito. Tutto il Gotha del Potere italiano si muove verso la “modernizzazione” del Paese, che deve necesariamente passare attraverso l’unificazione definitiva delle coscienze di questo popolo, il popolo italiano. Vediamo allora molteplici dichiarazioni, il convergere verso il centro, l’emarginazione delle ali estreme che devono avere un ruolo di supporto nelle emergenze sociali e di mobilitazione popolare che dovessero colpire il Paese, un ruolo da pompieri, da contenimento delle rivendicazioni o da picchiatori, alla bisogna. Chi meglio di un governo amico o di un partito che ti rappresenta, potrebbe raggiungere questo obiettivo? Omologare e ancora omologare. Gli italiani sono già fortemente omologati sul piano esistenziale, ora si tratta di omologarli nel cervello. È una operazione improrogabile, dovuta, quanto vana. Come tutte le omologazioni (da quella cattolica a quella fascista) non solo costa sul piano umano, ma non raggiungerà mai il suo scopo. Essa si fonda sul sofisma che vede possibile ed auspicabile una sintesi in cui racchiudere tutte le persone, indipendentemente dalla loro natura umana e sociale. Ma mai nessuna oomologazione potrà esserci, finché rimarranno così tanti motivi ed interessi (sociali, economici, di nascista, di religione, di genere…) per non essere concretamente UNA SOLA COSA, una cosa unificata.

È un programma molto forte, sostenuto da uno sforzo economico prima che ideologico, in virtù del sostegno che ha nella Destra economica. È apparentemente paradossale che ciò sia tanto più vicino proprio durante un governo di centro-sinistra. Apparentemente, perché come ho già accennato è proprio la sinistra, nel suo ruolo storico ad essere il salvacondotto delle scelte della borghesia nazionale presso le classi lavoratrici. Draghi chiama alla realizzazione di ciò che la globalizzazione e la concorrenza spietata richiedono.

Il progetto della Destra economica, ben interpretato da Draghi, più che dal Montezemolo, ha l’avallo di questo governo nel nome e per il bene dell’azienda-Italia.

L’illusione che a sinistra è stata coltivata per decenni, di conquistare l’egemonia del corpo sociale nazionale, dimostra per l’ennesima volta il suo limitato tragitto. La Destra economica ha, infatti, l’egemomia e il beneplacito sociali, perché ha saldo nelle proprie mani il potere politico che consiste nell’organizzare liberamente i propri interessi particolari facendoli passare per generali. I politici divengono i prezzolati cancellieri di decisioni prese altrove. E i parafulmine dei guai della gente che crede stiano dove stanno perché hanno il potere di decidere. Sarebbe più concreto dire che possono ratificare le decisioni. Di conseguenza, questa Destra economica, ha l’egemonia nella società. Ed è il potere politico ad essere fondamentale per l’egemonia e non viceversa: non si dà egemonia se non come conseguenza del potere.

Note:

  1. Per la presenza di una forte ed organizzata classe operaia, educata all’austro-marxismo e dalla forte connotazione di classe e di vari gruppi etnici oltre all’italiano: sloveno, croato, tedesco, ebraico, ungherese, serbo, greco…

  2. Anche qui le folle, i gruppi di operai ed intellettuali si esibivano nella diffusione di notizie false e tendenziose e ricattatorie sugli avversari, i TITOISTI, accusati di essere dei borghesi debosciati. Se qualcuno di loro possedeva un piccolo bene, questo veniva usato per dimostrare la loro appartenenza ai ceti borghesi.

  3. Se conoscete due competitori che si amano, chiamatemi.

  4. Tentativi di passaggio ad altre forme di produzione e rapporti sociali, vi sono state, con esiti diversi (stalinismo, maoismo…).

  5. In questa affermazione non ci metto nulla di retorico. Credo rimanga valida l’affermazione marxista secondo cui, in ultima istanza, è nella sfera dell’economia (intesa come luogo di produzione e riproduzione dell’essere umano sociale) che dobbiamo ricercare e trovare le spiegazioni dei fenomeni in cui siamo immersi. Essa è una affermazione scientifica e, perciò, antimoralista.

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