Arte contemporanea: scommettere sulla Cina.

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di Sergio Mauri

[Traduco dall’inglese un articolo di Adam Lindemann.]

Nel dicembre del 2008, seduto su un pannello della collezione d’arte ad Art Basel Miami Beach, mi è stato chiesto cosa ne pensassi dell’arte contemporanea cinese. La mia risposta fu sarcastica: che avevo amato cibo cinese, ma quando si trattava di arte, mi sembrava che la bolla del mercato fosse già scoppiata. Il mese prima, all’asta di Christie di arte asiatica, il 44 per cento dei lotti rimase invenduto e le vendite d’arte cinese per l’anno furono in forte calo sia da Sotheby che da Christie.

Un balzo di un anno e mezzo più tardi e il contemporaneo cinese sembra ruggire; le recenti vendite a Hong Kong di questa primavera hanno visto Sotheby realizzare il suo più alto valore: 256 milioni di dollari. Un dipinto di Liu Ye venduto per 2,4 milioni: un record d’asta per l’artista. Un dipinto di Zeng Fanzhi aggiudicato a 2,5 milioni di dollari, più che raddoppiato rispetto alla sua stima. La cosa più interessante per i collezionisti è che sei mesi prima, un quadro simile avrebbe potuto essere comprato per poco più della metà di quel prezzo. Quella stessa notte, un quadro abbastanza recente da Wang Guangyi, padre della pop art cinese, è stato scambiato per oltre 1 milione di dollari contro una stima da 500.000 a 600.000 dollari; non male per un dipinto che era stato venduto sul mercato primario per la metà di quel prezzo nel 2007.

E ‘ una scena che ho visto per anni. Ma nel mese di aprile, un dipinto di Zeng Fanzhi è stato aggiudicato a 2,5 milioni di dollari. Lo scorso anno, un lavoro simile avrebbe potuto essere preso da qualche persona coraggiosa per la metà. Così, durante un viaggio in Asia di questo mese, ho approfittato della mia lontananza da casa per dare un’occhiata a una scena che avevo certamente respinto per anni.

Pechino era incredibile. Molto è stato scritto già sul boom economico della Cina, dato che è di proporzioni storiche, alimentato da un abbraccio di puro machiavellismo capitalistico a livello nazionale. Un paese più grande e potenzialmente più ricco di tutta l’Europa con un’economia esplosa solo due decenni fa e la scena dell’arte contemporanea cinese risvegliata 10 anni più tardi.

Tuttavia, non tutto il mondo dell’arte contemporanea cinese mi risultava in qualche modo importante fino a quando ho avuto una lunga discussione con il gallerista veterano Arne Glimcher, in viaggio in Cina e nel bel mezzo dell’apertura di una mostra di Zhang Huan, nel suo magnifico Pace Beijing di oltre 20.000 metri quadrati. L’apertura era uno sballo. La scena: un insolito mix di espatriati europei ed americani, alcuni artisti lerci che bevevano lo champagne gratuito ed un certo numero di magnati cinesi affiancati da compagne imbellettate. Zhang stava mostrando una nuova serie di dipinti fatti con la cenere, immagini di tigri con la loro preda, realizzati con la cenere d’incenso bruciata, resto della preghiera buddista.

La tigre, nell’anno cinese della Tigre, è un simbolo classico del passato, che racconta anche la storia della Cina di oggi. Questo è il futuro, il posto più eccitante della terra, Arne Glimcher mi ha spiegato, e la più grande opportunità che abbia mai visto, se si ha pazienza. Si sentiva che il mercato dell’arte non c’era ancora, ma non ci poteva essere alcun dubbio che ci sarebbe stato presto.

Più tardi quella sera, sono stato invitato a visitare lo studio di un altro pittore, Zeng Fanzhi, che detiene il record per l’opera venduta all’asta più costosa per un artista vivente cinese. I 9,7 milioni di dollari pagati per uno dei suoi ritratti inquietanti di figure mascherate di bianco nello stile di Egon Schiele lo pone ai livelli pagati per nostri artisti quali John Currin e Peter Doig.

Ho realizzato che la scena artistica cinese è un mondo completamente nuovo, con regole diverse e norme diverse. Artisti come Zeng sono celebrità prestigiose, magnati rispettati. Lo studio di Zeng aveva un parcheggio con una BMW e una Bentley. All’interno c’erano diversi tipi ricchi che fumavano grossi sigari e ascoltavano musica poco impegnativa da uno stereo enorme. Anche se quei ricchi cinesi che visitavano lo studio mi dissero che non erano ancora collezionisti, furono unanimi nel dirmi che ci “stavano pensando”. Per ora, per loro, uscire ed andare allo studio di Zeng, prendere il té e giocare a poker, era una questione di status, non di arte.

I nuovi dipinti dell’artista erano belle scene di corpi che giacevano in letti di spine, al prezzo di più di 1 milione di dollari al pezzo, e non è chiaro (come è spesso in Asia) se fossero disponibili direttamente dallo studio o solo attraverso una galleria. I dipinti mi ricordavano quelli incredibili Marcel Duchamp, Etant Donnés…, e con l’assistente traduttore, ho chiesto Zeng se quello fosse effettivamente stato il riferimento. Quello che ho imparato è che i nostri concetti di originalità e di riproduzione non sembrano importare molto all’artista cinese. Zeng mi guardò, disse: “Ah, Doo-Shaahmm,” e si avvicinò per mostrarmi un Balthus che aveva acquisito l’anno scorso alla fiera d’arte di Basilea.

Il giorno dopo, sono volato a Shanghai con un nuovo amico generoso, un magnate immobiliare che possiede un’intera strada vicino al Bund, il bellissimo lungomare di Shanghai. I punti di vista sullo skyline di Shanghai dal Bund sono ultraterreni, grattacieli così alti che ricordano le scene fantascientifiche dei fumetti di Flash Gordon. Mentre Pechino ha avuto le Olimpiadi, questa primavera Shanghai ospita la Fiera Mondiale, o “Expo”. (Hillary Clinton è stata effettivamente in tour in giro per l’Expo, nello stesso momento in cui c’ero anch’io, per cui i padiglioni erano stracolmi e non si poteva entrare in nessuno di essi, ad eccezione di quello della Corea del Nord, che era praticamente vuoto. Il mio ospite cinese ha intenzione di rinnovare i suoi edifici Beaux-Arts adiacenti all’ Expo e creare sia spazi commerciali che residenziali. Ma la costruzione e il restauro erano stati bloccati dal governo fino a dopo l’Expo, cosicchè i negozi di lusso e gli appartamenti con vista sul fiume a 4.000 dollari al metro quadrato avrebbero dovuto aspettare.

Un edificio centrale sulla via del magnate era già stato trasformato nel Museo d’Arte Rockbund, con una mostra ideata e curata dalla superstar Cai Guo-Qiang (uno dei più quotati artisti cinesi e creatore dei fuochi d’artificio per le Olimpiadi di Pechino). Lo spettacolo era caratterizzato da una serie di aerei fatti a mano che pendevano dal soffitto, il tutto realizzato da contadini cinesi. In uno spazio separato vi era una nuvola di aquiloni cinesi svolazzanti nella brezza, con, proiettate sopra, le immagini della Cina rurale e di alcuni dei creatori dei velivoli.

Il tutto è stato molto difficile da comprendere per un newyorkese come me, fino a quando un nuovo scrittore per Artforum Cina ha riempito il sottotesto: Il novanta per cento dei cinesi vive al di fuori delle città e sono considerati “contadini”, ha spiegato, queste macchine volanti sono state fatte da loro, senza piani, senza formazione e senza bisogno di attrezzi o materiali. Alcuni di questi hanno effettivamente volato, ma uno di loro si era saltato in aria e aveva tragicamente ucciso il suo creatore. Il pezzo chiave dello show era un grande piatto motorizzato volante. In un video mostrato lì vicino, era mostrata la partenza, la sua rotazione turbinante che pompava un cilindro. Il contadino / inventore, quando gli venne chiesto come intendeva far atterrare l’aereo dopo che fosse riuscito a farlo volare, rispose “Non ci ho mai pensato.”

Il messaggio era questo: le macchine volanti erano una metafora per la Cina di oggi, che andava sempre più in alto ma senza mai fermarsi a pensare dove e come sarebbe atterrata. Una lettura più patriottica ed “Expo-friendly” direbbe che l’arte parla della indomabile creatività, del coraggio e della determinazione incrollabile dei cinesi, cosicché tutti possano trovare un filo logico nello spettacolo, che sia il funzionario del governo o il critico del governo stesso. Nel frattempo, il magnate immobiliare vince anche, dimostrando al governo che la sua azienda sta creando buoni contenuti per il turismo a Shanghai durante l’Expo.

In Cina, la nostra arte è estranea come lo sono anche i nostri artisti superstar. Quando i nuovi super-ricchi cinesi si orientano sempre più a comprare e collezionare opere d’arte, iniziano orgogliosamente a comprare dipinti classici dei propri artisti: il gruppo che scoppiò negli anni ’90, ora denominato “prima generazione”. Senza dubbio, ci saranno anche nuovi talenti che emergeranno. I prezzi recenti all’asta di Hong Kong indicano che il fenomeno dell’arte contemporanea cinese non è una bolla, come avevo pensato una volta, ma una parte della loro storia. La scena dell’arte cinese è qui per rimanerci. Loro lo sanno, anche se alcuni di noi ancora no.

Sergio Mauri
Autore Sergio Mauri Blogger e ideatore e-learning. Premio speciale al Concorso Claudia Ruggeri nel 2007; terzo posto al Premio Igor Slavich nel 2020. Ha pubblicato con Terra d’Ulivi nel 2007 e nel 2011, con Hammerle Editori nel 2013 e 2014 e con Historica Edizioni e Alcova Letteraria nel 2022.
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